Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

vedi Blog dell’Autore

 

You don’t have to try so hard
You don’t have to give it all away
You just have to get up, get up, get up, get up
You don’t have to change a single thing
Colbie Caillat “Try” 

La bellezza. Se ne parla molto. Sempre, ma soprattutto d’estate, quando il mare, le foto delle modelle in costume e le vacanze si fanno argomento privilegiato. Spesso però parlare di bellezza diventa quasi una violenza,  specie se la si fa entrare a forza in categorie sterili, che non appartengono tanto al concetto di bellezza se non alla deformazione culturale di cui diventa vittima insieme a tutte le persone, donne e uomini, che vi incappano. Perché una cosa è la bellezza, una cosa è l’idea di omologazione che questa diventa quando viene manipolata da economia, aziende, pensiero di massa. Allora il desiderio di bellezza, che non è più solo soggettivo e intimo, viene condotto per mano e indirizzato verso specifichi canoni uguali per tutti,  diventando una schiacciasassi che rende tutto simile, elimina le differenze, trasforma tutto in “uguale a..” e non accetta il“diverso da..” lo trova minaccioso. Purtroppo viviamo in un mondo che non può evitare di avvicinare la psicologia e la vita quotidiana all’economia. E la bellezza vende molto. Una vera e propria industria della bellezza che ci lusinga ogni giorno con i suoi prodotti favolosi per diventare altro da noi, in linea con quanto crediamo e ci fanno credere sia “bello” sul serio o, peggio, sia la sola bellezza.

Moltissime donne scelgono un modello e cercano di diventare “come”, alcune investono tutti i loro risparmi in questo, per essere come Barbie o come la donna dello spot, l’attrice, la superbellona del momento. Non i piccoli cambiamenti che possono sostenere alcuni immagini più fragili di altre, ma vere e proprie invenzioni, creazioni di altre immagini di sè, con nuove labbra, seni, zigomi. Così che alla fine ci si identifica con qualcuno che non ci assomiglia per niente e, dentro quell’immagine sfalsata, ci si nasconde.

Certo, essere belli è qualcosa che può facilitare alcuni passaggi della vita,non neghiamolo, pensiamo all’Effetto Prima Impressione. Nei primi secondi di una interazione si costruisce molto della relazione stessa e la bellezza può dare il suocontributo nel come si risulterà al primo sguardo. Ricordiamoci però che la sola immagine non esiste, perché sarà condita anche da comportamenti, dal non verbale, dai movimenti e dai toni della voce. La bellezza da sola non porta la felicità come diretta conseguenza, non basta a sanare un malessere, un disagio esistenziale, una patologia. Può sedare piccole insicurezze, ma è un’altra cosa.

Una buona autostima e fiducia in sé stessi rende più facile star bene anche con qualche imperfezione che una bellezza portata con sofferenza. Non è detto che la bellezza, quella superficiale, quella magari costruita, sia un requisito che da solo permette relazioni soddisfacenti, lavori favolosi, una vita equilibrata. Così come non si può affermare che la bellezza sia “cattiva”. E’ sempre l’esagerazione che porta a farsi del male. La cura della propria immagine è qualcosa da portare avanti, a cui dedicarsi.Piacersi è fondamentale, mostrarsi  senza sminuirsi, senza paura, permette di stare al mondo con padronanza, fiduciosi. Se questo può essere aiutato con piccoli accorgimenti e un poco di trucco, non è una follia. E’ quando la cura diventa culto che possiamo scivolare verso un terreno non sano, infelice e pieno di insidie per il nostro equilibrio psicologico.

Eppure, accade sovente che prima si fabbricano modelli poi si vende il sogno che la vita sarà degna di essere vissuta se ci si saprà avvicinare a quel modello, pensato, ideato, ragionato spesso in una stanza di una qualche agenzia. Dal colore dei capelli, alle unghie, al numero di chili che si deve pesare fino al tipo di ombretto da usare, pensiamo di scegliere noi ma stiamo solo seguendo un modello. E troppo spesso, il modello non è il meglio di noi, ma quello che è stato deciso altrove, in un luogo e da persone che non non conoscono la storia del singolo individuo, ne devono farlo, non sono tenuti, se non eticamente, ad avere a cuore la salute ed il benessere di tanti. Il mercato non è attento a chi soffre, ma solo a chi compra, fosse anche solo un’idea che si può col tempo trasformare in ritorno economico. E mentre la bellezza diventa business, molti si sacrificano per inseguire il corpo perfetto e si dimenticano. Si dimenticano di come e cosa sono, nascondendosi al mondo dietro barriere di silicone, cerone, diete e pennelli per il trucco.

Non dobbiamo demonizzare il trucco, il voler essere/sentirsi belli. Come quando si guardano le cartoline dei posti paradisiaci. Sono luoghi certamente fantastici, ma alla fine, ci piace anche la polvere che si accumula sui nostri comodini, la confusione che regna a volte nelle nostre cucine, le urla per far raccogliere i calzini sporchi ai bambini, il miracolo di un pomodoro cresciuto sul terrazzo di casa. Abbiamo tutti bisogno del fantastico, del sogno ma possiamo goderne solo se sappiamo riconoscere anche il bello che già viviamo nelle nostre normali, speciali, vite quotidiane.

Una canzone sta facendo commuovere in questi giorni estivi, quella di Colbie Caillatdal titolo “Try” e dal testo semplice ma riposante per molte donne che passano le giornate a odiare l’immagine riflessa dal loro specchio. “Non ci devi provare così tanto…non devi cambiare una singola cosa…” dice tra le altre cose il testo della canzone e nel video relativo, donne prima molto truccate e costruite, mostrano sempre di più i loro visi imperfetti, chili di troppo, parrucche, anni, rughe, i segni della loro storia sul volto. “Mi piaci” conclude la canzone, invitando a piacersi, a non lasciarsi schiacciare dal fard e dal trucco, da una idea di bellezza che soffoca la propria identità e rende fragili, mentre, essere belli è scoprirsi belli in quello che si è. Non è la sola mossa che in questo periodo sta cercando di promuovere una donna al di là delle copertine, basta guardare le foto di Robin Rice contro la bellezza stereotipata e il lavoro portato avanti dal sito Stop The Beauty Madness, con cui la fotografa ha collaborato, a favore di una sana/reale immagine della bellezza.

Video Canzone "Try" Colbie Caillat

Le donne troppo spesso sono sole con la loro immagine. Sole davanti ad uno specchio che gli rivela altro e non solo il loro corpo. Gli rivela la poca fiducia in se stesse, il senso di non essere ” a posto”, di non essere abbastanza. Ma, se ci si guarda nel modo giusto, lo specchio non è solo quello che ci ricorda che non avremo mai il corpo adatto a quel bikini perfetto, è anche quello che lo facciamo diventare, un alleato per valorizzare quello che ci piace di noi, per sorridere degli inestetismi della cellulite, per trovarci attraenti ai nostri occhi, i primi che dobbiamo sedurre ancor prima di uscire di casa. Giocare con la propria immagine è una buona partenza. In questi giorni di bikini e foto rubate al mare, viene in mente, per esempio, anche la moda del Fatkini, il costume da bagno pensato e creato appositamente per le donne dalle taglie forti, portato in auge lo scorso anno dalla blogger Gabi Gregg e di cui ancora si parla.

Accettarsi è l’inizio perché la stessa idea di bellezza possa farsi accogliente a tutte le sfumature di questa complessa e ambivalente parola. Se in alcuni casi si sta cercando di andare oltre i canoni imperanti, pensiamo alla nuova morbida modella del Calendario Pirelli, Candice Huffine, che è bella e non magra, o alla campagna che vuole sdoganare il bikini anche alle donne dal fisico non perfetto, il vero cambiamento è individuale, la vera battaglia è nelle case di tutti, non solo donne, la vittoria è sorridersi allo specchio anche in assenza di un fisico scolpito e perfetto. Un’arte che si impara, a volte dura, che parla di autoefficacia, autostima, determinazione e sapersi valorizzare e che in estate è spesso più complicata da applicare. Ma più difficile non vuol dire impossibile. Iniziamo dal primo passo e godiamoci il mare estivo.

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