Oggi che SOCIAL mi metto?

Autore: Giovanni Iacoviello

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Con ordine, affronta il disordine; con calma, l’irruenza. Questo significa avere il controllo del cuore. Sun Tzu – L’arte della guerra

I SOCIAL MEDIA sono solo uno dei molti strumenti per fare del branding, rappresentano uninvestimento per il business aziendale/personale che deve essere necessariamente allineato con le altre attività di marketing. Presentiamo oggi i 5 passi che crediamo necessari per iniziare a pianificare una strategia vincente se parliamo di SOCIAL MEDIA.

1 L’APPROCCIO

Non bisogna pensare a cosa fare (ERRORE) ma a perché farlo (GIUSTO). La strategia inoltre non si deve basare  unicamente sulle conoscenze tecnologiche dello strumento ma deve essere dettata da unapproccio di pensiero valido nel tempo a causa della costante evoluzione dei social media.  La tecnica diventa presto obsoleta. Bisogna saper dialogare con gli esperti, non sostituirsi ad essi.

2 FIRST STEP

Non si parte dalla scelta della piattaforma (facebook, twitter, google+…) ma dal problema da risolvere. Il primo passo è un’analisi della situazione dell’Azienda. Una volta identificati i problemi/le necessità si sceglie che strumento utilizzare.

3 DEFINIRE LE OPPORTUNITÀ DA COGLIERE

E’ importante capire cosa ogni singolo strumento può fare per noi in modo da poterlo includere o escludere dal nostro piano di comunicazione.

  • Brand awarness
  • Lead generation
  • Conversione
  • Brand equità

4 DEFINIRE GLI OBIETTIVI DEL BUSINESS AZIENDALE

Gli obiettivi devono essere:

  • SPECIFICI
  • COMUNICATI E CONDIVISI
  • MISURABILI

E’ importante inoltre ricordare che gli obiettivi generici portano a soluzioni vaghe che non hanno impatto.

5 MISURAZIONE E VALUTAZIONE

Le mode cambiano per cui cambiano le risposte agli stimoli e il coinvolgimento. La strategia va costantemente ritoccata e va costantemente valutata e monitorata per poter agire tempestivamente mantenendola allineata agli obiettivi che ci siamo posti.

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Le bambine sono tutte rosa e i maschi non piangono mai. Stereotipi e pregiudizi quotidiani con cui educhiamo il futuro.

Le bambine sono tutte rosa e i maschi non piangono mai. Stereotipi e pregiudizi quotidiani con cui educhiamo il futuro.

Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

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I pregiudizi operano a tuo vantaggio, in apparenza. Ti tengono lontano da persone cose e idee che non conosci e che ti potrebbero dare dei fastidi. In realtà, essi operano contro di te, impedendoti di andare alla scoperta di ciò che non conosci.
Wayne Dyer
 

Chi può dirsi veramente libero da pregiudizi? Nessuno. Chi lo fa sta vestendo il primo e più usuale dei pregiudizi, il pensare di non averne. Siamo cresciuti, siamo immersi, siamo circondati da pregiudizi. Crediamo di sapere molte cose perchè, semplicemente, ci rassicura il fatto che, alcune situazioni, abitudini, momenti della vita sono sempre andati così. Quindi, perchè non dovrebbe essere giusto aspettarsi che continui in quel modo? E così facendo, senza nemmeno renderci conto, senza intenzione, spesso sabotiamo noi stessi e chi sta intorno a noi. Perchè se il pregiudizio è ingiusto, pur rispondendo a una necessità di difesa, ferisce, limita, cambia le storie in altro, negando moltissime potenzialità.

Un video di qualche mese fa, ci portava a riflettere su questo argomento, dal punto di vista delle ragazze ( ma quindi anche dei ragazzi). Avete voglia di dedicargli qualche minuto?

Video Bambine e pregiudizi

In poche immagini, ci racconta come, nelle migliori intenzioni dei genitori, si finisce spesso con il limitare le potenzialità di un figlio/a. Perchè, se ci racconta che non possiamo solo coltivare la bellezza estetica delle bambine, non possiamo neppure tralasciare la delicatezza dei nostri bambini. Rischio non vedere chi veramente sono, la bellezza altra che supera quella superficiale, la bellezza del loro essere, bambine scienziate o bambini ballerini, il piccolo Billy Elliot, che voleva danzare nonostante il parere contrario del padre e del fratello nel 1984,  non avrebbe vita facile neppure oggi.

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Regole o non Regole: questo è il Dilemma…

Autore: Dott.ssa Emanuela De Bellis

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Il dibattito si scatena a ogni accenno dell’argomento. Dalla lista di consigli di Michèle Freud all’articolo del collega sulla rivista divulgativa, dalla chiacchierata tra mamme alla riunione con gli insegnanti, ogni volta che vengono nominate, il mondo sembra dividersi in due: da un lato quelli che hanno dichiarato guerra alle regole, e che le considerano una violenza o una minaccia allo sviluppo sano del bambino. Difendono la libertà del bambino di scegliere le proprie azioni in ogni situazione: solo così, infatti, potrà imparare ad ascoltare i propri bisogni, sviluppare la propria creatività, mantenere intatta la propria unicità. Crescere ubbidendo a delle regole significa subire un’alienazione ed essere costretti ad uniformarsi alla massa acritica.

Sul fronte opposto, invece, si schierano quelli che difendono la regola come strumento necessario per la protezione del benessere del bambino che, da solo, non può sempre comprendere cosa sia meglio per lui, o per la società. Senza dei paletti, necessari anche agli adulti, il bambino non può essere messo in grado di distinguere Se’ dall’Altro e, conseguentemente, non può intrecciare delle relazioni sane. Non dire mai di no significa straripare nella mente del bambino, e non fornire quello scoglio, gentile ma fermo, necessario a stabilizzare la sua personalità. Inoltre (ma questa è un’obiezione portata avanti solo da un segmento di questo fronte) crescere un bambino senza regole lo porterà necessariamente a subire un trauma quando si ritroverà immerso nella società che, per sua natura, è costruita proprio su di esse. Quanto alla creatività, è proprio il limite a permettere l’innovazione: senza di esso, nessuno sarebbe portato a creare nuove soluzioni per aggirarlo.

Come ormai avrà capito chi segue questo blog, non mi piace la tendenza alla psicologia del buon senso, e non mi riconosco nel “giusto che sta nel mezzo”. Vorrei invece aprire una riflessione, e invitare chi legge a dire la sua sull’argomento.
Sono d’accordo sul fatto che il bambino impara il rispetto dell’Altro se ogni giorno ha vissuto un rispetto dell’Altro verso se’: rispettare il suo corpo, la sua intimità, i suoi bisogni è fondamentale per portarlo a riconoscerli come propri, averne rispetto e, conseguentemente, riconoscere anche quelli degli altri. A questo punto però facciamo un passo indietro, e diciamo anche che il genitore è in grado di rispettare il bambino se, a sua volta, ha imparato a riconoscere i propri bisogni, a rispettare il proprio corpo e la propria intimità. E questo forse va tenuto presente nel momento in cui, sul piatto, ci sono i bisogni di tutti.
E’ proprio dalla necessità di mettere insieme i bisogni di tutti che nasce quell’idea di accordarsi e fondare una società: è un processo naturale dell’individuo, inteso come essenzialmente inestricato all’Altro.

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Justin Timberlake e la Psicologia. Perchè lo psicologo è come una pop star (ma da lei ha molto da imparare)

Justin Timberlake e la Psicologia. Perchè lo psicologo è come una pop star (ma da lei ha molto da imparare)

Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

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Nella vita puoi ottenere tutto quello che vuoi se aiuti le altre persone ad ottenere quello che loro vogliono!
Zig Ziglar

E’ tanto che non parlo di giovani psicologi e di come entrare nel mondo del lavoro. Bene. Lo farò oggi e a suon di musica. Musica Pop.

Lo farò partendo da un articolo che ho trovato giorni fa su un sito molto interessante Firepolemarketing.com, un sito che parla di come entrare in contatto con il mondo, coinvolgere e diventare fonte di ispirazione. Insomma, immagino che a questo punto chi cercava un articolo di psicologia abbia già pensato:

1. Cosa c’entra la Musica Pop?

2. Cosa c’entra un sito di Marketing?

E se a fare queste domande son stati in buon numero psicologi, magari anche giovani,“Ecco”, mi viene da pensare, “è proprio per questo che c’è bisogno di un post del genere”. Diciamocelo, se molte persone non vanno dallo psicologo non è perchè non ci sono psicologi in gamba. Ce ne sono moltissimi. Preparati, attenti, capaci. Ma sono preparati, attenti e capaci sulla psicologia e il mondo chiede anche altro. Parole come marketing, target, brand, social network, visibilità suonano come insulti o ancora come mondi lontani e sconosciuti per molti professionisti. Molti competetitors dello psicologo, anche meno seri, magari meno preparati, sono capaci di annusare l’odore del mondo e trasformarlo in possibilità.

E allora che bisogna fare? Iniziare da qualche parte. Oggi iniziamo dalla musica pop. La psicologia è popolare, deve per altro esserlo, i tempi dei divani broccati è quasi terminato o di certo, prende meno spazio di quanto non facesse nei decenni addietro.Oggi lo psicologo, pur mantenendo la sua etica e la sua serietà, deve farsi pop. Per questo, leggendo l’articolo di  Razwana Wahid sulle 5 lezioni di marketing di Justin Timberlake non ho potuto che pensare a come queste sarebbero utile anche calate dal palco e infilate in uno studio di psicologia.

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Cura della Cefalea e Training Autogeno

Autore: Dott.ssa Sara De Maria

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L’approccio multidisciplinare prevede la collaborazione di più professionisti che prendono in carico un paziente e applicano in modo coordinato e collaborativo le proprie competenze. In questo modo trattano la persona in ottica olistica senza limitarsi ad un’ osservazione del sintomo da un solo punto di vista.

Questo è il caso di S. che arriva nel mio studio chiedendomi di imparare il training autogeno. Senza raccontare molto di sé si iscrive al corso di gruppo ed inizia il suo viaggio assieme a tutti gli altri.

Dopo qualche settimana ricevo la telefonata dell’osteopatadella signora S.,  dice che da tempo ha in carico S. assieme al suo dentista che utilizza la dentosofia**.

L’antefatto: S. a seguito di una cefalea invalidante, a cadenza quasi giornaliera, si rivolge al suo dentista, il quale diagnostica una occlusione errata e le fornisce una placca per risolvere il problema. In realtà la situazione non cambia e S. decide di rivolgersi ad un osteopata, in questo caso un osteopata biodinamico.

Il progetto terapeutico a questo punto si amplia e S. viene trattata sia dall’osteopata, per la parte manipolativa, sia dal dentosofista. Le cefalee iniziano a ridursi in termini di episodi e di intensità, entrambi i professionisti collegano le cefalee anche ad aspetti emozionali e consigliano ad S. di praticare il rilassamento. E’ così che si chiude il cerchio e S. arriva da me.

Dopo poche settimane di pratica costante del Training Autogeno, S. inizia a presentare una struttura molto più rilassata e l’osteopata lo rileva subito durante l’abituale manipolazione. Ed è così che mi chiama e si interessa a questo metodo che agisce a diversi livelli e permette un reale e profondo rilassamento che dura nel tempo.

Questo è l’inizio di una nuova collaborazione, sarà un gran piacere fare parte di questa squadra. Evviva la medicina olistica, evviva le collaborazioni tra professionisti che curano la persona nella sua integrità.

*L’osteopatia è una medicina alternativa volta al trattamento di disfunzioni fisiologiche attraverso un particolare tipo di manipolazione detta manipolazione osteopatica. Lo scopo dell’osteopatia è quello di riportare una situazione non fisiologica entro dei limiti di normalità fisiologici (www.isoi.it)

** La Dentosofia è una terapia odontoiatrica innovativa, caratterizzata da un approccio umanistico all’arte dentistica, che utilizza tecniche funzionali e pone in rilievo il legame tra l’equilibrio della bocca, l’equilibrio dell’essere umano e, in modo più vasto, quello del mondo intero (www.dentosofia.it)

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