Autore: Dott.ssa Margherita Barbarito

 

L’accumulo compulsivo detto anche disposofobia[1] consiste in un bisogno ossessivo di acquisire (senza utilizzare né buttare via) una notevole quantità di beni, anche se gli elementi sono inutili, pericolosi, o insalubri. Si tratta della compulsione ad accumulare eccessivamente oggetti (hoarding) che la maggior parte delle persone butta o regala, come vestiti mai indossati, vecchi giornali e giocattoli rotti. Alcuni degli accumulatori raccolgono ossessivamente animali oppure categorie particolari di oggetti, per esempio tessuti. Molti li conservano in casa, altri in auto o in ufficio. Anche se le cose si accatastano una sull’altra, divorando lo spazio e lasciando solo stretti passaggi, gli accaparratori rifiutano di sbarazzarsi di alcunché. In alcuni casi,  non pensano che disordine e caos siano un problema.

L’accaparramento compulsivo dunque provoca impedimenti e danni significativi ad attività essenziali quali muoversi, cucinare, fare le pulizie, lavarsi e dormire.  Frost e Hartl (1996) hanno individuato alcune caratteristiche distintive dell’accumulo compulsivo:

  • acquisire, senza poi disfarsene, un gran numero di beni che appaiono inutili o di scarso valore
  • spazi vitali ingombrati in modo tale da impedire le attività per le quali tali spazi sono stati progettati
  • disagio significativo o menomazione nel funzionamento causati dall’accaparramento
  • ritrosia o incapacità a restituire oggetti presi in prestito; essendo i contorni non ben definiti, l’accaparramento impulsivo potrebbe a volte portare a cleptomania o furto.

Nelle sue forme peggiori, l’accumulo compulsivo può causare incendi, condizioni di scarsa igiene (ad esempio, infestazioni di topi o scarafaggi, lesioni inciampando nel disordine e altri rischi per la salute e la sicurezza. Gli accaparratori (hoarders) possono erroneamente credere che gli oggetti accumulati siano molto preziosi, oppure possono sapere che gli oggetti accumulati sono inutili, o possono dare un forte valore personale ad oggetti di cui riconoscono il poco o nessun valore che hanno per altre persone. Un hoarder del primo tipo può, ad esempio, esibire una collezione di posate sostenendo che le posate siano d’argento e madreperla, trascurando il fatto che sulla confezione vi sia scritto chiaramente che sono in acciaio e plastica. Un hoarder del secondo tipo può avere un frigorifero pieno di cibo avanzato scaduto da mesi, ma in alcuni casi resisterebbe con veemenza a ogni tentativo da parte dei familiari di buttarlo via. In altri casi lo hoarder riconosce la necessità di ripulire il frigorifero, ma non riesce a farlo, in parte perché sente che non ne vale la pena, e in parte perché sopraffatto dalle simili condizioni in cui si trova il resto dei suoi spazi vitali.

Nelle edizioni passate, il DSM considerava l’accumulo un sintomo del disturbo ossessivo-compulsivo (OCD). Ora, in seguito a una serie di ricerche ben confermate, il DSM-V lo classifica come un disturbo a sé stante. Gli studi pubblicati negli ultimi dieci anni hanno sottolineato che molti accumulatori non manifestano altri sintomi del disturbo ossessivo compulsivo e che nella popolazione generale l’accumulo potrebbe essere più comune dell’OCD. Altre indagini hanno suggerito che, sebbene OCD e accumulo patologico possano coesistere, sono geneticamente e neurologicamente distinti. Fra i genitori e i fratelli di accaparratori, per esempio, vi sono tassi di accumulo patologico più elevati che nei parenti di primo grado di persone con disturbo ossessivo compulsivo; inoltre l’accumulo sembra essere ereditato come carattere recessivo, mentre il controllo compulsivo e la sistematicità che caratterizzano l’OCD sono dominanti. Infine, anche se alcuni antidepressivi, come gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), e la terapia cognitivo-comportamentale spesso aiutano chi soffre di OCD, hanno molto meno successo nel cambiare i comportamenti di accumulo. Anche gli studi di neuroimaging suffragano la nuova diagnosi. Hanno rivelato che quando gli accumulatori prendono decisioni su cosa tenere e cosa buttare, la loro attività cerebrale è nettamente diversa da quella delle persone con OCD e delle persone senza disturbi mentali. Hanno bisogno di molto più tempo per fare una scelta e mostrano una maggiore attività nella corteccia cingolata anteriore, un’area cerebrale che ha un ruolo importante nel processo decisionale, e nell’insula, che aiuta a interpretare le nostre emozioni e le nostre risposte fisiologiche. Gli accumulatori patologici, a quanto pare, sviluppano un forte attaccamento emotivo verso oggetti che la maggior parte delle persone non esita a buttare.