Autore: Dott.ssa Marzia Cikada
vedi Blog dell’Autore
I pregiudizi operano a tuo vantaggio, in apparenza. Ti tengono lontano da persone cose e idee che non conosci e che ti potrebbero dare dei fastidi. In realtà, essi operano contro di te, impedendoti di andare alla scoperta di ciò che non conosci. Wayne Dyer
Chi può dirsi veramente libero da pregiudizi? Nessuno. Chi lo fa sta vestendo il primo e più usuale dei pregiudizi, il pensare di non averne. Siamo cresciuti, siamo immersi, siamo circondati da pregiudizi. Crediamo di sapere molte cose perchè, semplicemente, ci rassicura il fatto che, alcune situazioni, abitudini, momenti della vita sono sempre andati così. Quindi, perchè non dovrebbe essere giusto aspettarsi che continui in quel modo? E così facendo, senza nemmeno renderci conto, senza intenzione, spesso sabotiamo noi stessi e chi sta intorno a noi. Perchè se il pregiudizio è ingiusto, pur rispondendo a una necessità di difesa, ferisce, limita, cambia le storie in altro, negando moltissime potenzialità.
Un video di qualche mese fa, ci portava a riflettere su questo argomento, dal punto di vista delle ragazze ( ma quindi anche dei ragazzi). Avete voglia di dedicargli qualche minuto?
In poche immagini, ci racconta come, nelle migliori intenzioni dei genitori, si finisce spesso con il limitare le potenzialità di un figlio/a. Perchè, se ci racconta che non possiamo solo coltivare la bellezza estetica delle bambine, non possiamo neppure tralasciare la delicatezza dei nostri bambini. Rischio non vedere chi veramente sono, la bellezza altra che supera quella superficiale, la bellezza del loro essere, bambine scienziate o bambini ballerini, il piccolo Billy Elliot, che voleva danzare nonostante il parere contrario del padre e del fratello nel 1984, non avrebbe vita facile neppure oggi.
Perchè? Da una parte abbiamo la paura del “diverso” da quello che pensiamo sia stato sempre così. Ma non è solo la paura di quello che non conosciamo, è anche la paura di non saperlo gestire, di trovarci disarmati davanti a pur piccole cose. Per questo nutriamo i bambini di molti pregiudizi mentre li cresciamo con gli stereotipi che, in buona fede, pensiamo siano adatti a fargli star bene. Le bambine sono tutte rosa, i bambini sono forti e non piangono mai. Sii uomo! Sii donna! Spacca, sorridi. Senza accorgercene, discriminiamo quello che sono, gli diciamo cosa dovrebbero essere per farci felici, solo che, se non lo fossero, quanto sarebbe difficile per tutta la famiglia, la felicità? Indipendentemente dal fatto che si riconoscano o meno in quello che proponiamo, sarebbe bene che il ruolo di un adulto sia quello di stimolare le potenzialità di un bimbo, non tanto “gioca con questo, vestiti così!” ma più “guarda cosa può piacerti, scegli, io ci sono”.
Siamo circondati da stereotipi e molti sono difficili da eliminare. Le bambine crescono mitragliate da giochi per essere “come la mamma” come se le mamme di oggi non fossero poi per la maggioranza lavoratrici, giochi in rosa, giochi che potremmo chiamare di genere, o genderizzati, che insegnano una immagine ben precisa di quello che si ritiene le bambine debbano essere. In Uk, per dare voce alle tante bambine non rosa, è nato un movimento. Si chiama PinkStinks (che significa che ”Il rosa puzza”) chiaramente vuole provocare e attirare l’attenzione, non esistono solo giochi rosa, ci sono molti modi diversi di essere una ragazza. Una vera e propria campagna in reazione a quello che accade intorno al mondo di bambine e bambini, cercando di uscire dai confini disegnati dagli stereotipi nei decenni, cercando di definire nuovi margini di libertà per bambini di tutti i sessi. Ma i colori diventano un limite per tutti, maschi e femmine, il blu pesa come il rosa e ferisce allo stesso modo se non è il colore che piace. Perchè, sia chiaro, molti possono essere e trovarsi benissimo a proprio agio con i colori dati dai grandi, ma è la scelta e la possibilità di amarne altri che deve essere preservata e coltivata.
Ma ci sono domande che sarebbe fondamentale farci. Specie se ci si occupa di bambini, se ne stiamo crescendo uno, ma anche se ci lavoriamo. Quanto è importante il sesso dei giocattoli? Per esempio. Quanto pesa nella libera creazione di una sana e consapevole identità di genere nei bambini? Li stiamo aiutando mostrandogli solo quello che “è dato” o gli evitiamo una possibilità, quella di esprimere altro. Cosa significa per un genitore o adulto accudente, avere la certezza che il proprio bambino sia rosa o blu? Forse è il caso di fermarci. Fermiamoci e ascoltiamo quello che queste domande muovono.
Giocare con la propria identità sessuale è normale e sano. Non significa più di quanto si è detto, cioè è un gioco, utile per sentirsi, capirsi e trovarsi, crescendo, con più facilità. Confrontandosi con la realtà i bambini imparano chi sono. Far sentire i bambini “diversi” perchè non rispondono ad uno stereotipo è pericoloso. L’emarginazione non è utile a nessuno, ferire un bambino perchè troppo “tenero” o una bambina perchè troppo poco rosa, finisce solo con l’allontanare maschi e femmine dall’aver fiducia in quanto li circonda, in chi li circonda, allontanandoli dal mondo. Troppo spesso con conseguenze terribili. Un progetto americano degli ultimi anni (therepresentationproject.org) molto interessante, ci racconta che in America si suicida un ragazzo ogni 3 giorni e molto spesso questo dipende proprio da fatto di averlo nutrito di stereotipi come “Sii un uomo!” identificando con questo essere uomo, la mascolinità, la forza, la durezza, negando tutta una serie di aspetti emotivi fondamentali che non devono mancare a nessuna persona. “Sii un uomo” diventa la maschera che questi ragazzi costruiscono, senza riuscire a chiedere aiuto perchè sia ascoltato anche altro di loro, emozioni, fragilità, pensieri, fino a non reggere più il peso che devono sopportare.
Imbarazzo, vergogna, sono tutte emozioni che nessun bambino dovrebbe provare rispetto a chi è e a quello che sente. Certo non è colpa del colore rosa, o del taglio di capelli, ma facciamo attenzione a cosa comunichiamo anche solo quando spingiamo i bambini ad essere come “li vorremmo” e non come sono. Mettersi nei loro “panni” può aiutare gli adulti ad essere degli ottimi compagni di crescita, in un cammino senza ansia e paura di essere sbagliati.
Alcune proposte molto interessanti nelle librerie, possono aiutarci a pensare in maniera diversa e scoprire la ricchezza di questo pensiero. A seguire alcuni esempi.
Ettore, l’uomo straordinariamente forte. Si tratta della racconta la storia di Ettore, uomo molto molto forte,capace di gesta straordinarie, che lavora nel circo ma a differenza dell’immaginario collettivo legato alla forza, ama fare lavori manuali che nessuno si aspetterebbe, come i merletti o i ferri da maglia. Lo stereotipo del maschio tutto d’un pezzo, cade nei suoi modi delicati, che per Ettore sono un segreto, proprio perchè fanno parte di una immagine “da femmina”. Il libro, scritto da Magali Le Huche per la casa editrice Settenove, ci aiuta a pensare che le cose possono essere anche diverse. E questa casa editrice è molto attenta a questi temi, tanto che tra le sue opere troviamo anche un altro testo che potrebbe regalarci qualche spunto in più.
“Mi piace Spiderman e allora?”, qui parliamo di Cloe ha sei anni, innamorata del supereroe da fumetto Spiderman, tanto da volerlo sulla cartella con cui si accinge ad andare a scuola. Ma tutti glielo fanno notare come un qualcosa “da maschio” con le conseguenze del caso. La fortuna di questa bambina è che i suoi genitori sono meno complici di questa divisione maschi contro femmine che invece Cloe vive in ogni luogo dove si avvicina, in primis a scuola. E non è molto diverso il mondo visto invece con gli occhi di Alberto (Una Bambola per Alberto, edizioni EDT) bambino con il sogno di avere una bambola, che sembra destinato a non ottenerla perchè si tratterebbe di un giocattolo del sesso sbagliato.
E non abbiamo finito, nel mondo delle pubblicazioni che aiutano i bambini a guardare il mondo possiamo contare anche storie come quella di Zaff, (Nei panni di Zaff, edizioni Fatatrac) che vuole a tutti i costi essere una principessa ma si trova sempre ad ascoltare la stessa risposta ” Puoi fare il re, il principe, il meccanico, l’ingegnere, il maresciallo dei carabinieri… ma la principessa proprio no!”perchè è difficile anche solo pensare che un bambino possa voler essere una principessa. E lo è ancora di più, pensare che una bambina non ami esserlo, come accade invece alla protagonista del libro, dal titolo piuttosto lungo, “C’è qualcosa di più noioso di essere una principessa rosa?”, dove la povera principessa, non ce la fa più a vivere immersa nel rosa ma vorrebbe invece vivere avventure ben diverse.
Ogni bambino ha il diritto di essere semplicemente se stesso, di qualunque colore se stesso sia. Per farlo deve essere sicuro di avere degli adulti capaci accanto, consapevoli dei propri limiti ma anche delle proprie risorse.
Pollicino: I bambini
L’Orco : Il Rosa e il Blu
L’arma segreta : La capacità di farci domande, aprire possibilità, esserci comunque.
Commenti recenti