Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

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Nel tardo inverno dei miei sedici anni mia madre ha deciso che ero depressa, presumibilmente perché non uscivo molto di casa, passavo un sacco di tempo a letto, rileggevo infinite volte lo stesso libro, mangiavo molto poco e dedicavo molto del mio tempo libero a pensare alla morte.
Tra gli opuscoli che parlano di tumori o nei siti dedicati, tra gli effetti collaterali del cancro c’è sempre la depressione. In realtà la depressione non è un effetto collaterale del cancro. La depressione è un effetto collaterale del morire.
Incipit del film “Colpa delle Stelle”
 

Poster Copa delle StelleOgni decennio ha il suo film destinato a diventare un cult sul tema dell’amore e della tenerezza. Se poi si parla di amori giovani, adolescenti, la possibilità di avere successo si fa più forte, perchè è quella l’età in cui si guarda con bisogno ai sentimenti, l’età in cui si è più facilmente capaci, di riconoscersi, sentire empatia e sognare LA storia d’amore. Ma tra questi ci sono film che permettono anche di riflettere, che toccano corde fragili e che danno spazio a voci emotive, capaci di chiamare all’appello non solo i ragazzi ma anche gli adulti. Un film come“Colpa delle Stelle” (The Fault in Our Stars) del regista Josh Boone, tratto da un romanzo di successo di John Green (2012) permette di guardare oltre la sola storia d’amore, permette di credere nella speranza di vivere con emozioni positive anche momenti terribili come la malattia e il dolore di sapere vicina la morte, non solo la propria ma, soprattutto, quella di chi abbiamo a cuore, figli, amici, persone care.

I giovani attori ( Shailen Woodley e Ansel Elgort) sono molto bravi nel mettere in scena la crescita di un sentimento e la spavalderia dell’innamoramento adolescenziale, reso prematuramente maturo ma allo stesso tempo sfacciatamente tenace, dalla consapevolezza del limite, del tempo che finisce in fretta, della malattia. Per molti adulti, amare sapendo vicina la fine, è quasi impossibile, spesso si diventa complici della malattia nel togliersi la possibilità non solo di vivere ma di gioire, di provare emozioni, di sentirsi amati finché è possibile. La malattia, l’idea della morte per i giovani protagonisti è quotidiana, eppure riescono a darsi spazio, a lenire il loro male nelle loro carezze, nelle loro esperienze da ragazzi.

I due ragazzi vivono sapendo di poter morire da un momento all’altro, lei, Hazel Grace Lancaster è sopravvissuta ad un cancro ai polmoni, lui, Augustus Waters, “Gus” per gli amici, ha perso una gamba per il cancro, si incontrano, si innamorano (lui in maniera immediata, lei con spaventata consapevolezza, in maniera lenta), condividono la passione per un libro “Un’Afflizione Imperiale” di un autore olandese, Peter Van Houten (Willem Dafoe) che scopriranno amareggiato anche lui per una perdita ma in maniera violenta e crudele. La Fondazione Dei Geni (un’organizzazione di beneficenza che esaudisce i desideri delle persone malate terminali non presente da noi) gli offre la possibilità di conoscere il loro idolo, volando ad Amsterdam e sarà per loro un viaggio fondamentale, quello dello svelamento dei sentimenti ma anche del coraggio di viverli.

Alla storia di amore si unisce il dramma dei genitori, le loro paure, le loro storie, ma anche il valore della condivisione, degli amici, di giocare anche con parole forti e dolorose, come cancro, morte, funerale. Un film che commuove, ma allo stesso tempo, regala speranza, in un sentimento che scalda anche quando si fa terribile e struggente. 

E’ un momento dove la malattia, la morte, lo star male sembrano attirare molto l’attenzione, specie per veicolare un messaggio su una diversa maniera di avvicinarci alla morte. Uno su tutti? Il romanzo del 2008 “Braccialetti Rossi” di Albert Espinosa,da cui si stanno traendo diversi Teen Drama, serie TV con protagonisti adolescenti, in diversi paesi (come Spagna e Italia ma anche Stati Uniti). Si tratta di una lettura piena di lezioni da imparare, ben 23 nel suo romanzo. La maestra è proprio la malattia, il cancro, che dopo aver distrutto e ferito insegna anche a guardare diversamente, a fare scoperte, a far crescere amore per la vita anche sapendosi in lotta per questa. Il suo autore, prima operazione a 16 anni, oggi sta bene, dopo una lunga vita con la malattia affianco,  e il suo entusiasmo, che si cerca di ricreare nelle serie Tv, vuole essere un messaggio di energia e vitalità consapevole.

Siamo tutti molto presi a fare “come se” la morte, il male non ci fossero e quando dovesse arrivare, il dolore si fa insopportabile. Libri e romanzi, per altro con protagonisti giovanissimi, ci vogliono raccontare altro. Un inno alla vita che non evita di strizzare l’occhio alla morte, non solo nemica e fine, ma compagna attraverso cui leggere la propria esistenza e scoprirla fantastica.

Pollicino:  Moltissimi giovani malati, alle prese con le paure e le insicurezze del loro star male mixate alla fragilità della loro età

L’Orco : La morte

L’arma segreta : Il coraggio di sperimentare emozioni positive il più a lungo possibile, accettando il bello che si vive nonostante il male che si prova