Autore: Dott.ssa Morena Romano

 

Narciso nasce dalla ninfa Liriope che era stata violata dal dio-fiume Cefisio. Il veggente Tiresia predisse a Liriope: “ Narciso vivrà fino a tarda età purchè non conosca mai se stesso”. Tutti si sarebbero infatti innamorati di lui che, geloso della sua bellezza, avrebbe respinto amanti di ambo i sessi. Tra gli spasimanti Narciso ebbe la ninfa Eco , la cui caratteristica consisteva nel fatto di poter parlare solo ripetendo le parole pronunciate da altri. Aveva subito la punizione di Era perché colpevole di averla fatta distrarre , raccontandole favole, in tal modo che le concubine di Zeus erano riuscite a fuggire. Un giorno mentre Narciso si preparava a tendere reti per cervi, Eco lo seguì nel folto di una foresta e quando Narciso , ritenendo di essere solo, gridò” C’è qualcuno?” sentì l’eco , e Narciso la invitò a mostrarsi “ Vieni, perché mi sfuggi?” e lei rispose “ perché mi sfuggi?” ed Eco balzò fuori per abbracciare Narciso, ma egli la respinse dicendo “ morirò prima che tu giaccia con me!” poi Narciso sparì ed Eco cominciò a girare per le valli solitarie a cercarlo, gemendo d’amore, finchè di lei non restò altro che l’eco.

Un giorno Narciso invia una spada ad Amino, il suo più fervido spasimante. Amino sulla soglia della casa di Narciso, morendo supplicò gli dei perché vendicassero la sua morte.

Artemide lo volle vendicare e fece sì che Narciso si potesse innamorare senza poter soddisfare la propria passione. In una regione della Tespia, Narciso, un giorno, si avvicinò ad una fonte chiara e incontaminata: in essa vide, riflessa, la sua immagine. Così Narciso si innamorò di un giovane tanto bello che non poteva abbracciare né baciare: restò incantato a guardare la sua immagine, struggendosi nell’impotenza. Tale fu lo stato che determinò la morte di Narciso per consunzione. Altre fonti sostengono che egli sia annegato nell’acqua nel tentativo di abbracciare la propria immagine, altre ancora che si sia ucciso con la spada.

Eco soffre con Narciso e ripete continuamente il suo disperato “Ahimè” che il giovane aveva pronunciato mentre si trafiggeva il petto dicendo”  giovane amato, addio!” dalla terra inzuppata del suo sangue nacque il narciso bianco .

 

Narciso rappresenta l’Io nascente che ha nei confronti della Grande Madre terra ( Gea) la funzione e la dimensione simbolica del giovinetto amante, eroe nascente potenziale, impegnato in una lotta impari tesa alla differenziazione , alla crescita, al distacco trasformativi che dovrebbe determinare lo sviluppo fino al raggiungimento della dimensione individuale, ma che Narciso non raggiungerà per volere del destino. Narciso è quello che in termini comuni viene definito l’eterno adolescente. La simbologia che conferma l’evoluzione negativa del processo individuativo, e della conflittualità degli opposti che non si integrano è rintracciabile in due elementi principali:

 1) il nome Narciso, in riferimento al fiore in cui si trasformerà nell’epilogo della vicenda, ha la stessa origine della parola narcosi ( sembra che l’olio di narciso fosse considerato un potente narcotico). I narcisi venivano usati nei culti infernali, avevano a che fare con la morte, ma con una morte che assomiglia al sonno, come assenza e non come passaggio trasformativo. Si offrivano anche ghirlande di narcisi alle Furie per placarle.

  2) Narciso è sessualmente indifferenziato, con qualche carattere riferibile all’androgino, e la sua parte femminile, Eco, esprime il massimo livello di passività e incomunicabilità, è il “vuoto”. Esso vive contemporaneamente degli aspetti contrastanti che non riesce a correlare , esprime il senso di impotenza e di indecisione, vorrebbe amare ed amarsi, ma gli è vietato, e ciò determina una condizione di stallo che Narciso non riesce a superare, non riuscendo a superare gli opposti e ad attivare la funzione trascendente dell’inconscio.

Ha una personalità fragile e indefinita, nel mito l’elemento liquido predomina sottolineando il carattere fluido instabile di questo tipo di personalità. Narciso nasce dall’unione di una ninfa con la divinità di un fiume e ne eredita il carattere . L’acqua  è  luogo di nascita e di morte per l’eroe, alludendo alla dimensione inconscia e indifferenziata che pervade il mito.

  Il mito assume l’aspetto di una comune vicenda umana: è proprio la pregnanza in esso presente che ne sottolinea il carattere collettivo e che consente di cogliere i motivi ricorrenti che si rintracciano nello sviluppo delle coscienze singole e collettive. Nel mito è possibile individuare alcuni momenti significativi  in senso simbolico, di un possibile sviluppo psichico e delle difficoltà che si oppongono alla sua realizzazione:

1) già nell’evento della nascita, determinata da un atto di violenza, c’è ambiguità e inganno. Da essa originerà una personalità caratterizzata dalla lacerazione fra la necessità di vivere e il desiderio di realizzare la propria esistenza, fra l’insopprimibile bisogno di ottenere il proprio sviluppo individuale e l’opposta pulsione di morte.

2) il progetto di vita espresso dalla profezia è contraddittorio, può vivere solo non realizzandosi, cioè solo non prendendo coscienza di sé stesso, che è l’aspetto indispensabile per concretizzare il proprio progetto di vita.

3) l’incontro con il femminile è ambiguo: da una parte c’è la curiosità di incontrarla, dall’altra si manifesta la voglia di allontanarla. Eco è una parte inconscia femminile di Narciso, essa testimonia l’incompiutezza della sua personalità, una volta manifestatasi, sembra dimostrare la sua possibilità di agire mediante una funzione erotica che, invece, risulterà bloccata o fissata alla condizione autoerotica.  4) l’incontro con Aminio, è la manifestazione dell’Io di Narciso, ed è un fallito tentativo di proiezione libidica, Aminio rappresenta anche il preludio della sua morte.

5) la morte per annegamento, per autoferimento, per consunzione, determinata dall’impossibilità di incontrare realmente il proprio “doppio” ed amarlo, sono tre possibilità di autoannullamento che alludono ad altrettante manifestazioni psicopatologiche che, è noto,  tendono a concludere la propria fenomenologia psichica con la morte: a) quadri depressivi che esprimono la massima autodistruttività, e si autoriferiscono; b) l’ipocondria , come sindrome che esprime il profondo e insanabile conflitto determinato dal bisogno di amare il proprio corpo e di odiarlo a causa della frustrazione dovuta alla fallita realizzazione di un ‘ideale condizione autoerotica; c) le tossicodipendenze (e/o i disturbi alimentari) che sembrano esprimere a loro volta la necessità di annullare sé stessi  attraverso la ricerca dell’incontro di una propria immagine ideale, in un ipotetico stato nirvanico sganciato dalle ansie del mondo reale ; la fine di tale ricerca, si conclude con l’esperienza del vuoto mortale e del proprio annullamento psicofisico.

Rispetto al mito di Edipo, che a buon diritto deve essere considerato una delle pietre miliari della psicoanalisi,dopo il saggio di Freud  del 1914 “Introduzione al narcisismo”, si è determinato uno spostamento dell’interesse dei ricercatori verso il narcisismo. L’era psicanalitica relativa all’Edipo ha coinciso con tutta la prima fase delle scoperte della psicoanalisi a cui  è seguita quella del narcisismo , divenendo il luogo privilegiato delle speculazioni dei ricercatori sull’accadere psichico. Freud designa come comportamento narcisistico quello di un soggetto “che tratta il proprio corpo allo stesso modo in cui è solitamente trattato il corpo di un oggetto sessuale, compiacendosi, così sessualmente di accarezzarlo , contemplarlo, fino a raggiungere attraverso queste pratiche il pieno soddisfacimento.” Egli definiva il narcisismo come il” fatto che l’individuo nel corso del suo sviluppo , mentre unifica le pulsioni sessuali già agenti autoeroticamente al fine di procurarsi un oggetto d’amore, assume anzitutto sé stesso , vale a dire il proprio corpo,come oggetto d’amore, prima di passare alla scelta oggettuale di una persona estranea. Che tale fase di transizione venga attraversata tra l’autoerotismo e la scelta oggettuale è probabilmente inevitabile nella maggior parte dei casi ; sembra però che molte persone vi si trattengano per un tempo insolitamente lungo e che in esse persistano molti tratti di questa fase nei momenti successivi il loro sviluppo. In questa assunzione di sé ad oggetto d’amore, la funzione degli organi genitali può già risultare prevalente”.  Freud nella sua teoria della libido parla di  narcisismo primario legato alla fase autoerotica , collocando il narcisismo ad una fase della vita antecedente alla costituzione dell’Io; e di  narcisismo secondario caratterizzato da un ripiegamento sull’Io della libido sottratta ai suoi investimenti oggettuali, l’Io si identifica con l’Ideale dell’Io. Ci sono alcune condizioni normali che determinano il ritiro della libido dall’oggetto, le malattie organiche, la vecchiaia, la morte; e altre situazioni di tipo nevrotico , come l’ipocondria, che viene vista come risultato delle sensazioni relative all’erotizzazione degli organi interni ed all’eccitazione che ne consegue.   Freud riservò al solo ambito psicotico il termine di nevrosi narcisistica; successivamente tale termine ha riguardato molti altri quadri psicopatologici, soprattutto gli stati borderline. Nella patologia Freud individua nel narcisismo un ritiro della libido sull’Io, ripristino di una condizione simile a quella primaria, cioè dei primissimi stadi della vita, con emergenza di meccanismi arcaici e strutturazione di idee deliranti, espressione di incongrui tentativi di realizzare uno sviluppo psicologico adeguato alla realtà, emergenza di meccanismi di difesa patologici. Successivamente,  la differenza fra narcisismo primario e secondario è stata eliminata, considerando il narcisismo come una caratteristica della struttura di personalità senza corrispondenza ad uno specifico quadro psicopatologico.

Già  Freud  non era interessato al contenuto simbolico del sintomo narcisismo che lo può definire e caratterizzare come quadro sintomatico, ma la sua diagnosi si definisce in base al tipo di scelta  che il soggetto mette in atto nel processo di investimento libidico. Infatti, il mito di Narciso non viene preso in considerazione come campo di indagine, e vengono accantonati quegli aspetti più specifici e clinici  della patologia mentale che evocano la dimensione simbolica del narcisismo.

Per la psicologia analitica, invece, un determinato mito è il rappresentante simbolico di determinati motivi archetipici o motivi dominanti che la psiche umana esprime nei suoi modelli fondamentali di comportamento. Questi motivi sono rintracciabili in modo particolare nei complessi, ma possono essere presenti nella psicologia e nel comportamento di ognuno.

Il mito di Narciso, come ogni altra vicenda mitica di eroi, racchiude una serie di simbologie, sia nei particolari della narrazione, sia nella strutturazione della storia stessa :

1) Narciso appartiene alla categoria dei semidei perché da un lato è mortale; dall’altro esprime delle caratteristiche  fascinose di personalità,  che lo accomunano alla categoria divina . ha dimestichezza con gli animali, è provvisto di “mana” tutti si innamorano di lui, inoltre discende da Gea , la madre terra.

2) Il tempo e lo spazio della scena sono eterni. I luoghi sono naturali , rappresentati da spazi aperti, non compaiono elementi strutturati ed appartenenti a dimensioni sociali di tipo evoluto.

3) L’eroe è guidato dalle trame del destino: al livello della cultura popolare, ingenua, l’eroe è colui che ha ricevuto doni particolari dalla natura, forza, superiorità, integrità morale. Pare quasi che sia sulla terra con l’unico scopo di superare facilmente tutti quegli ostacoli nei quali noi tutti ci imbattiamo. Anche se possono comparire dei nemici, o delle forze malefiche  soverchianti, hanno il solo scopo di provocare e di saggiare le sue forze e il suo coraggio, ma si rivela sempre all’altezza del proprio compito. E’ l’eroe  ingenuo e invincibile della prima metà della vita. Ma prima o poi, , ogni eroe sembra incontrare la propria nemesi, la sua zona vulnerabile, la sua ferita. Allora l’eroe va incontro alla propria morte, è l’eroe sacrificale, della seconda metà della vita, che deve soffrire grandi dolori e umiliazioni, perfino la morte e lo smembramento. Solo dopo questo viaggio nella notte buia dell’anima, ottiene la rinascita e il ritorno, la benedizione o la salvezza dell’umanità. L’Io si addentra con coraggio nel territorio sconosciuto delle proprie origini e del proprio destino segreto. I draghi, gli orchi che vi si incontrano sono gli aspetti primitivi di noi stessi, le principesse che vi vengono liberate rappresentano il nostro impulso , a lungo rimasto nascosto, verso la bellezza, e il regno sottoposto ad un incantesimo è il mondo come l’abbiamo conosciuto dietro il velo dei nostri miti regressivi e superati e della trance che ci siamo procurati. L’eroe,tornato dal viaggio , trasformato, non ha bisogno di esprimere continuamente il suo eroismo, si umanizza partecipando alla sacralità dell’esistenza quotidiana. Al contrario, l’incapacità di affrontare la ricerca dell’eroe può portare a una “messa in atto” dell’archetipo ingenuo. Si assumono atteggiamenti eroici quando non è necessario (mito di Narciso). Questo aspetto ingenuo, o quello inutilmente ribelle, rappresentano la parte in ombra dell’eroe, la parte negativa che agisce inconsapevolmente. L’eroe del mito greco dice molto del cammino dell’io  e del processo di individuazione, molto dice della sua fragilità e degli eterni inganni in cui può cadere. Nelle imprese eroiche ci sono, alla fine della vicenda, delle cadute , si chè, paradossalmente, rileggendo le loro gesta , queste potrebbero divenire esempio di scelleratezza, piuttosto che di virtù. Tradimenti, follia, leggerezza, potrebbero essere queste le testimonianze da questi eroi lasciate, piuttosto che coraggio, altruismo. E ciò che può far riflettere è come nel caso di Teseo, Perseo, Giasone, Bellerofonte, l’atto che macchia le loro imprese giunga alla fine, quando ogni pericolo è superato, quando l’opera è compiuta. Nel momento in cui viene accolta pone al confronto di una profonda contraddizione, che obbliga ad un radicale ripensamento dell’eroe, che può aiutare ad illuminare aspetti oscuri dell’archetipo da cui emana. Il fatto di accettare con difficoltà le mancanze di questi eroi, i loro tradimenti, le loro menzogne è effetto stesso dell’archetipo che prende, affascina abbaglia. L’emozione, gli affetti possono far cadere anche l’eroe preda del lato oscuro dell’archetipo, dice Jung a proposito del mito di Edipo:”Edipo, credendo di aver trionfato della Sfinge,…attraverso la soluzione di un enigma di semplicità infantile, cadde vittima proprio a partire da quel momento dell’incesto patriarcale. Così si produssero le conseguenze tragiche che sarebbero state evitate se Edipo si fosse lasciato intimidire dall’Apparizione minacciosa della Sfinge,…ignorava che l’intelligenza dell’uomo non è mai all’altezza dell’enigma della sfinge”. L’eroe non è perfetto, e la sua maturità e grandezza non sta nelle gesta che compie, ma nella consapevolezza del proprio limite e del proprio destino. L’eroe in genere non sceglie la prova a cui è chiamato, il compito gli è assegnato, o comunque non si batte per trarre un vantaggio immediatamente personale. ( Perseo salva Andromeda, per restituirla ai genitori). L’atto eroico non attiene alla volontà dell’Io, ma vede sempre sullo sfondo l’altro, in effetti il significato greco della parola heros è quello di proteggere. Inoltre,  il vero atto eroico consiste nella consapevolezza dell’eroe che lui non è padrone del proprio destino, dei propri successi; la gloria può svanire da un momento all’altro, e del proprio limite , le imprese ben riuscite testimoniano dell’impossibilità del singolo di compiere l’impresa individualmente, il confronto non è mai a due , tra eroe e mostro, ma troviamo sempre l’intervento di un terzo, sia essere umano o entità divina, Perseo nell’uccisione di Medusa è aiutato da Atena, mentre Edipo che apparentemente solo sconfigge la Sfinge , cade in trappola. Ed ecco allora che quegli aspetti discordanti osservati negli eroi greci, trovano un nuovo senso: illuminano l’ambivalenza del simbolo , avvertono del rischio di cadere in un atteggiamento troppo eroico ; sì che l’eroe da salvatore , protettore diviene generatore di catastrofi. Anche in ogni essere umano alberga un onnipotente eroe, desideroso di gloria, insofferente delle ingiustizie, caparbio, smanioso di salvare il mondo, dimentico dei limiti talora anche delle promesse, orgoglioso insofferente delle regole, ribelle, il complesso dell’eroe si attiva ed obnubila la coscienza.

In conclusione il mito di Narcisio si differenzia dagli altri miti e gesta di eroi perché gli altri, ad esempio Teseo ecc.. compiono interamente il loro processo: giungono all’individuazione.

 

Bibliografia

  • “Dizionario di Mitologia greca-romana” di A.M. Carassiti ed.
  • “Freud e la psicoanalisi” di C.G. Jung ed. Newton
  • “I miti greci: dèi ed eroi in omero” di R. Graves Vol. I Vol. II ed. Longanesi&C.
  • “La dinamica dell’inconscio” di C.G. Jung Op. Vol VIII ed. Boringhieri
  • “La ferita dei non amati” di P. Schellenbaum ed. Red
  • “La libido, simboli e trasformazioni” di C.G. Jung ed. Newton
  • “La grande Madre” di E.Neumann ed. Astrolabio
  • “Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia” di C.G. Jung e K.Kerènyi ed.    Universali Bollati Boringhieri
  • “Puer Aeternus” di J. Hillman ed Adelphi
  • “Saggi sul Puer” di J.Hillman ed. Cortina Raffaello
  • “Tre saggi sulla teoria sessuale” di S. Freud ed. Boringhieri