Autore: Dott.ssa Claudia Belloni

 

Vorrei parlarvi di una mia paziente, R. 30 anni, due figli, di 1 anno e 3 anni ,e un compagno che passa molte ore fuori casa per lavoro.

R. racconta di un rapporto conflittuale col figlio più grande in quanto ha un carattere fortemente oppositivo e che è incapace di tollerare la minima frustrazione. R. si sente in colpa per la sua incapacità di accettare il carattere capriccioso e problematico di questo bambino in quanto si sente “esausta e rassegnata”. La paziente racconta inoltre di rivivere, durante i conflitti con il piccolo, le stesse emozioni da lei vissute nell’infazia con la propria madre. Questa mamma accompagna al disagio psicologico anche una forte sudorazione e spossatezza fisica che le ricordano quando, durante i suoi primi anni di vita, la madre tornava stanca dal lavoro e viveva con insofferenza il dover prestare attenzione alla figlia, investita anche da grosse problematiche economiche e personali. R. come figlia, si è sempre sentita poco amata e pensa di non aver avuto le attenzioni di cui aveva bisogno durante la sua infanzia. Questa figlia diventata a sua volta madre è spaventata dalla consapevolezza che sta riproducendo verso il proprio figlio lo stesso  modus operandi che la madre ha avuto con lei (e da lei vissuto come mancanza di amore) e dall’incapacità di spezzare questa catena di dolore. Si rende conto di mostrarsi troppo frustrata e stanca per lottare con i capricci del figlio, come faceva a sua volta sua madre verso di lei.

Anche per chi ha studiato tali relazioni è difficile dare buoni suggerimenti per la variabilità di fattori che esistono.

La psicologia ci insegna che ogni essere umano tende a riprodurre verso i suoi figli le stesse dinamiche familiari che ha acquisito e vissuto nel rapporto con la famiglia d’origine, anche se queste sono state negative; accade infatti che bambini violentati diventino a loro volta violentatori o figlie maltrattate sposino uomini che le maltrattano,ecc…

Quello che posso consigliare a R. è che non voglia essere per forza un super-genitore perché il genitore perfetto non esiste. Tutti noi vediamo i nostri genitori come degli eroi, infallibili e imbattibili, dovremmo invece accettare che sono prima di tutto essere umani fallibili e che commettono molti  errori cercando di svolgere al meglio il lavoro di genitore. Volendo imitare l’infallibilità dei nostri genitori spesso si cade nella sensazione di non essere all’altezza del ruolo e conseguentemente ci si fa investire dal senso di colpa. Il bambino avverte il disagio della madre e si ribella, per riportare l’attenzione positiva della mamma su di sé attraverso gli unici strumenti che possiede quali il pianto o il capriccio. Il suo scopo è il desiderio di essere amato accettato, protetto, capito, rassicurato e anche spinto in avanti in autonomia e in libertà.

La consapevolezza di riprodurre l’educazione ricevuta rende però, dal mio punto di vista, libero il genitore di cambiare, di trovare un’altra strada e un nuovo modo di porsi verso la sua nuova famiglia. L’essere umano ha la capacità di modificare i propri atteggiamenti se la motivazione al cambiamento è forte. Una mamma serena, che accetta i propri limiti e quelli della relazione con i suoi figli, è una mamma che trasmette sicurezza verso i propri bambini. Probabilmente quando la mamma accetterà la sua fallibilità e le sue caratteristiche umane, potrà avere un bambino che si fida di lei e che non avrà più bisogno di richiamare la sua attenzione,  per distoglierla dalla sua paura di non essere perfetta.