Autore: Dott.ssa Serena Costantino

 

Sì è proprio un bisogno impellente quello che abbiamo di etichettare, catalogare, rinchiudere, restringere, definire, persone, situazioni o cose anche semplici sensazioni. Così ecco che ci troviamo ad affibbiare etichette solo sulla base di come una persona è vestita, o del lavoro che fa, di dove abita o di un comportamento messo in atto occasionalmente, o di un handicap; le stesse etichette che muoriamo dalla voglia di attaccare in fronte alle persone, le attribuiamo alle sensazioni e ai sentimenti, cerchiamo di definirli forse perché ci fa sentire rassicurati in un mondo in cui tutto sfugge al controllo,tutto sembra “andare a rotoli”, poter etichettare inserire in una categoria, e poi finisce che diventa un bisogno impellente quasi fisiologico. Ma sarà proprio così? Quanto è necessario etichettare? Se provassimo a considerare ogni persona come un essere umano, con i suoi pregi e i suoi difetti, la sua complessità, il suo carico di sofferenza, potremmo accorgerci che le etichette sono riduttive oltre che inutili, perché ogni persona, ogni cosa o situazione è piena di sfaccettature, di sfumature, è dinamico e non statico, tutto cambia e si trasforma niente è veramente etichettabile se non i detersivi o i cibi in scatola, allora sarebbe bello se gradualmente imparassimo a non farci più scappare l’etichetta!