Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

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“Non c’è un lieto fine nel rapporto fra una madre e un figlio adolescente, – ha detto Gi mentre girava lo zucchero nella tazzina. – Il lieto fine è la fine dell’adolescenza”
Valentina Diana
 

Un libro “Smamma” di Valentina Diana, autrice torinese. Un tema, quello dell’adolescenza. Non poteva che essere una doverosa la lettura. Perchè l’adolescenza è una guerra per tutta la famiglia,  dove in trincea ci sono tutti, le mamme, i figli, i padri, i fratelli.

Il piacevole libro in oggetto, si presenta come un diario, quella di una mamma separata, con convivente, magari non troppo maturo nei modi, e un figlio adolescente. Un ragazzo “tipico” se mai possa esistere. Con aspirazioni da Dj, musica come filo conduttore, poca voglia di studiare, Coca Cola e conflitto dalla prima colazione alla sera. Insomma, uno di quegli allegri adolescenti che “questa casa non è un albergo” che spingerà la mamma ad cercare strade buone per parlare con lui, che cercherà rimedi su come farsi perdonare ( e perdonarsi) se poi la famiglia perfetta non le è riuscito di costruirla, che cercherà, nell’incontro con altri genitori, di comprendere, analizzare, cambiare i suoi comportamenti per migliorare le cose. Una mamma che non si da per vinta, ma a volte lo vorrebbe tanto, come capita a molte madri, specie se si trovano sole a fronteggiare una adolescenza.

A cosa porterà la sua ricerca? Scoprirlo leggendo è un piacere. 

Ma di certo, quello che esce dal libro è l‘immagine di come la vita di un genitore segua trasformazioni e fasi, ognuna con l’amaro e il dolce del prendere e del lasciare. Vedere crescere un figlio è una esperienza forte, mette alla prova e affatica ma spesso la risposta è che bisogna solo mettercela tutta e aspettare che passi. Almeno così finisce per fare la protagonista di questa storia, che non ha pretese di trattati sull’adolescenza ma solo il bisogno di raccontare la sua esperienza.

Cosa colpisce di “Smamma”? Che di certe tragiche avventure, come quelle di avere un adolescente in casa, ci si può persino ridere. Che l’ironia può essere una capace arma contro l’incommensurabile fatica che richiede il tentare di comprendere e ascoltare le richieste dei figli in una fase che rivoluziona tutto, nascondendo le tenerezze dell’infanzia in un mare di stanze segrete in cui i figli si infilano, labirinti inestricabili dove loro cercano se stessi mentre i genitori spesso si perdono. Scrive l’autrice pensando al figlio:

“Il fatto è che io non so come fare con te, e ti vorrei ammazzare. Ti voglio bene. Sei mio figlio. Ma se dei marziani venissero a riprenderti e dicessero Tutto bene, è stato un esperimento, è uno di noi, per questo non vi capivate ce lo riprendiamo, non dico che sarei sollevata. Stapperei una bottiglia di champagne. Questo perché io ti odio. Io ti amo, a volte, non posso negarlo. Ma per la maggior parte del tempo, io ti odio”

Perchè a tutte le età può capitare di odioamare i propri figli. Accettarlo e sorriderne è molto spesso la miglior strategia. La fatica di essere genitore di queste creature che possono sembrare aliene, irraggiungibili, terribilmente diverse da quelle che si ricordava aver dato alla luce è uno degli aspetti salienti del libro proprio perchè riesce a sorriderne. Il senso di estraneità alla propria progenie spesso confonde e spaventa i genitori, che possono diventare, in maniera spesso controproducente, invadenti ricercatori del figlio/bambino perduto. Eppure l’adolescenza, scriveva A. Bierce nel suo “Dizionario del diavolo” altro non è che cercare proprio di guarire dalla propria infanzia. Per i ragazzi prendere le distanza da quello che erano, per poi riprendervi contatto, almeno con delle parti, è necessario. E’ una trasformazione che i ragazzi devono riuscire a fare a modo loro, forzarli non è che un modo per rendere i tempi ancor più dilatati.

La ricetta all’adolescenza dei propri ragazzi, non c’è. Spesso è questione di dosi giuste, di tolleranza, limiti, ascolto e libertà ben dosata, che non abbandoni ma neppure blocchi al muro. Esserci eppure saper guardare anche dall’altra parte, prendere nota eppure usare gli appunti solo nel momento giusto, trasformare la guerra adolescenziale in un possibile gioco comune, dove ci si calibra uno con l’altro, dove si impari a negoziare con il proprio figlio mentre si aspetta la fine di questo periodo, sempre più indefinito nella durata, rasserenati che comunque sia, una fine ci sarà. Perchè anche se i ragazzi dicono S-Mamma, questo non vuol dire che non ci tengano e non notino il comportamento dei propri genitori. Anzi,il bisogno di genitore esiste ed è presente, solo va calibrato, l’adulto deve scoprire come cambiare nel modo di porsi con il suo non-più bambino, accettando che il tempo delle filastrocche è finito. Il che vuol dire anche accettare che una propria fase del ciclo di vita sia terminata, anche una propria parte da genitore che accudisce sia andata. Non è facile, ma raramente la vita si presenta come tale. Il libro della Diana però suggerisce una possibile arma contro il terrore, l’umorismo e l’ironia e sono sempre buone da tenere da parte, armi come queste.

L’adolescente inscena tragedie alla ricerca del suo senso sacro, ha bisogno di essere diverso eppure uguale a tutti gli altri, di essere autonomo eppure allo stesso si trova spaventato dalla libertà, il genitore è qualcosa con cui doversi scontrare, anche in piccole cose, almeno in piccole cose. Tutto allora diventa motivo di discussione, perchè si stanno costruendo i propri ideali, mischiando quelli familiari ( che pure resteranno in qualche modo, anche se spesso nascosti e non voluti) con quelli scoperti durante le personali ricerche e quelle del gruppo dei pari, dei propri “simili”. Mentre questo processo di costruzione, che dura anni e per anni fa disperare i genitori, va avanti, ogni spazio può diventare un ring, la tavola, la macchina, le cene, la scuola. E i genitori devono scoprire come affrontarlo, non solo il processo di adolescenza in atto nel figlio ma anche il risveglio di quanto questo significhi nella propria storia. Si può cominciare in qualunque modo. Anche leggendo un buon libro. E come scriveva Charles Dickens “Esiste dopotutto un modo migliore per affrontare la vita che non sia con amore e senso dell’umorismo?”

Pollicino:  La Famiglia Adolescente

L’Orco : La paura di non trovare più il proprio bambino nell’uomo che sta diventando

L’arma segreta : Tolleranza, pazienza, ascolto e tanto sense of humour