Autore: Dott. Claudio Scarabelli

vedi Sito Internet dell’Autore psicologiainmovimento.com

 

Mi capita spesso, parlando con dirigenti o genitori di piccoli e grandi atleti, che a un certo punto, qualsiasi argomento si stia trattando o di cui si stia discutendo, emerga la domanda: come si fa a tenere alta la motivazione di un atleta?

La domanda ovviamente non ha una risposta semplice, forse ancor più difficile è farla apparire (la risposta) esaustiva. Innanzitutto dobbiamo distinguere fra motivazione intrinseca e motivazione estrinseca. In entrambi i casi, quando parliamo di motivazione, potremmo per semplificare definirla come la spinta che abbiamo a fare qualcosa.

La prima, quelle intrinseca, scaturisce dall’intimo dell’individuo, in quanto è impegnato in una attività che lo gratifica, che lo fa sentire competente, che è in linea con la propria idea di persona e con i propri ideali, valori e bisogni.

Quella estrinseca invece è generata dalla risposta del contesto sociale alle nostre azioni: una ricompensa, un riconoscimento (anche economico), una lode, una gratificazione affettiva ma anche una punizione. Motivare non è un processo lineare, un do ut des. Non esiste la formula magica, la parola magica da dire per motivare qualcuno.

Motivare è un lavoro di ricerca. Di ricerca dei bisogni dell’altro. Occorre innanzitutto mettersi in sintonia con i bisogni della persona che ci sta davanti, con la storia che si trascina dietro, per capire quali obiettivi intende darsi e raggiungere per poi affiancarlo nella stesura di sottobiettivi e nella programmazione di comportamenti finalizzati al raggiungimento dei propri scopi.

La figura dell’allenatore in questo senso può essere molto motivante, in questo percorso di affiancamento, sostegno e individuazione di obiettivi sia individuali che di squadra. Ogni atleta, poi, a un certo punto deve metterci del suo, decidere con che impegno perseguire i propri obiettivi e con quale costanza. E alla fine, in questo processo, dobbiamo essere fortemente consapevoli che il buon percorso svolto non è garanzia di successo, ma ogni successo nasce sicuramente da un buon percorso.

Sarebbe forse più semplice avere la pillola della motivazione, la formula magica o la parola magica per risolvere i problemi. Ma perderemmo tutto quello di bello che c’è nella fase della ricerca del risultato, della fatica, del sudore e del rischio dell’insuccesso, nel misurarci con noi stessi e con gli altri. Alla fine ne nascerebbe una motivazione slavata, impoverita e priva di gusto.