Autore: Dott. Giovanni Iacoviello

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“Stai zitto quando parli con me!”

Dal libro di Giorgio Bettinelli ‘Rhapsody in black’.

Teoricamente un imprenditore o un manager potrebbero essere lieti non solo di godere di una certa autorevolezza, ma anche di mettere una soggezione che spinge alla reverenza. Ci sono dei casi in cui tale soggezione da parte di collaboratori e dipendenti può essere un deterrente al loro entusiasmo e alla produttività, ad esempio alle riunioni organizzate per risolvere un problema?

Sancire + timore reverenziale = inibire le opinioni dei collaboratori.

Dire subito le cose ‘come stanno’ da parte di chi presiede una riunione (che sia il titolare dell’azienda, il capoufficio, un manager), rivelare quindi la propria linea d’azione riguardo ad un problema, potrebbe portare chi ha delle idee nuove a non esplicitarle per timore di contraddire il ‘capo’, farlo arrabbiare, o essere giudicato come un bastian contrario, se non una persona polemica o una possibile minaccia. Nessuno ha il monopolio delle buone idee, nemmeno le persone con molta esperienza, quindi inibire i contributi creativi dei collaboratori può portare a mancate occasioni di innovazione o di stimolo alla riflessione. Albert Einstein sosteneva: “tutti sanno che una cosa non è possibile, finché arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa”.

C’è un “rimedio” al timore reverenziale che blocca la creatività?

Un titolare, ad una riunione o in un altro contesto, a parte gli obiettivi aziendali e la mission esplicitati o esposti in bacheca o sul sito web aziendale, potrebbe adottare una certa riservatezza sulle sue opinioni e lasciare che i dipendenti se ne creino una senza esporre la propria.

Esporre la propria idea su una questione senza sentire prima i contributi dei collaboratori, ad esempio, potrebbe suscitare due reazioni: una è l’acquiescenza reverenziale da parte di alcuni a quello che ha detto, con blocco della conoscenza di idee nuove e della produttività creativa potenziale ad una riunione. L’altra riguarda chi non è d’accordo con l’idea esplicitata subito, che potrebbe mettersi sulla difensiva e non fornire il suo pieno contributo ideativo.

 

Dalla paura di essere contraddetti alla paura di non produrre idee nuove per il team.

Possono essere plausibili il timore di essere contraddetti dai collaboratori e la percezione del problema di come gestire le eventuali opinioni contrastanti esplicitamente con le proprie, laddove possono apparire un affronto all’autorità. Però si potrebbe anche spostare l’oggetto della paura al pericolo di produrre meno idee utili all’innovazione e alla produzione. Allora in tal senso può rivelarsi strategico dare la possibilità a tutti i collaboratori di sentirsi liberi di esprimere liberamente le proprie idee, sospendendo il giudizio e ringraziandoli per i loro contributi anche quando vanno contro alle proprie idee. Da una parte un leader potrebbe liberamente tenere conto di tutte le idee e decidere poi la soluzione che ha calcolato come la più produttiva prendendosene la responsabilità. Dall’altra, potrebbe pure a volte cambiare idea pubblicamente grazie al contributo di un collaboratore, senza necessariamente doversi vergognare di apparire incoerente o sminuito. Perché, come diceva Morgan Freeman interpretando Nelson Mandela nel famoso film Invictus “Se io non so cambiare idea quando le circostanze lo richiedono, come posso pretendere che lo facciano gli altri?”.