Debrieifing: Strumento di Supporto e Formazione

Autore: Dott.ssa Simona Saggiomo

 

Al rientro da una missione o in seguito ad un evento emotivamente forte, gli psicologi consigliano di incontrare un professionista per elaborare l’esperienza e trasformarla in apprendimento.

Lo strumento utilizzato in queste circostanze è il debriefing , tecnica di colloquio diviso in fasi, utile ad esplorare sia aspetti cognitivi, che emotivi legati ad un vissuto stressante. Questo strumento risulta particolarmente utile se preceduto da una fase di briefing, momento di preparazione all’incarico, in modo da valutare la restituzione al rientro.

Il debriefing è nato come studio e valutazione della presenza o meno del PTSD ( disturbo post traumatico da stress), ma può essere utilizzato in molteplici circostanze, vissute sia in gruppo che singolarmente. In merito esistono pro e contro del tipo di colloquio, in ogni caso è importante scegliere se attuare o l’uno o l’altro in base allo scopo dell’indagine.

Sicuramente il colloquio di gruppo offre la possibilità allo psicologo di vedere quali sono le dinamiche in vivo  che magari hanno determinato problematiche o esperienze importanti, mentre nel colloquio individuale è possibile scavare un po’ di più intimamente in ciò che porta la persona.

Esistono diverse modalità di conduzione , ma quella di Mitchell ( Giannantonio, 2005) è più consolidata e conosciuta soprattutto all’interno della psicologia dell’emergenza.

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Dott.ssa Anna Luana Tallarita

Artista, Antropologa, Ricercatrice Phd Quaternary Materias e Cultura, Industrial Design, Musicista Jazz e Pittrice. Figura poliedrica, del panorama Italiano e Internazionale.

Un carriera fatta di titoli universitari, tra Siena, Roma, Venezia, Genova, Parma e Milano, Laurea, Conservatorio, Specializzazioni e Master dal 2004 anno del conseguimento della prima laurea in Lettere e Filosofia, al 2013. Master in Filosofia Cognitiva alla UNICAL conseguito con il massimo dei voti, e una specializzazione in Interior Design a Parigi. L’arte si unisce all’attività di formazione continua, alla ricerca e al viaggio, per la conoscenza sul campo, di culture differenti, stili di vita e modalità di concepimento dell’arte. Una personalità intellettuale quella della Tallarita, particolare, aperta a tuttotondo.

Per l’idea che le arti sorelle si muovano sempre insieme, non separando le suggestioni che da una giungono verso l’altra in una danza di sperimentazioni, scoperte e creazioni. I suoi testi, gli scritti, le pubblicazioni, varie, in riviste specializzate e scientifiche, le sue creazioni artistiche, sono un richiamo a questo percorso di ricerca antropologico e artistico.

Una carriera iniziata come jazz singer e la pubblicazione di tre dischi, che l’ha portata a esibirsi in America Latina e in molti paesi d’Europa Con eccellenti Jazz Man dal 2005 ad oggi.  Come attrice è stata presente in alcuni intensi cammei  per il cinema. Le sue pitture ed installazioni sono state esposte a Madrid, Berlino, Bruxelles, Parigi, Lisbona, Roma e numerose città italiane. A questo è seguita,affiancandosi all’attività artista in corso, la docenza di Antropologia dell’Ambiente, con un programma sviluppato attorno alle tematiche della percezione dello spazio vissuto e degli oggetti d’uso. Il quadro della sua attività didattica si completa con il lavoro svolto per le scuole medie e superiori con i progetti sul teatro, il musical, la scrittura creativa per cinema, nell’ambito della classe di lettere tra il 2007 e il 2012.

L’attività di Designer, per la ricerca e la progettazione, la conducono dal Portogallo dove è ricercatrice Phd per la UTAD-IPT, a Florianopolis  in Brasile, per proseguire gli studi di ricerca di design ed ergonomia e collaborare con la università di Santa Caterina UFSC e come industrial designer un’azienda di produzione nel settore ricerca e sviluppo. La ricerca verterà su materia di tesi di Dottorato e di Master per lo IADE Università del talento di Lisbona, le cui tematiche,  vertono sul potere dell’oggetto, simbologia ermeneutica e filosofia si incontrano con la storia l’architettura e il design.

Ha pubblicato un testo dal titolo ‘Vuoto da Vivere’ in corso di stampa nuova con Ed. Altravista,tradotto anche in portoghese e adottato dalla università dove dà docenza della materia. Scrive come giornalista FIJET per giornali e  riviste per il turismo.

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Viaggiare ci Apre al Mondo e a Noi Stessi

Autore: Dott.ssa Maria Frandina

 

Il viaggio non soltanto allarga la mente: le dà forma.

Bruce Chatwin, Anatomia dell’irrequietezza, 1997

 

A chi mi domanda ragione dei miei viaggi, solitamente rispondo che so bene quel che fuggo, ma non quello che cerco. Michel de Montaigne, Saggi, 1580/95

Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi. Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto, 1913/27

 

L’atto del viaggiare è da sempre stato legato allo scoprire: nuove terre, antichi tesori, popoli sconosciuti, modi diversi di esprimersi, mangiare, abbigliarsi, affrontare la vita, la morte. L’uomo ha sempre sentito  il bisogno, irrefrenabile, di partire? Che cosa li spinge ad abbandonare le abitudini e le sicurezze della propria casa, per andare alla scoperta del mondo? “I cieli girano attorno di continuo, il sole sorge e tramonta, stelle e pianeti mantengono costanti i loro moti, l’aria è in perpetua agitata dai venti, le acque crescono e calano… per insegnarci che dovremmo essere sempre in movimento.” (Robert Burton, 1951). Inevitabilmente il viaggio ci porta ad affrontare i vissuti legati alla separazione dal proprio nido, dal posto sicuro per andare verso qualcosa che non conosciamo ancora, per porci poi di fronte alla scelta del ritorno, che necessariamente impone nuove separazioni e l’integrazione col nuovo. Non possiamo mai ritornare come eravamo e, se questo è vero nella quotidianità, diventa inevitabile quando ritorniamo da un viaggio. Il viaggio ci apre all’insolito, al cambiamento, all’inatteso. Certo, questo vuol dire lasciare la condizione rassicurante del solito, dell’appartenenza che spesso ci fornisce un senso di identità, dell’atteso che con il suo ripetersi quotidiano, con la sua tendenza ad essere mono-tono scandisce un ritmo consolatorio che spesso con-fondiamo con il senso della vita.

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Dal libro “Donne che corrono coi lupi” – Applicazioni Cliniche nella Psicologia del Femminile.

Autore: Dott.ssa Laura Messina

 

“..Ci siamo lasciate crescere i capelli e li abbiamo usati per nascondere i sentimenti”.

Clarissa Pinkola Estés

Introduzione

“Donne che corrono coi lupi” è un libro sulle donne e per le donne, una finestra sul loro mondo complesso, sensibile, curioso, coraggioso. Attraverso la narrazione di Clarissa Pinkola Estés, autrice del libro e analista Junghiana, le donne moderne, prigioniere di una quotidianità che non lascia spazio e tempo per se stesse, “costrette a essere tutto per tutti”, devono riappropriarsi, della “Donna selvaggia” intesa come una forza psichica che trae origine dagli istinti e dalla creatività, insite nella natura femminile. La paura, l’insicurezza e gli stereotipi, costruiti intorno alla figura femminile, hanno offuscato e soffocato la vera natura della donna e di conseguenza il suo benessere mentale plasmando la sua personalità in una personalità “povera, sottile, pallida, spettrale”. Attraverso le fiabe e i miti, l’autrice del libro ci conduce in territori inesplorati o dimenticati, ci mette in contatto con la Donna selvaggia, ci aiuta a comprendere che ciò che spesso temiamo è ciò che più ci somiglia ed è ciò che ci aiuterà a rinascere. La figura del lupo, tanto temuta, attraverso questo libro, risulterà una figura vicina al mondo della donna sana: “robusta, piena di energia, di grande forza vitale, capace di dare la vita, pronta a difendere il territorio, inventiva, leale, errante”.

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Tre Pregiudizi Verso La Psicoanalisi

Autore: Dott. Sandro Marano

 

Chi pratica oggi la terapia psicoanalitica è esposto ad almeno tre pregiudizi: che la psicoanalisi serva a poco o a niente, che sia inferiore ad altre psicoterapie, che sia una pseudoscienza.

   Il primo è piuttosto diffuso tra il pubblico in genere, e soprattutto all’interno della classe medica, che dovrebbe invece rappresentare una importante fonte di invio. E va di pari passo con la convinzione che la terapia psicofarmacologica sia l’unica vera terapia efficace, l’unica valida alternativa al non fare niente. In realtà è ormai ampiamente dimostrato che la psicoterapia funziona molto più di quanto si creda, e soprattutto più del non fare niente. Piuttosto, sull’utilità della terapia psicofarmacologica andrebbero fatte le necessarie distinzioni. L’importanza dei farmaci antipsicotici è fuori discussione, così come l’utilità dei farmaci ansiolitici, soprattutto nella medicina d’urgenza (crisi psicomotorie, attacchi di panico, manifestazioni somatiche acute); la questione verte tutta sull’efficacia dei farmaci antidepressivi. Esistono diversi studi, a favore e contro l’efficacia degli antidepressivi, ma i medici conoscono solo quelli a favore: e questa non è medicina basata sulle prove (Evidence Based Medicine). Grazie ad una informazione continua da parte dell’industria farmaceutica, il medico di MG è portato a dare importanza agli psicofarmaci, soprattutto antidepressivi; d’altro canto, mancando una informazione sintetica e chiara sui fondamenti, sulla prassi e sulle evidenze della psicoterapia, tende a considerare questa disciplina un semplice supporto opzionale alla terapia farmacologica.

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