Ci siamo Lasciati, ma non è una cosa seria! La fatica di CHIUDERE una storia e la Psicologia

Ci siamo Lasciati, ma non è una cosa seria! La fatica di CHIUDERE una storia e la Psicologia

Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

vedi Blog dell’Autore

 

L’inizio dell’amore è spesso simultaneo.

Non così la fine: da ciò nascono le tragedie.

Alessandro Morandotti

Lasciarsi. E poi? Sono molte le storie che non vogliono finire, che non si arrendono alla parola fine. Ma se concludere una storia d’amore è doloroso per tutti, in molti casi è necessario.Eppure, accettare che le aspettative, i sogni, i progetti fatti insieme possano svanire diventa per molti semplicemente una operazione impossibile da fare. Sono molte le persone che trovandosi senza il partner, davanti alla chiarezza di un “E’ finita!” non riescono ad entrare nel processo di elaborazione del lutto che la rottura di una storia porta con sé. Non si riesce a comprendere i motivi, si vuole una nuova ultima occasione, non si ascolta il bisogno dell’altro di andare via, il suo dire che le emozioni, l’amore sia finito, la realtà di una nuova relazione, di un distacco che sembra non poter esistere.

Cosa succede? Perchè non si riesce ad accettare la fine e andare oltre?Perchè in alcune storie non si definisce un nuovo spazio, uno spazio di ricostruzione di sé stessi, quello che poi diventerà il posto adatto a far entrare un nuovo amore?

Sono molte le ragioni e come sempre diverse di coppia in coppia. Per molti è troppo forte la ferita che la fine di una storia porta con sé per poterla accettare. Significa mettere in discussione tutto, mettersi in discussione quando era nella coppia che si trovavano tutte le risposte. Allora si cerca, anche illusoriamente di far andare avanti la storia, di trattenere l’altra persona, di far in modo che non diventi vera la rottura. Si tratta di persone che mostrano segni tangibili di una vera e propria depressione. Il mondo perde di significato senza la coppia, l’idea di aver a che fare con un futuro da soli, sebbene potrebbe non essere per sempre, è fonte di stress, fatica.

Ci si ritira dalla vita di sempre, in alcuni casi non si va al lavoro, si trascurano gli altri aspetti della propria vita (benessere personale, uscite, amici) perchè il proprio valore era stato messo tutto nella coppia. A volte proprio questo atteggiamento ha segnato il declino del sentimento amoroso e il mancato funzionamento della coppia, eppure, in molti casi, questa tristezza diventa l’arma attraverso la quale si mantiene il legame. Chi lascia, pur affettuosamente vicino alla persona, si sente di dover in qualche modo permettere all’altro di chiedere aiuto e si rende disponibile, pur se parte del “problema”. Iniziano in questi casi le richieste di vedersi, gli appuntamenti, le telefonate e i messaggi. Seppure la coppia non riparte, il legame torna presente, con quello che ne consegue. Nessuno dei due va avanti.

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CNOP e Gender: cosa succede?

Autore: Dott.ssa Ada Moscarella

vedi Blog dell’Autore

 

La comunità degli psicologi (e non solo…) è in fermento da giorni…e la ragione l’ho raccontata qui…CLIKKA

Al mio articolo su AltraPsicologia ha fatto seguito una richiesta del Presidente dell’Ordine del Lazio, Nicola Piccinini, di presa di posizione ufficiale da parte del CNOP (clikka).

A questa richiesta, fino ad oggi (13 aprile 2015) hanno risposto solo:

  • Presidente dell’Ordine del Piemonte, Alessandro Lombardo,
  • Presidente dell’Ordine della provincia di Bolzano, Virginia Aversani,
  • Presidente dell’Ordine Marche, Luca Pierucci.

[Update 15/04/2015] I tre Presidenti afferenti ad AltraPsicologia (Lombardo, Piccinini, Pierucci) presentano al CNOP una mozione per richiedere la rimozione del gestore della pagina FB e per richiamare il responsabile della comunicazione CLIKKA

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La Sindrome del Burnout

Autore: Dott.ssa Monica Monaco

 

Vedi Sito Internet www.benessere.com

Tra le forme di stress che possono derivare dal lavoro, una peculiare tipologia è quella che può essere riscontrata nella cosiddetta “sindrome del burnout” che rappresenta una vera e propria forma di esaurimento o logorio derivante dalla natura di alcune mansioni professionali.
Più precisamente si tratta di una esperienza soggettiva di cattivo rapporto con il lavoro, che viene vissuta generalmente in una fase successiva ad uno stato di tradizionale stress lavorativo e con una forma grave che ha delle sue caratteristiche specifiche e delle conseguenze negative in termini di salute, di produttività e di soddisfazione lavorativa.
La traduzione italiana della parola “burnout”, che comunemente avviene con il termine “bruciato” (o anche “scoppiato” o “andato in cortocircuito”), permette di descrivere parte delle sensazioni vissute da chi sperimenta lo stato di questa sintomatologia.
È utile anche sapere che questo termine anglosassone viene adottato comunemente per designare quelle persone che fanno un consumo abituale di droghe e da questo ambito è stato trasportato nel contesto del disagio manifestato da chi è in uno stato di burnout e mostra di essere deteriorato e svuotato dal “lavoro con le persone” sperimentando uno stato simile, per certi aspetti, allo stato di vuoto emotivo che viene descritto da alcuni tossicodipendenti o ex tossicomani.
Nonostante ciò va precisato che lo stato di burnout non è necessariamente collegato ad una “dipendenza dal lavoro” né è un esito certo di tutte le forme di “stress da lavoro”.

leggi intero articolo su http://www.benessere.com/psicologia/arg00/sindrome_burnout.htm

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Una Citazione per Voi.. Buona Domenica a tutti!!

“Come ha detto Dugas, noi ridiamo, per così dire, ‘par ricochet’ (di rimbalzo). Il riso è fra le espressioni più contagiose degli stati psichici. Quando faccio ridere un’altra persona raccontandole un mio motto dispirito, in definitiva sto facendo uso di lei per suscitare il riso in me stesso; e si può infatti osservare che una persona che ha iniziato a raccontare unmotto di spirito con la faccia seria dopo si associa al riso dell’altra persona con un riso moderato.”

(S. Freud)

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Il timore reverenziale può inibire la creatività?

Autore: Dott. Giovanni Iacoviello

vedi Blog dell’Autore

“Stai zitto quando parli con me!”

Dal libro di Giorgio Bettinelli ‘Rhapsody in black’.

Teoricamente un imprenditore o un manager potrebbero essere lieti non solo di godere di una certa autorevolezza, ma anche di mettere una soggezione che spinge alla reverenza. Ci sono dei casi in cui tale soggezione da parte di collaboratori e dipendenti può essere un deterrente al loro entusiasmo e alla produttività, ad esempio alle riunioni organizzate per risolvere un problema?

Sancire + timore reverenziale = inibire le opinioni dei collaboratori.

Dire subito le cose ‘come stanno’ da parte di chi presiede una riunione (che sia il titolare dell’azienda, il capoufficio, un manager), rivelare quindi la propria linea d’azione riguardo ad un problema, potrebbe portare chi ha delle idee nuove a non esplicitarle per timore di contraddire il ‘capo’, farlo arrabbiare, o essere giudicato come un bastian contrario, se non una persona polemica o una possibile minaccia. Nessuno ha il monopolio delle buone idee, nemmeno le persone con molta esperienza, quindi inibire i contributi creativi dei collaboratori può portare a mancate occasioni di innovazione o di stimolo alla riflessione. Albert Einstein sosteneva: “tutti sanno che una cosa non è possibile, finché arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa”.

C’è un “rimedio” al timore reverenziale che blocca la creatività?

Un titolare, ad una riunione o in un altro contesto, a parte gli obiettivi aziendali e la mission esplicitati o esposti in bacheca o sul sito web aziendale, potrebbe adottare una certa riservatezza sulle sue opinioni e lasciare che i dipendenti se ne creino una senza esporre la propria.

Esporre la propria idea su una questione senza sentire prima i contributi dei collaboratori, ad esempio, potrebbe suscitare due reazioni: una è l’acquiescenza reverenziale da parte di alcuni a quello che ha detto, con blocco della conoscenza di idee nuove e della produttività creativa potenziale ad una riunione. L’altra riguarda chi non è d’accordo con l’idea esplicitata subito, che potrebbe mettersi sulla difensiva e non fornire il suo pieno contributo ideativo.

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