Autore: Dott. Antonello Sciacchitano

vedi Blog dell’Autore http://www.analisilaica.it/

 

… andrei da un astrologo, possibilmente il più rinomato sulla piazza, perché mi insegni a interpretare le configurazioni astrologiche; da lui imparerò a correlare i passaggi planetari attuali con l’assetto planetario che ha presieduto alla nascita di chi mi chiede l’oroscopo, giustificando così previsioni future. Studierei codici antichi e moderni, sempre lasciando l’ultima parola al maestro di cui sono l’allievo. Poi diventerei un professionista, vendendo strologherie a giornali e a privati. Il popolo ama essere ingannato e lo ingannerei con lo stesso fervore con cui mi sono fatto ingannare io stesso. L’ignoranza viene garantita: prima non sapevo che Giove avesse dei satelliti: le lune medicee, scoperte da Galilei; diventato astrologo, continuerei a non saperlo.

Diversamente andrebbero le cose se volessi diventare astronomo. Innanzitutto, sarebbe indifferente la mia preparazione di base; potrei essere matematico, fisico, chimico, geologo, addirittura biologo. In secondo luogo non troverei maestri, cui riferirmi, ma collettivi di ricerca astronomica, dagli Appenini (Laboratorio Nazionale del Gran Sasso) alle Ande (Centro telescopico di Atacama). La formazione dell’astronomo non segue un iter prefissato. La cultura di base è quella fisico-matematica, che qualunque università può dare; la specializzazione consiste nell’imparare a usare delle apparecchiature avanzate: dai telescopi agli spettroscopi. Poi comincerei a lavorare al tema di ricerca del collettivo in cui mi sono inserito: dagli esopianeti ai lampi di raggi gamma e pubblicherei i risultati su giornali specializzati.

La carriera dello psicanalista assomiglia più a quella dell’astrologo o dell’astronomo?

Ci sono pochi dubbi. Formalmente e materialmente psicanalista e astrologo sono figure professionali sovrapponibili: entrambi vendono prognosi e cure; ti dicono: sei stato questo e quest’altro a causa di certe configurazioni astrologiche o parentali; diventerai così e cosà se seguirai i miei consigli o farai il mio iter terapeutico. Anche l’iter formativo presenta inquietanti analogie tra astrologia e psicanalisi.

Formalmente lo psicanalista in fieri chiede la propria formazione a una scuola, di un ben preciso indirizzo. La psicanalisi non è una scienza. Pullula di maestri che insegnano la verità, ognuno la propria, ormai depositata in una scuola ben caratterizzata: freudiana, junghiana, lacaniana ecc. Il giovane segue un iter di conformazione al termine del quale non sarà più giovane, ma sarà stato addestrato ad applicare la dottrina che gli è stata trasmessa alla cura dei casi clinici che si rivolgono a lui. Durante la sua attività professionale non avrà mai modo di mettere in discussione l’insegnamento ricevuto. Forse è diventato addirittura “didatta”, addetto a trasferire ad altri gli stessi pregiudizi che da altri sono stati trasferiti su di lui. Avete mai visto un astrologo diventare astronomo?

Materialmente, i pregiudizi che costituiscono la formazione psicanalitica sono mitologie. Ha cominciato Freud con la mitologia dell’Edipo, ha continuato alla grande Jung, convocando mitologie orientali accanto a quelle greche; oggi l’ultimo dei lacaniani vende almanacchi che parlano del complesso di Telemaco. Mitologie e astrologie sono narrazioni che raccontano verità indimostrabili e/o inconfutabili. Tecnicamente si dicono indecidibili. Stanno in piedi unicamente sull’autorità di chi le insegna. Il loro potere è quello ipnotico del rito che istituiscono: tre sedute alla settimana di psicoterapia per vent’anni, nel caso della psicanalisi. Poi, se non sei guarito, sei stato convinto di essere malato.

È possibile che uno psicanalista diventi astronomo della psiche da astrologo dell’anima, quale ha imparato a essere?

È molto difficile. La psicanalisi si è sviluppata e affermata come cura medica dell’anima. L’imprinting medico l’ha marchiata dall’origine; è inutile che gli psicanalisti si ribellino alla tirannia della diagnosi, magari codificata da qualche DSM; resta indelebile l’orientamento medicale nella prognosi (le nevrosi di carattere non si curano!) e nella cura, intesa come ripristino dello stato presintomatologico. La medicina non è scienza, essendo inconfutabile; la psicanalisi non è scienza, e non diventerà mai scienza, essendo medicina.

La via d’uscita che intravedo è la creazione di collettivi di metaanalisi, cioè collettivi di pensiero, su basi paritarie, dove insieme ad altri si analizzi l’analisi, come esperienza passata a livello individuale, e si formulino congetture su possibili analisi future, meno astrologiche di quelle passate. La difficoltà è tutta pratica. All’analisi, insegnava Freud, si resiste. Un’analisi si intraprende con la scusa della cura. Se questa scusa viene meno chi e con quale coraggio vorrà intraprendere il difficile percorso analitico?

Già, per diventare psicanalista – un astronomo dell’anima – ci vuole coraggio. Ci vuole coraggio morale, insegnava il mio maestro Jacques Lacan. Senza etica si rimane psicoterapeuti, cioè astrologi. Ma l’etica, come il coraggio, insegnava don Abbondio, uno non se la può dare. L’etica è un rischio. Come la ricerca scientifica.