Autore: Dott.ssa Morena Romano

 

Le regole servono al bambino per sperimentare i propri confini, i limiti, il rapporto tra l’Io e l’Altro da me ed, in definita, infondono sicurezza e fiducia nell’ambiente che si tradurrà successivamente in autostima e sicurezza di sé.

I limiti fanno parte della  vita. In qualsiasi fase ci si trovi (dalla prima infanzia all’età adulta) è necessario attenersi a regole stabilite (all’interno della famiglia, della scuola, del posto di lavoro, ecc…). È fondamentale fare esperienza dei limiti, ma “nella giusta misura”. Darne troppi o non darne sono atteggiamenti opposti, che spesso possono essere dannosi per il bambino. Quando si pongono troppi limiti si rischia di ostacolare le necessarie esperienze dirette sulla realtà, fondamentali per sviluppare autonomia e competenze.

Non porre limiti, invece, impedirà al bambino di comprendere/interiorizzare ( “mettere dentro” la sua testa)  i confini tra ciò che è lecito e ciò che non è lecito fare.

Il bambino piccolo desidera andare, toccare, curiosare e non sa che non tutto ciò che vorrebbe fare è socialmente accettabile o comunque possibile (spesso il bambino non ha neppure il senso del pericolo…). Deve apprenderlo con il tempo, gradualmente.

Se il genitore interviene dando dei limiti al bambino, questo compito gli sarà facilitato.

Al bambino deve giungere il messaggio implicito che non deve avere paura dei suoi impulsi, dei suoi comportamenti perché questi sono controllabili. Quando un bambino sente di potersi controllare, cioè per esempio di sapersi fermare al momento giusto, di saper aspettare per ottenere qualcosa, si sentirà più sicuro e tranquillo.

Se al bambino, invece, viene permesso di fare ciò che desidera, soprattutto di avere un comportamento socialmente inaccettabile, il bambino stesso può percepirlo come negativo (pur non sapendo come fare per modificarlo), ed è quindi probabile che la sua ansia aumenti. Il fatto di non avere limiti mette il bambino in una condizione di difficoltà sul piano psicologico.

Favorire in maniera continuativa e costante una sana frustrazione che si attua attraverso un complesso equilibrio di soddisfazioni e attese, permette al bambino di

  • mentalizzare la possibilità che un bisogno non venga sempre soddisfatto, creando perciò le basi per il desiderio e la motivazione che saranno stimolo per le sue azioni future;
  • trovare le risorse per uscire dalla situazione negativa.

Quindi in definitiva la presenza di un adeguato apparato normativo che tenga conto dei bisogni e delle necessità individuali del bambino è fondamentale per lo sviluppo psicologico, cognitivo e sociale di ognuno di noi.

I genitori sono spesso combattuti tra il desiderio di non far provare una frustrazione al  bambino dicendo dei no,  e la percezione che sarebbe meglio impedire al bambino di fare ciò che desidera.

Si tratta di “quantità” : un bambino che sperimenta solo la frustrazione, come un bambino che viene sempre accontentato potranno soffrire sia durante l’infanzia, sia da adulti. La frustrazione in quantità modica (senza eccessi o “perversioni”), specie se argomentata quando il bambino diviene in grado di comprendere (“non si può perché…” , “sarà possibile farlo più tardi perché…”), aiuta il bambino a strutturarsi sul piano mentale.  Se il bambino sa che non tutti i suoi desideri possono essere  soddisfatti prova disagio e frustrazione, ma è anche spinto a usare le sue stesse risorse mentali per uscire dalla situazione di disagio. Proprio la scoperta dell’avere delle risorse per uscire dalle situazioni frustranti renderà il bambino sempre più sicuro. Il genitore deve sapere che la fatica che il suo bambino compie avrà una utilità per la sua crescita. Non è sottraendo il bambino a situazioni dolorose che lo si tutela. Abbiamo bisogno di sperimentare il dolore e la frustrazione per diventare capaci anche di tollerarli e di affrontarli. Per attrezzarci sul piano emotivo dobbiamo dotarci di un bagaglio interno, che viene acquisito in modo “doloroso”, cioè con una dose di sofferenza.

Le situazioni frustranti e dolorose devono essere commisurate all’età. Per un bambino di tre anni può essere frustrante per esempio uscire dal negozio di giocattoli senza un gioco che gli piaceva molto, così come risulta dolorosa la separazione dai genitori all’atto dell’inserimento alla scuola materna. Tuttavia queste sono situazioni che un bambino, sufficientemente attrezzato sul piano mentale, può tollerare e superare, scoprendo di essere capace di farlo e diventando a poco a poco sempre più forte (sul piano mentale), sicuro e quindi tranquillo .

Un genitore vorrebbe rendere la vita del proprio figlio migliore di quella che ha vissuto. Se ha avuto nella sua infanzia o fanciullezza situazioni che valuta  come particolarmente dolorose o faticose desidera che ciò non accada al suo bambino. Per questo può essere indotto ad accontentare il bambino o a fare per lui “perché è piccolo ed è giusto che sia lasciato tranquillo”. Pensiamo a cosa accade nella testa di un bambino il cui genitore tende a fare al suo posto (dal vestire il bambino, all’imboccarlo, al riordinare per lui i giochi che ha usato…). Il messaggio che il bambino riceve implicitamente (cioè non attraverso le parole, ma attraverso le azioni del genitore ) è che non è capace di fare e di imparare “tu non sei capace e io faccio per te”. Il bambino rischia perciò di crescere con questa idea di inadeguatezza e con una grande insicurezza: fragile dal punto di vista emotivo e incapace di tollerare la benché minima frustrazione.

È ansiogeno vedere che il proprio bambino sta tentando di imparare per tentativi ed errori e stare a guardarlo senza intervenire. È doloroso vedere un bambino triste per un no che gli è stato detto. È penoso lasciare a scuola il proprio bambino in lacrime. Quante volte capita di “star male” per un conflitto che si è avuto con i propri figli anche piccoli. Potremmo aggiungere tante altre situazioni che mettono a dura prova il genitore.

Se il genitore è convinto che queste esperienze possano essere utili per aiutare il bambino ad affrontare in modo migliore la realtà e per renderlo più sicuro e tranquillo, saprà anche tollerare la sofferenza e le difficoltà del proprio bambino.

L’avere dei limiti è quindi importante perché permette al bambino di avere dei “contenitori mentali” delle proprie esperienze. Lo star male, il dolore, l’angoscia, che fanno parte delle vita, sono più tollerabili quando ci sono questi contenitori che pongono dei limiti, quando si sa che si può andare alla ricerca di una soluzione o si hanno le risorse per affrontare (non necessariamente risolvere) le situazioni difficili. Al contrario non avere limiti rischia di far sentire le situazioni dolorose come travolgenti e non controllabili.