Autore: Sara Bini
Mi piace molto la storia etimologica della parola counseling. Viene dal verbo latino consulo-ĕre – traducibile in “consolare”, “confortare”, “venire in aiuto”- che a sua si compone della particella cum (“con”, “insieme”) e solĕre (“alzare”, “sollevare”). Quindi ‘sollevarsi insieme’ sia letteralmente come atto, che nell’accezione di “aiuto a sollevarsi”.
Chi, almeno una volta, non si è sentito ‘atterrato’ dalla vita, sopraffatto dalle circostanze, alla ricerca di una mano tesa in segno di aiuto? Parlo di persone ‘normali’, con vite più o meno funzionanti che a un certo punto s’imbattono in una crisi, in un cambiamento inaspettato, in una domanda di senso.
Il counseling ha un ampio raggio di applicazione. In linea generale, si può dire che si occupa del quotidiano, di come affrontare la vita e i problemi di ogni giorno con più saggezza e più serenità, con nuovi strumenti o più semplicemente con nuovi occhi. La mia counselor, durante il mio percorso con lei, diceva ‘Il counseling è un tipo di riflessione che ammorbidisce la spigolosità del quotidiano e aiuta a condividere quelle domande o quei discorsi che altrimenti ci faremmo da soli in camera o davanti a un muro”.
Il counselor può quindi sostenerci riguardo a un problema concreto (mancanza di lavoro, separazione da un partner, difficoltà a prendere una decisione) intervenendo con delicatezza su quegli aspetti un po’ infelici o inefficaci della nostra comunicazione, interna ed esterna. A volte basta semplicemente aprire lo spiraglio a una visione e a una percezione diversa della realtà per rimettere in moto la nostra vita, per farla diventare più fluida, gioiosa, fragrante.
Questa operazione allo stesso tempo così delicata e meravigliosa richiede uno spazio e un tempo protetti, salvaguardati dal fragore e dalla frenesia della vita odierna. Per cui lo studio del counselor e il tempo dell’incontro diventano manifestazione tangibile di quello spazio interiore che pian piano impariamo ad aprire in noi stessi: uno spazio di silenzio, pace e rielaborazione del proprio vissuto. E’ lo spazio ‘sacro’ che ci permette di crescere, di porsi delle domande e lasciar affiorare le proprie risposte; è il laboratorio personale in cui trovare soluzioni, strategie alternative, contattare nuovi sentimenti e nuovi pensieri.
In un momento storico caratterizzato dallo sgretolarsi delle vecchie certezze, da un isolamento crescente, dall’ottundimento e dal mascheramento delle relazioni, forse diventa vitale recuperare un po’ di sana umanità, reimparando l’arte dell’incontro con sé stessi e con la vita che ci circonda.
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