Autore: Dott.ssa Sara De Mariaù

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In questi giorni, una coppia composta da madre e figlio, sta terminando un corso di Training Autogeno . Hanno scelto l’opzione 1+1 perché la modalità di gruppo non era per loro possibile a causa degli orari ed entrambi desideravano apprendere il metodo.

La mamma è una signora in pensione con qualche problema di pressione alta e difficoltà nel ciclo sonno-veglia. Il figlio (poco più di quarant’anni) svolge un lavoro con turni molto impegnativo e denso di responsabilità, spesso lo stress lavorativo lo accompagna a casa ed ha pensato che il Training Autogeno potesse aiutarlo a staccare e rigenerarsi.

Il mio compito, come operatrice di Training Autogeno, è quello di insegnare il metodo e rendere indipendenti i praticanti, così che possano utilizzarlo ovunque ed in qualsiasi momento.
Insegno il Training Autogeno da diversi anni ormai e ho incontrato davvero tante persone che hanno voluto impararlo. Anche se questo è un metodo standardizzato, con dei passaggi specifici sempre uguali, resto ogni volta meravigliata dalla specificità nell’apprendimento di ogni allievo. Ognuno fa un percorso diverso, ognuno sviluppa competenze nuove in modalità assolutamente proprie.

Questo a cui faccio riferimento è un caso un cui la differenza dei percorsi è particolarmente evidente.
La mamma, è venuta con l’obiettivo di tenere maggiormente a bada la pressione e avere un sonno più riposante. Il figlio per “ripulirsi” dallo stress del lavoro.

Bene, oggi li ho visti per il penultimo incontro. La madre racconta di avere migliorato la qualità del sonno e avere dei benefici sulla pressione arteriosa, il figlio si è trovato invece a modificare alcuni atteggiamenti sul posto di lavoro che lo portavano a non sentirsi libero di non accollarsi le responsabilità degli altri.

Come è possibile che due persone che hanno avuto le stesse indicazioni per apprendere un metodo di auto-rilassamento e hanno praticato allo stesso modo hanno avuto percorsi così diversi?

Semplicemente perchè il Training Autogeno, se praticato con costanza, ripristina gli equilibri naturali fisiologici e allo stesso tempo induce a portare attenzione alle funzioni fondamentali per la sopravvivenza come il respiro, il battito cardiaco e la zona addominale. Lavorando su queste aree si lavora a due livelli, uno concreto e l’altro simbolico. Ogni praticante si troverà spontaneamente a seguire la direzione del riequilibrio. Quando lavoriamo sul respiro e sul cuore stiamo portando attenzione alla relazione che abbiamo con il mondo esterno e alle cose essenziali per noi nella vita. Quando lavoriamo sulla zona del metabolismo, portiamo attenzione a ciò che è in nostro potere agire per migliorare la nostra situazione.

Ecco perchè questi due corsisti hanno fatto due percorsi uguali e diversi allo stesso tempo.