CAMBIAMO l’ENPAP

Cambiamo prima di tutto l’immagine dell’Ente. Che dopo essere finito su tutti i giornali e telegiornali a seguito della vicenda dei 18 milioni di euro volatilizzati in un giorno (quello dell’acquisito del palazzo di via della Stamperia) non è delle migliori. Politicamente poco importa che ciò sia avvenuto per dolo, per ingenuità, per sbadataggine o per sfortuna. Altri dovranno fare chiarezza. Politicamente è importante un cambiamento radicale, sarebbe opportuno che amministrazioni e sigle coinvolte non ricevessero conferme. La comunità degli iscritti può e secondo noi deve essere in grado di chiudere un capitolo ed affidarne la gestione alla storia ed eventualmente più nell’attuale alla magistratura.

Cambiamo l’apparato ENPAP, farraginoso e dispendioso, che prevede un elefantiaco apparato gestionale (44 consiglieri Cig e 5 Cda) con costi iperbolici (ben oltre il milone di euro annui) che paghiamo tutti noi. Bisogna attuare dei cambiamenti statutari affinché  i numeri dei componenti del consiglio di amministrazione  e dei componenti del consiglio d’indirizzo vengano diminuiti. Questo abbatterebbe i costi.

Cambiamo il rapporto con gli iscritti. Uno dei problemi dell’Ente è la sua lontananza rispetto agli iscritti (che la dimostrano poi disinteressandosi della partecipazione al voto). Ma si tratta dei soldi di tutti noi. E come si fa a recuperare tale rapporto? Coinvolgendoli. Non è ancora il momento della democrazia diretta (una testa un voto) ma già da oggi si può prevedere nei regolamenti che le più importanti scelte di indirizzo o di spesa vengano sottoposte, via mail, ad una consultazione (obbligatoria ancorchè non vincolante) con gli iscritti. Se prima di decidere del palazzo di via della Stamperia tale consultazione fosse stata fatta gli amministratori sarebbero stati molto più accorti nelle loro mosse. L’Ente deve essere trasparente, gli atti (tutti) pubblicati sul sito, gli iscritti devono poter esprimere il loro parere in qualunque momento.

Cambiamo, per  il nostro diritto ad una vecchiaia. Nonostante il fatto che il nostro Ente sia molto, molto, ricco le pensioni, certamente a seguito di leggi nazionali ma anche di scelte gestionali sono e saranno irrisorie. Dobbiamo utilizzare tutta l’autonomia che l’Ente possiede (dosando meccanismi previdenziali ed assistenziali) per far sì che nessun collega possa andare in pensione con una cifra che si collochi al di sotto del livello di povertà.

Cambiamo, per attuare il tessuto solidaristico della professione. Quelli dell’ENPAP sono i nostri soldi. I soldi di una comunità che è fatta di psicologi. Devono rendere ed è compito degli amministratori farli rendere. Ma non possono essere investiti come farebbe una qualunque finanziaria. La nostra professione ha un’etica, la nostra professione ha l’interesse a sostenere lo sviluppo della professione stessa, l’opportunità per i giovani colleghi, la ricerca, i progetti che coniughino arricchimento della società civile con sviluppo professionale. No dunque ad investimenti che non siano più che limpidi sul piano etico. Sì alla nascita di una Fondazione che, rispettando criteri di produttività, si ponga come volano dello sviluppo della professione.

Cambiamo, partecipiamo   al nostro futuro. L’astensionismo dei colleghi ha da sempre consentito a pochi gruppi organizzati di dirigere l’Ente a loro piacimento. Arrivando all’assurdo di far gestire la Cassa dei liberi professionisti dal sindacato (che come noto ha in generale interessi, seppur legittimi, diversi). Cara collega, caro collega che ci leggi, questa volta fai uno sforzo, vai a votare e vota per te, per i tuoi di interessi. Se fai la libera professione, se lavori nel tuo studio con i tuoi pazienti, o se fai il formatore o se lavori nei tribunali o nelle aziende, sappi che il tuo astenerti consegnerà la gestione dei tuoi soldi a chi ha in mente il modello sanitario della professione, a chi ha già un trattamento pensionistico assicurato dallo Stato e vede la pensione ENPAP come integrazione del proprio reddito pensionistico garantito.

Cambiamo, per  la nostra autonomia. Nella triste vicenda mediatica dell’acquisto della sede siamo apparsi, vero o non vero che fosse, compromessi con forze politiche ed istituti bancari che in qualche misura ci avrebbe condizionati o raggirati. Gli psicologi sono orgogliosi di essere spesso impegnati nel sociale e nella politica. Ma conoscono il valore del termine setting. La passione sociale, civile e politica è personale per ognuno di loro. Il loro Ente di previdenza, proprio perchè espressione di tutti deve rimanere invece completamente autonomo. Non confermiamo deleghe a chi non ha saputo proteggere anche solo l’immagine di tale autonomia.