Quando e Come Chiedere una Psicoterapia

Autore: Dott.ssa Maria Grazia Antinori

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Riconoscere di aver bisogno di incontrare uno psicoterapeuta per rispondere ad un disagio psicologico, un momento di crisi e di difficoltà, non è sempre un percorso semplice e lineare. Prima di tutto è necessario riconoscere di avere un problema di relazione, affettivo o interiore che deriva da noi o almeno anche dal nostro comportamento. Bisogna riconoscere che c’è qualcosa che si ripete che non riusciamo a modificare e cambiare, magari sbagliamo la scelta del fidanzato, o forse siamo immersi in un’ansia che impedisce di capire e di trovare una propria strada, o in uno stato d’animo di tristezza e di malinconia che fa perdere ogni desiderio e piacere nelle cose.Possono essere molto diversi tra di loro i sintomi, il modo in cui si manifesta il disagio, la fase della vita che si attraversa che può mettere a confronto con scelte e cambiamenti obbligati, come l’adolescenza, l’entrata nell’età adulta, la maturità, l’invecchiamento. La vita ci pone continuamente di fronte alla necessità del cambiamento, niente resta immutato e stabile. Anche una relazione d’amore ideale per restare tale, deve modificarsi nel tempo, adattarsi all’età dei protagonisti, alle richieste dell’ambiente sempre diverse.
La crisi può riguardare ognuno di noi anche nelle fasi positive che improvvisamente potrebbero farci sentire senza obiettivi e mete da raggiungere. Ad un certo punto, si può rompere qualche equilibrio magari non riusciamo più a trovare il nostro posto, il nostro luogo, la nostra identità,o non riconosciamo più noi stessi o le persone che ci sono più vicine: si determina uno stato di sperdimento, di ansia e di preoccupazione che ci rende fragili ed incapaci di riprendere il nostro ruolo e cammino nella vita.

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Gender, psicologi e responsabilità sociale

Autore: Dott.ssa Ada Moscarella

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Sandro è giovane, simpatico, con cari amici e una fidanzata.

La sua ragazza si chiama Rossella.

Stanno bene insieme, ma Sandro sente che qualcosa non va.

E con il tempo capisce cos’è.

A Sandro piacciono i ragazzi. In particolare gliene piace uno. Si chiama Claudio; si sono conosciuti al corso di teatro.

Sandro è confuso, ma è anche un ragazzo fortunato. E’ circondato da amici che gli sono affezionati, a prescindere da quello che potrà essere il suo orientamento sessuale. Lo sostengono, lo appoggiano, lo rassicurano. Persino Rossella gli è vicina, nonostante abbia perso il fidanzato…

Anche il papà di Sandro, Roberto, inizia a sospettare qualcosa.

E’ confuso, cerca di capire.

Cos’è l’omosessualità? E’ una malattia? E’ il sintomo di un disagio? Di una confusione? Può essere curata? Tutte domande legittime di un genitore qualunque.

E Roberto, il papà, fa quello che ormai sempre più persone fanno: si mette su internet e cerca.

In “Un Posto al Sole”, il cattivissimo Roberto Ferri si imbatte nelle definizioni dell’OMS e nelle terapie riparative. Nella realtà, il malvagissimo Roberto Ferri si sarebbe potuto ritrovare pure nella pagina Facebook del CNOP dove avrebbe potuto leggere

[…] oggi stiamo assistendo ad un indottrinamento da regime totalitario, che impone una visione altra dell’uomo, su base ideologica senza alcuna autorizzazione ufficiale

estrapolato da un avvilente editoriale del quotidiano La Croce, di Mario Adinolfi.

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Gli Sterminatori

Vedi Sito Internet www.benessere.com

Con il termine “sterminatori”, libera traduzione dell’inglese mass murder, vengono indicati quei soggetti che in unico evento criminale uccidono almeno tre persone senza un movente apparente, spesso con efferatezza e non per un motivo strumentale come ad esempio una rapina o un atto terroristico. Il termine, pur usato talvolta in ambito giornalistico, ha trovato la sua collocazione in campo psicologico per iniziativa del Prof. Angelo Zappalà, Direttore dei Corsi di Criminologia e Psicologia Investigativa della Scuola Superiore di Formazione Rebaudengo di Torino e già autore di un volume, intitolato appunto “Gli sterminatori”, pubblicato da Centro Scientifico Editore di Torino nel 2007.

leggi intero articolo su

http://www.benessere.com/psicologia/arg00/sterminatori.htm

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Film (2015): Third Person

Film (2015): Third Person

Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

vedi Blog dell’Autore

Una colpa non è cancellata finché si rammenta. Carlo Dossi

Nota prima di cominciare: Leggendo questa recensione potrebbe capitare di intendere troppo del film, si consiglia di non passare di qui, se non dopo averlo visto per evitare lo spoiler.

La colpa perseguita. Senza un percorso capace di accogliere il proprio dolore, le ferite saranno sempre aperte e sempre grideranno vendetta. Se non si affronta un percorso personale capace di farci superare la colpa morale, lasciandoci con la pur pesante responsabilità del gesto compito o non compiuto, dell’errore, del lutto subito, questa resterà con noi, come una compagna, presente, vicina, reale.  Third Person, per la regia di Paul Haggis è questo. Un film sul come, mancando il perdono, la vita diventi un lungo seguitare a trovare come modificare un passato impossibile da cambiare, un cercare soluzioni dove non ne esistono. Una assoluzione che non può dare altri che chi la chiede.

Si tratta di un film complesso e dalla trama non lineare, che passa da un contesto geografico all’altro ( Roma, Taranto, NewYork, Parigi) che investe su moltissimi attori ma che, in fondo, racconta una sola storia. L’impossibilità del perdono.

Il protagonista è lo scrittore Michael ( Liam Neeson) che vive in albergo e vede arrivare la sua amante dalla vita travagliata. Su di lui pesa una colpa. Una tragedia che urla “Guardami” con la voce di un suo figlio. Il film è la storia di quella voce. Definendosi l’unico colpevole di una tragedia personale, lo scrittore usa quella che pensa essere la sua sola arma, la parola.

Third Person è un film con molti simboli, molti significati. In tutte le storie possiamo ravvedere gli stessi elementi che si susseguono, l’elemento dell’acqua continuamente richiamato, in tutte le storie tracce di un comune denominatore, odori simili, simili sofferenze, che vengono chiarite solo lungo l’intreccio. E poi abbiamo l’uso del colore bianco, simbolo di fiducia, ma anche, come scrive lo stesso scrittore  “il colore delle bugie che egli ha raccontato a se stesso“.

Ci sono una donna Julia/Mila Kunis  che non può tornare a vedere suo figlio, allontanatole e dato in affidamento al solo ricco padre pittore Rick/James Franco, un uomo d’affari nel campo della truffa  Sean/Adrien Brody che vuole a tutti i costi aiutare una donna Monika/Moran Atias, conosciuta in un bar,  a riprendersi sua figlia in mano al loschi figuri e la storia d’amore incapace di equilibrio tra lo scrittore e la sua Anna/Olivia Wilde, donna volubile, instabile e ferita.Sembrano storie diverse ma sono sempre la stessa storia. Tutte storie di genitori e di figli che hanno bisogno di loro o lo hanno avuto.

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