Autore: Dott.ssa Marzia Cikada
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Gli uomini non riescono a dire “Mi sono sbagliato”, loro mandano i fiori.
Charlotte, “Sex and the City”
Cosa costruisce relazioni se non le emozioni e la possibilità di condividerle, sentirle con qualcuno, permettere che gli altri si avvicinino attraverso le emozioni stesse? Ecco. Le emozioni sono alla base dei nostri scambi, delle nostre relazioni, del nostro sentire. E, le emozioni, hanno quindi un impatto fortissimo sulla qualità della nostra vita, nel bene e nel male. A partire dalla qualità della relazione, nel definirne i compiti, anche nel decifrarne le debolezze, le emozioni sono fondamentali. Ma cosa succede quando si creano relazioni dove le emozioni sono interdette, appena accennate, difficili da dire o peggio, taciute perchè difficili da riconoscere e manifestare?
Molti uomini, e certamente qualche donna, lo vivono in tutta la loro vita. Cambiano i decenni, certo, non tutti gli uomini, ma ancora moltissimi, con le aggravanti e le complicazioni del caso, non riescono a condividere quello che provano, faticano a trovare un nome al malessere o benessere che sentono. Si tratta di uomini che vengono cresciuti all’ombra di valori e idee che non sono più coerenti con i tempi che viviamo, uomini a cui si insegna sin da piccoli a programmarsi da maschi, un programma che spinge su parole come indipendenza, forza, autonomia, durezza, rifuggendo l’intimità.
Che succede? Che si finisce con il finire prigionieri di un ruolo costruito e incapace di far sentire, che non rende possibile differenziare e capire le proprie emozioni con le conseguenti sofferenze, molte somatizzazioni e ridotto benessere soggettivo. Un articolo su Psychology Today del Professor Gregg Henriques, “Why Is It So Hard for Some Men to Share Their Feelings” (trad. Perchè è così difficile per alcuni uomini condividere le loro emozioni”) riporta chiaramente questo tema, raccontandolo anche attraverso la sua esperienza clinica. Quando siamo di fronte a questo tipo di difficoltà, è facile che ci si trovi presto bloccati anche nelle relazioni più importanti, come quella di coppia. Se all’inizio di una relazione si riesce a fare voce ad un linguaggio più emotivo, poi, in parte anche per la naturale evoluzione del legame e il bisogno della partner di attenzioni diverse, la cura per la relazione viene come dimenticata.
Non è finito il sentimento, ma molto spesso, non si sente di dovervi rispondere, la freddezza inizia a caratterizzare le relazioni, una profonda mancanza di empatia su due fronti. Da una parte ci troviamo di fronte a uomini che non sanno rispondere ai bisogni della compagna ma, dall’altra, non riescono a definire neppure loro stessi, non riconoscono le loro stesse emozioni rispetto all’altro. Per esempio, non riescono a capire alcune possibili mancanze o trascuratezze che subiscono dalla compagna e che li fa sentire male, non accettati, non desiderati, non riconosciuti, incerti e vulnerabili. Non riconoscendo il “come si sentono” sono privi della possibilità di comunicarlo e di mettere l’altro in condizione di trovare una diversa risposta, di comprendere le emozioni di chi ha a fianco. Il risultato è che, da fuori, sembrano “poco interessati” sebbene dentro le emozioni premono anche fortemente, solo inascoltate. Un po’ come essere immersi un una sala piena di musica ma con dei potenti tappi nelle orecchie. Non è che la musica non ci sia, non si è in grado di sentirla.
In riferimento a questo, sono molti gli studi fatti da Ron Levant , in passato Presidente dell’ American Psychological Association, autore di “Psychology of Men and Masculinity.” e Professore di Psicologia all’Università di Akron. Avendo come campione gli uomini nord americani, questo autore ritiene che le condizioni culturalidi questa parte del mondo, abbiano portato gli uomini a reprimere sentimenti di vulnerabilità e di cura delle emozioni, facendo in modo che non si sviluppasse come avrebbe dovuto la loro capacità di esprimere emozioni. Una condizione chiamata“alessitemia maschile normativa”.
Cioè? Di cosa stiamo parlando? Della difficoltà ad esprimere emozioni, riconoscerle, si tratta di uomini che vivono isolati da se stessi e dagli altri paura dell’intimità. Questa condizione è portatrice di stress, causa di dipendenze, favorisce modalità compulsive ed è, per Levant, dovuta in buona parte alla cultura patriarcale che ha bisogno della conquista della mascolinità attraverso determinati riti. Una conquista che se non è netta provoca vergogna, mettendo in atto anche “finte” azioni per stare e sentirsi potenti, nascondendo in realtà un trauma non riconosciuto come tale proprio perchè non si accetta di essere diversi dal modello fatto proprio, il maschio che “non deve chiedere mai”.
Come possiamo pensare, si tratta di uomini che vanno accolti nella loro fragilità nascosta, accompagnati ad una migliore capacità di sentire le emozioni, migliorandone, a piccoli passi, le abilità emotive. Superare l’esteriorità di uomini freddi, logici, portatori di soluzioni, aggressivi e vincenti per arricchirli di emozioni nuove che permettano di chiamare per nome altri sentimenti, senza imbarazzo, è possibile ma con molta delicatezza.
I sentimenti che non sono permessi, infatti, rischiano altrimenti di entrare pesantemente in conflitto con l’identità che si vuole mantenere, una facciata che non permette di sentirsi vulnerabili, dipendenti, fragili. Chiaramente, la mancanza di comunicazione, l’impossibilità a tradurre in parole quello che si sente, fa sì che la relazione diventi presto fragile, l’armonia si perde e il non sentirsi ascoltati, protetti, amati, da una parte sottolinea l‘incapacità di espressione emotiva, sviluppando anche aspetti depressivi, dall’altra, come in un circolo vizioso, non fanno che aumentare la freddezza e la chiusura verso l’esterno.
E’ difficile che questi uomini arrivino da soli in terapia, perchè chiedere aiuto non fa parte del loro codice, specie se si tratta di un aiuto psicologico e non fisico. Seppure i segnali del malessere sono diversi, solitamente ci sono problemi del sonno, ci si sente più affaticati, ci si irrita facilmente, si esprime rabbia, poco interesse per il lavoro ma anche per il proprio tempo personale, è molto più facile che siano le compagne di questi uomini a chiamare e a cercare di rompere la loro corazza. E’ spesso nelle terapie di coppia che si incontrano questi uomini dalle emozioni nascoste ed è nella stanza di terapia che spesso trovano la possibilità di andare oltre, di iniziare a sentire la sinfonica delle loro emozioni, chiamandole per nome e accettandole come amiche e non solo nemiche.
Certamente, viene voglia di chiedere aiuto per i bambini che saranno gli uomini di domani, affinché possano crescere senza il peso di un “devo essere un maschio forte” che potrebbe condizionare tutta la loro vita e di chi vorrà stargli vicino. Partendo dai giochi che si insegnano da piccoli per passare al modo in cui si parla di emozioni e li si allena al domani.
L’arma segreta : Allenarsi lentamente a cosa si prova, a dare un nome ai sentimenti, a non provare vergogna della vulnerabilità
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