Autore: Dott. Pier Pietro Brunelli e Dott. Cosimo Aruta

vedi Sito Internet dell’Autore http://www.albedoimagination.com/04/2013/2738/

 

La ‘Medicina’ che si Estrae dal Veleno della Rabbia

La rabbia è una bestia pericolosa, anche perché può essere molto umana… gli animali la vivono in modo istintivo, naturale, invece negli umani essa può essere pervasa da pensieri e sentimenti malefici e malati. Ippocrate, il primo grande e mitico medico  individuava l’agente somatopsichico della rabbia nella bile gialla, connessa anche al colera, parola dalla quale viene poi la parola collera. La collera è rabbia che viene dalla ‘pancia’, quindi dall’organismo psicosomatico, da un ‘virus’ che infetta gli intestini della psiche, per essere terapizzata occorrono strumenti ‘bioenergetici’, comunque capaci di influenzare la relazione corpo-mente (di ciò parlerà il Dr. Cosimo Aruta – psicoterapeuta bioenergetico – nella seconda parte di questo articolo).

Tuttavia vi è anche una ‘ragione naturale’,  non malata e funzionale,  della rabbia umana come un’emozione evolutiva, volta ad opporsi al male e alla prepotenza. Aver subito ingiustizie come individui o come comunità non si riduce all’impotenza vittimista quando l’indignazione diviene rabbia e dà la forza di ribellarsi. La storia dell’umanità si è evoluta anche grazie alla rabbia che ha fatto vincere la paura al fine di opporsi al dispotismo, alle dittature, alle ingiustizie più brutali. La rabbia infatti è antitetica alla paura, fa in modo che il timore dell’oppressore, per quanto esso sia spietato, possa essere affrontato. Perciò l’ira di Achille consente di non aver paura… ma ciò non deve trasformarsi in guerra, in violenza, in distruttività egoistica, prepotente, vigliacca. D’altra parte c’è una vigliaccheria anche nel reprimere la rabbia, o nel distaccarsi da essa, in una sorta di ignavia.

Non sempre chi s’arrabbia ha torto; il vile non va in collera mai. (Niccolò Tommaseo, Pensieri morali, 1845)

La ‘giusta rabbia’ aiuta a non cadere in stati depressivi, sensi di colpa e di vergogna. Perciò la rabbia è un’emozione che aiuta coloro che subiscono ingiustizie a causa dell’iniquità sociale; ad esempio chi attraversa una difficoltà lavorativa ed economica, è disoccupato, è stato licenziato, se è sorretto dalla rabbia – oltre che dalla consapevolezza circa l’ingiustizia che subisce a causa di un sistema disfunzionale quanto brutale – non cadrà nella disperazione, con il rischio di sviluppare fantasie suicidarie che tragicamente possono essere messe in atto.

Di solito gli uomini quando sono tristi non fanno niente; si limitano a piangere sulla propria situazione; ma quando si arrabbiano, allora si danno da fare per cambiare le cose. (Malcom X)

Arrabbiarsi non vuol dire però esercitare violenza distruttiva, vuol dire innanzitutto provare un’emozione distruttiva, che può essere espressa senza violenza fisica, ma con il linguaggio (violenza verbale, gestuale). In effetti anche per esercitare una protesta non violenta e civile è necessaria una certa rabbia di fondo. Esemplare in tal senso la ‘piccola grande opera’ di Stephane Hessel: Indignatevi! (2011) ottenendo il coinvolgimento di milioni di persone in tutto il mondo contro le ingiustizie del nostro tempo. In questo caso la rabbia, dissinescando i suoi aspetti puramente distruttivi, ha consentito di generare un’energia capace di pensare nuove forme di protesta e di aggregazione, nuove idee ri-costruttive e non solo distruttive, così che vi possa essere una più efficace rivalsa attraverso una rabbia generativa e non sterile e addirittura controproducente, oltre che pericolosa.

Dunque un’emozione distruttiva, quando viene elaborata e ‘terapizzata’ con mezzi e tecniche appropriate, rivela il  suo obiettivo ri-costruttivo, il ché, comunque non necessita la distruzione diretta di qualcosa che non va, quanto il suo superamento, ottenendo così maggiori vantaggi. Se conosciamo come commutare la rabbia verso qualcuno o qualcosa in modo che ci dia un guadagno piuttosto che dare solo un danno all’altro, avremo ottenuto maggiore soddisfazione. Ciò non vuol dire necessariamente rinunciare ad arrabiarsi, ciò può avvenire, ma nel modo giusto, che è tanto più possibile quanto più avremo distillato dal veleno della rabbia una ‘medicina interiore’ che ci arrichisce. A riguardo della ‘rabbia giusta’ vanno ricordate le parole di Aristotele.

Tutti sono in grado di arrabbiarsi, è facile, ma arrabbiarsi con la persona giusta, con la giusta intensità, nel modo giusto, nel momento giusto e per un giusto motivo, non è nella facoltà di tutti e non è un compito facile (Aristotele).

Allora se impariamo a prendere dalla rabbia qualcosa che ci serve per stare bene piuttosto che soltanto a vendicarsi e a danneggiare saremo senz’altro capaci di esprimere la ‘rabbia giusta’. Tuttavia si può opinare che non sempre e non tutti riescono ad arrabbiarsi e quindi molti subiscono l’ingiustizia con sentimenti rassegnati e depressi, persino di colpa e di vergogna. Bisogna allora, attraverso un’analisi, ‘scavare’ sotto le frustrazioni, i cali di autostima, il senso di impotenza e recuperare quel veleno della rabbia che, se è elaborato ed espresso anche con una consapevolezza psicofisiologica e bioenergetica può aiutarci davvero a stare meglio, e ad acquisire una nuova consapevolezza di se stessi.

Talvolta la rabbia può essere manipolata e mobilitata a favore di cause propagandate come giuste, – guerre giuste – seminando odi e dissidi verso nemici comuni costruiti con la diffamazione, la calunnia, e con lo scopo di ottenere consenso, dominio, interessi. Esprimere la rabbia in modo ingiusto, è una difesa contro la depressione, perciò questa può essere manipolata propagandando occasioni -mascherate di giustizialismo – affinché si manifesti. I proclami di guerra mirano ad esaltare la rabbia e spesso vengono accolti da coloro che se ne servono come difesa ‘sbagliata’ antidepressiva. Ecco allora che negli stadi e nelle questioni di traffico stradale, ad esempio, la rabbia viene espressa, non solo come sfogo per un aggressività repressa, ma anche come difesa contro la depressione e contro la paura.

Anche nelle famiglie e nei luoghi di lavoro può manifestarsi una rabbia eccessiva, espressa e provocata con scuse e motivazioni varie, quando lo scopo è proprio quello di ‘attacar briga’, generare tensione, poiché in tal modo ci si difende dalla paura e dalla depressione, ci si sente ‘vivi’, sebbene si possa generare un logoramento psicologicamente ‘mortale’.

La rabbia rende coraggiosi, e induce una sorta di manicalità anti-depressiva, ma purtroppo si può essere accecati dalla rabbia, i suo vapori avvolgono, il ‘sangue va al cervello’ e il ‘cervello vede sangue’… in tal senso la rabbia si avvicina alla morte… tuttavia sta in noi direzionarla verso la vita, dobbiamo allora comprenderla più a fondo e imparare ad orientarla, elaborarla e ‘viverla’ nella sua naturale funzione ri-creativa e ri-vitalizzante. Quando ci sentiamo arrabbiati dobbiamo considerarci come portatori di una centrale energetica alquanto abbondante, dobbiamo imparare ad usarla bene e ciò genererà una soddisfazione speciale. La rabbia è un veleno che sentiamo di voler usare contro qualcuno o qualcosa, ma se invece la usiamo per distillare una ‘medicina interiore’, ciò ci rende più forti e capaci di ottenere un  giusto riscatto (importante per l’autostima), e di esprimere la rabbia in modo giusto, per una giusta soddisfazione.

La rabbia potrebbe essere repressa, rimossa, occultata in qualche ‘zona d’ombra’ dell’inconscio. Ciò genera un penoso senso di frustrazione e  impotenza, al fine la rabbia può rivolgersi inconsciamente contro se stessi, con un calo dell’autostima e poi anche con uno stato depresso e con disturbi dell’umore.

Ma  la rabbia, sia che venga manipolata, repressa, o abitualmente espressa a causa di un carattere impulsivo o collerico, può anche esplodere in modo inappropriato, con conseguenze  assai pericolose. La rabbia può essere agita con acting out (passaggio inconsulto dall’ideazione all’atto)o anche con premeditazioni aberranti, fino a diventare rabbia criminale, agita con piani e macchinazioni delinquenziali.

Ci si arrabbia perché si sente di essere stati feriti, offesi, umiliati, ma spesso la reazione rabbiosa può diventare squilibrata e micidiale, fuori controllo, spropositata e sproporzionata.

La rabbia per motivi passionali, per giunta ancorata a credenze e convinzioni misogine, misandriche, omofobe è un fenomeno agghiacciante che, tuttavia, cova nelle patologie di Eros e invade i deliri di gelosia, le fantasie di vendetta e di rivalsa, la brama di possesso. In questi casi la rabbia diventa  un veleno di odio e di livore che trae le sue origini dal mondo infero di Eros, dal lato oscuro dell’amore e delle passioni.  E’ alquanto insufficiente la ricerca di un antidoto, se ci si limita alla condanna, allo sgomento e alla solidarietà che accompagna orrendi fatti di cronaca, che colpiscono quotidianamente soprattutto le donne.   Non basta neppure acuire le misure di sicurezza e di dissuasione con l’inasprimento delle pene e della criminalizzazione. E’ necessario anche ‘terapizzare la rabbia’, fare in modo che essa venga riconosciuta ancorché è repressa, o fantasticata, così che possa essere elaborata e finanche convertita in un’energia ricostituiva e riequilibrante. Non la si può quindi semplicemente neutralizzare e reprimere è necessario convertirla entro un campo espressivo terapeutico.

In termini psicoanalitici il vero profondo bersaglio della rabbia che si esprime nelle relazioni amorose, anche quando si esprime in modo ‘naturale’ – come litigio, alterco, ‘incazzatura’… trae  la sua linfa da esperienze affettive alquanto pregresse, e cioè dall’infanzia.

Dice Hugh Jackman (attore australiano):

Quando avevo otto anni i miei genitori si sono separati. Sono rimasto con mio padre e i miei quattro fratelli, tutti più grandi. Ma io volevo mia madre. Anche se la odiavo per avermi abbandonato. Mi sono chiuso in me stesso, mi nascondevo da tutti, non parlavo più. Ma il vero momento di crisi è arrivato qualche anno più tardi. Mi sentivo sempre fuori posto: in famiglia, a scuola, all’università. Ero un ragazzo molto arrabiato. Ce l’avevo con la vita, con mio padre, con tutto.

La rabbia che si prova verso un partner, per un abbandono, per gelosia, per rivalità, a prescindere dal suo acuirsi o dal suo restare repressa, deriva da questioni inconsce, regressive, legate ad una rabbia primaria che si è vissuta nell’ambito parentale, dalle prime cure materne, alla relazione con il padre, i fratelli, e l’ambiente socio-educativo. La rabbia che il bambino è incapace di esprimere e di elaborare viene rimossa, e il rimosso può poi ritornare, riemergere in una relazione passionale adulta. D’altra parte se non agisse una rimozione vi sarebbero difese nevrotiche e psicotiche più gravi, di carattere psicotico, dissociativo, autistico, schizoide. Da ciò deriverebbero anche i disturbi di personalità inerenti la sfera delle relazioni affettive, di carattere narcisistico, borderline, isterico-istrionico e finanche psicopatico/antisociale. Ma a prescindere dalle etichette psichiatriche diciamo che la rabbia è tanto più cattiva, quanto più ha un sottosuolo inconscio che non è stato bonificato. L’afflizione e il dolore dell’abbandono, o di un male subìto nell’infanzia, possono tradursi  in rabbia malefica entro quadri più o meno  nevrotici, psicotici o psicopatici. Da ciò può svilupparsi la ‘cattiveria’ che ha motivazioni inconsce, ma anche obiettivi consci, per cui il soggetto trasforma la rabbia in cattiveria al fine di trarre vantaggi per sé a discapito degli altri, in modo egoistico, prepotente, delinquenziale. Quindi seppure vi sono ragioni profonde per le quali si diventa cattivi, queste non possono essere considerate come giustificazioni, in quanto provocano dolore e sofferenza negli altri.

La cattiveria nasce da sentimenti negativi come la solitudine, la tristezza e la rabbia. Viene da un vuoto dentro di te che sembra scavato con il coltello, un vuoto in cui rimani abbandonato quando qualcosa di molto importante ti viene strappato via.

(Ryū MurakamiTokyo soup, 1997)

Affinché la rabbia non generi cattiveria va terapizzata. Chi sente di essere arrabbiato deve evitare di diventare cattivo, pur avendo ragione di essere arrabbiato ha bisogno di elaborare e orientare la sua rabbia in modo giusto e legittimo, altrimenti passerà dalla parte del torto, il suo bisogno di giustizia lo porterà a distruggere e ad essere distrutto dalla sua stessa ingiustizia. Bisogna usare la rabbia prima di essere usati da essa. Nel veleno della rabbia c’è anche un principio curativo – ciò è tipico di quasi tutti i farmaci che spesso si traggono da sostanze velenose –  ed è questo principio che bisogna distillare con corrette metodologie e tecniche, per guarire e per avere una vera giustizia.

Bisogna dunque analizzare la rabbia, studiarla e non considerarla semplicemente come una cosa negativa da reprimere o dalla quale si finisce con l’essere posseduti.

Melanie Klein aveva individuato come la rabbia nei neonati e poi nella prima infanzia sia una componente essenziale dello sviluppo psicologico ‘normale’ (si vedaAggressività, angoscia, senso di colpa(1927/1952). I bambini vivono fantasie di rabbia devastanti, praticamente psicopatiche, che la Klein indica come ‘schizoparanoidi’ nella dinamica ‘seno buono’ – ‘seno cattivo’. La madre viene vissuta dal neonato come buona quando soddisfa tutti i suoi bisogni, ma se il neonato avverte anche solo un minimo disagio, ad esempio un mal di pancia, una sensazione di fame o di sete, non immediatamente soddisfatta si arrabbia e odia la mamma ritenendola ‘cattiva’ e fantastica di punirla e di distruggerla. Poi però, in uno sviluppo normale subentra la ‘fase depressiva’, per cui il neonato si pente della sua distruttività verso la madre e vuole ‘riparare’ . Si tratta di un conflitto evolutivo ‘normale’ tra odio e amore che può lasciare tracce più o meno importanti, e talvolta psicopatologiche, nel carattere di un individuo e quindi con pesanti conseguenze nella vita adulta, quando ad esempio la fase schizoparanoide viene rivissuta inconsciamente nei confronti di un partner.

Il bambino ‘normale’ vive intensi sentimenti di rabbiosa gelosia e invidia verso i genitori. I problemi nascono quando questo normale esperire la rabbia viene bloccato o punito eccessivamente o in modi ambigui. Ogni bambino piccolo, a causa delle sue normali frustrazioni biopsichiche, nutre un certo odio verso chi ama, e questo genera senso di colpa, bisogno di essere punito e al fine nuova rabbia. Fortunatamente, attraverso il gioco il bambino può ‘abreagire simbolicamente’ la sua rabbia, cioè farla emergere dal rimosso, dal tentativo di repressione senza sfogo, e dargli invece un sfogo distruttivo/creativo, ovvero che  consente anche un’ elaborazione e una riparazione con lo sviluppo di sentimenti d’amore e il superamento del senso di colpa. In effetti il senso di colpa nasce e si radica nell’inconscio quando si è provato un forte odio verso le persone amate – i genitori – colpevoli in misura maggiore o minore di non aver compreso i bisogni affettivi del bambino. Al fine di uscire dalla spirale di rabbia e senso di colpa i bambini distruggono giocattoli, fanno a pezzi le bambole, si divertono a mettere in scena mostri e aggressioni che hanno una violenza inaudita, ed in tal senso possiamo comprendere anche la funzione psicologica delle fiabe, piene di divoramenti, rapimenti, tormenti, assassinii, malefici che, tuttavia sono necessari affinché il pathos si risolva e si rivaluti nel lieto fine.

Ma i miti e le fiabe insegnano che il demone della rabbia è anche una forza sovrapersonale, che non dipende solo dal proprio vissuto individuale.  La rabbia ha una radice archetipica che è parte dell’inconscio collettivo nel quale è immerso ogni inconscio individuale. Nei termini della psicologia archetipica di Hillman (che rielabora la psicologia junghiana) possiamo dire che si viene invasati dalla rabbia come se questa fosse un’entità, una ‘personizzazione’ che aleggia da sempre nell’anima del mondo, e che quindi può impossessarsi dell’inconscio e della volontà degli individui. La rabbia divampa tra gli esseri umani e poiché in ogni essere umano c’è una polveriera, un deposito di armi di distruzione di massa, può accadere e accade che una miccia si accenda e faccia saltare tutto. D’altra parte è necessario che vi sia uno sfogo, che quindi qualcosa possa esplodere, ma ciò dovrebbe diventare una sorta di ‘motore a scoppio’,  deve cioè avere una funzionalità vitale evolutiva, piuttosto che mortale e regressiva. D’altra parte la psiche umana ha bisogno naturalmente anche di patologizzare, di regredire, di soffrire affinché possa costituirsi, possa vivere… tuttavia se il patologizzare diventa rabbia cattiva, che fa male ad altri in modo ingiusto e delinquenziale essa va terapizzata sul nascere, diagnosticandola come un sintomo che non è solo segno di malattia, ma anche di una salute che può essere recuperata.   Tuttavia spesso accade che lo sfogo non è possibile perché la rabbia resta repressa nell’inconscio al punto che la persona non riesce a riconoscere che prova rabbia, non la sente, ma questa c’è e genera frustrazione, calo dell’autostima e quindi depressione. In buona sostanza la rabbia non riconosciuta ed elaborata si trasforma in subdola rabbia verso se stessi, fa sentire ‘sbagliati’, difettosi, e persino negativi, e quindi insicuri e depressi.

” DIO NON E’ DEBOLE…E’ GIUSTO ” ( disegno di Vito Vitulli )

Ricordiamo tutti la rabbia di Gesù quando cacciò i mercanti dal tempio. Era una rabbia ‘sacrosanta’, appunto, ma anche ben diretta e ben espressa, utile, giusta, sana. L’ira di Dio e degli dei, ha una funzione riparatoria, fondativa, demiurgica, terapeutica. Fu la rabbia di Dio verso le trasgressioni di Adamo ed Eva, che ci condannò ad essere mortali, ma in ciò essa ci rese anche umani, consentendoci la scelta di una coscienza e di un regno dell’anima che è terra di mezzo tra la natura e lo spirito, tra gli animali e gli dei.  Arrabbiarsi è divino, ed è animale, ma gli umani possono confrontarsi con la rabbia in modo differente, ovvero, entro certe condizioni di conoscenza, possono cedere alla rabbia distruttiva, oppure possono arrivare a riconoscerla e a orientarla in una direzione costruttiva e, finanche terapeutica. Può diventare essenziale in una psicoterapia che un paziente riconosca la sua rabbia e gli venga fornita una possibilità di esprimerla (abreagirla) in modo simbolico e bioenergetico. Anche le diverse forme di arte terapia, teatro terapia, psicodramma possono consentire questo tipo di espressione che consente di ‘abreagire’ la rabbia, cioè di farla riconoscere ed emergere dal ‘rimosso’, dai condizionamenti censori dell’infanzia, come dai vissuti attuali. La rabbia allora può diventare risanante, giacché questa è la sua funzione naturale in senso evolutivo,  ma diventa pericolosa quando la si soffoca e la si sente spingere dentro di sé come una’energia che può divenire furente e devastante. La rabbia è come il vapore di una pentola a pressione che serve a cuocere del buon cibo, ma la pentola ha bisogno della valvola di sfogo e di determinati parametri di sicurezza, altrimenti diventa una bomba. Non è la rabbia in sé dunque che è pericolosa, è pericolosa quando non viene compresa ed espressa nel modo corretto e funzionale.

In buona sostanza non arrabbiarsi mai, dichiararsi ‘inarrabiabili’paventa comunque un’energia temibile, tanto più quanto viene repressa e occultata sotto forma di una strana gelida calma, una imperturbabile disumanità. Le persone troppo tranquille possono risultare un po’ inquietanti, come se avessero qualcosa di strano, e, in qualche modo sembrano non volersi assumere alcuna responsabilità, sono reticenti ad ogni autocritica, all’autoironia, a comprendere bonariamente le debolezze altrui e di se stesse ed esprimono una qualche ‘vibrazione antilibidica e diserotizzante’.

E’ alquanto difficile e imbarazzante avere a che fare con continuità e vicinanza con qualcuno che sembra non possa arrabbiarsi mai, sopratutto è assai improbabile che si assestino sentimenti di amicizia e di fiducia profondi e duraturi, in quanto accogliersi, comprendersi, vuol dire accettare entro certi limiti l’aggressività dell’altro e in modo reciproco.

Come Erich Fromm osserva nel suo celebre saggio Anatomia della distruttività umana, (1973)e così anche   Konrad Lorenz in Il cosiddetto male, (1963) l’aggressività è fondamentale per lo sviluppo delle specie animali e nella natura/cultura umana,  ha una funzione evolutiva; cosa che si evince anche nel senso etimologico della parola ‘aggressione’,  che vuole dire ‘andare avanti’, in opposizione alla ‘regressione’: ‘andare indietro’. La pulsione di vita, e quindi la sessualità, presumono un’energia aggressiva condivisa tra i partners, capace di convertire in eccitazione ed eros. La rabbia è anche la conseguenza di una castrazione dell’aggressività sessuale, ma se è terapizzata in modo bioenergetico e simbolico può risvegliare l’aggressività necessaria alla pulsione sessuale. Anche l’affettività in una coppia si consolida nella misura in cui è possibile esprimere la rabbia, entro un contenimento che consente la conferma della fiducia e della relazione affettiva (vedi il testo che segue del Dr. Aruta).

La rabbia è un’emozione negativa quando si sviluppa in modo regressivo, ancorato a complessi infantili, o a fattori ideologici ed archetipici dai quali si viene posseduti, indemoniati, agiti in complicità con le spinte distruttive ed egoistiche dell’Io che invidia, manipola, umilia, deruba, violenta, uccide.

Affinché tutto ciò possa essere terapizzato in modo preventivo e trasformativo non è possibile disattivare la rabbia regressiva solo reprimendole, coercizzandola e deprecandola, bisogna invece attivarla nella sua naturale istintualità aggressiva, attraverso azioni simboliche e bioenergetiche che le consentono di esprimersi e quindi di prevenire e deviare intenti e fantasie più o meno disfunzionali, delinquenziali criminose.

Ecco come l’ironico Charles Bukowski ci fa riflettere sulla rabbia:

La maggior parte della gente era matta. E la parte che non era matta era arrabbiata. E la parte che non era né matta né arrabbiata era semplicemente stupida. (Charles Bukowski, Pulp, 1994)

Siamo quindi giunti ad un paradosso che vale la pena approfondire e praticare nella ricerca e nella clinica: la rabbia per essere curata deve essere impiegata come energia che cura.

Se provi rabbia verso qualcuno o qualcosa prova a parlarne con uno psicoterapeuta e in modo più specifico consultati per la possibilità di seguire una terapia bioenergetica. La rabbia può diventare un’emozione pericolosa, fino a provocare azione orrende, persino verso chi si ama e si crede di odiare…  Ciò può distruggere la vita di altri  e la tua, lentamente, inesorabilmente, covando una tensione costante e serpeggiane, oppure può scoppiare in pensieri e  azioni incontrollabili, micidiali quanto disumani e mostruosi, che si verificano come accessi improvvisi o anche come vendette premeditate e deliranti.

Lunghi stillicidi di sofferenza strisciante, nonché orrendi delitti e conseguenti castighi possono essere evitati se  si capisci più profondamente cos’è  la rabbia, da dove viene, perché c’è in noi e intorno a noi, e se si impara a convertirla attraverso tecniche specialistiche in energia vitale, si potrà trovare una fondamentale via di crescita personale, di evoluzione e persino di gioia e amore.