Autore: Prof. Marcello Buiatti

 

Nell’era Moderna invece l’obiettivo degli umani è diventato in parte indipendente dalla vita, in quanto puntava sulla capacità di meccanizzazione, per cui i personaggi ammirati e vincenti sono diventati gli imprenditori in genere e gli industriali in quanto capaci di produrre “oggetti” vincenti sul mercato. E’ nel periodo “Moderno” della nostra specie che il simbolo della “soddisfazione” è diventata la tecnologia mentre le scienze e in generale la conoscenza, fonti delle strategie di adattamento precedenti, sono state almeno parzialmente messe da parte in quanto “producono poco denaro”.

Un esempio paradigmatico della applicazione diretta della ideologia  meccanica è stata la cosiddetta “rivoluzione verde”, un progetto su scala mondiale lanciato dalla F.A.O., emanazione dell’ONU che puntava sulla riduzione della fame nel Mondo ottenuta selezionando varietà di piante e razze animali “ottimali” e cioè completamente omogenee a prescindere dalle condizioni ambientali, sociali ed economiche dei contesti in cui venivano coltivate ed allevate. Si insegnava allora ai selezionatori di formulare a tavolino progetti di piante ed animali ottimizzando i caratteri uno per uno e dimenticando quindi la “ Legge delle variazioni correlate” di Darwin, che giustamente affermava che i diversi caratteri degli esseri viventi diversamente da quanto avviene nelle macchine, non sono indipendenti uno dall’altro ma interattivi per cui il cambiamento di uno di essi modifica in modo imprevedibile anche gli altri ad esso collegati.

La ottimizzazione proposta dalla F.A.O, significava di fatto la distruzione della variabilità considerata “non ottimale” e non teneva in conto la necessità della variabilità necessaria per la vita delle varietà e razze che potevano trovarsi in ambienti diversi fra loro. La risposta a una serie di risultati negativi delle varietà omogenee e quindi non provviste della necessaria plasticità, fu purtroppo la utilizzazione di materiali e pratiche non-vitali come l’uso di macchine, sostanze chimiche di ogni genere, tutti strumenti mortali per gli agroecosistemi. Il risultato di tutto questo fu inizialmente positivo tanto che il numero di persone sotto il limite di sussistenza diminuì dal 1980 fino al 1995 in particolare in Asia e America latina ma non in Africa, ma in seguito aumentò di nuovo rapidamente fino ai nostri tempi in cui sono più di un miliardo e cento milioni le persone che non hanno cibo sufficiente. Contemporaneamente, la stessa FAO calcola che sia stata perso il 75% della variabilità delle piante, il che di fatto impedisce il futuro aumento delle derrate alimentari. Ancora peggiore è stato il risultato della estremizzazione della rivoluzione verde e cioè la produzione di piante , come si dice, geneticamente modificate mediante l’inserimento di geni batterici nel genoma, che è totalmente fallita visto che solo quattro specie vegetali ( mais, soia, colza e cotone) sono state “ingegnerizzate” con solo due geni che modificano due caratteri. Queste piante, prodotte alla fine degli anni “80 e immesse sul mercato nel 1996, pubblicizzate come se fossero miracolose, hanno inciso negativamente sulla produzione di cibo invece di aumentarla. Questo è avvenuto perché delle quattro specie in questione (mais, soia, cotone e colza) solo il mais è importante in alcune zone della America latina mentre la soia viene usata come mangime per il bestiame, il cotone non è edule e il colza serve solo a fare olio per friggere. Sappiamo molto bene adesso la ragione di questo fallimento epocale che deriva dalla presenza di interazioni imprevedibili fra il gene introdotto e il metabolismo delle piante, fra le piante modificate, l’ambiente agricolo e le società contadine in cui sono state introdotte dalle multinazionali produttrici spesso con la forza, distruggendo le agricolture preesistenti. Ho di proposito citato il fenomeno di queste piante dal nome famoso di OGM, perché sono un po’ il simbolo degli errori derivanti dalla “Utopia” della crescita infinita delle produzioni industriali, dimostratasi impossibile dati gli imprevisti effetti negativi della meccanizzazione del Pianeta che non tiene conto degli effetti delle interazioni con il contesto, come dimostrano anche gli ultimi dati sul cambiamento climatico che rischia di distruggere le nostre vite e quelle del resto della Biosfera.

Nel caso degli OGM, come ho scritto, é stata proprio la natura complessa dei sistemi viventi che ha limitato a pochissime piante e solo due caratteri modificati i risultati delle multinazionali Monsanto, Dupont e Syngenta. Queste imprese hanno infatti rinunciato a cercare nuovi e più efficienti metodi di modificazione delle piante e hanno ripiegato sugli investimenti finanziari introducendo un sistema di brevettazione industriale degli esseri viventi secondo il quale , se si inserisce un gene in una pianta non solo questa ma tutta la discendenza è coperta da brevetto e lo stesso avviene per i possibili prodotti dell’incrocio con altri tipi di piante che comunque lo conterranno. In altre parole, con questo tipo di brevettazione tutti i “materiali” che contengono il gene sono utilizzabili solo pagando le royalties alla impresa che ha effettuato la prima trasformazione. Conviene qui sottolineare che questo accorgimento non sarebbe stato sufficiente se le multinazionali non avessero brevettato altri strumenti necessari alle agricolture cominciando dagli additivi chimici (le multinazionali nascono come industrie chimiche) e allargandosi in tutto il Mondo fino a comprare e possedere l’acqua come è avvenuto in un Paese che ne è ricco, il Kasakhstan.  Va chiarito qui che queste ed altre imprese dei nostri tempi hanno usato e usano contemporaneamente una altra potentissima arma “virtuale” e cioè la pubblicità continua dei prodotti che può modificare on positivo di per sé stessa l’aumento dei valori delle azioni in borsa. Per fare un esempio di questo processo, quando persone note e rispettate, come avviene nel nostro Paese con un notissimo oncologo e uno studioso della storia della medicina, affermano che “ora verranno nuove piante che sconfiggeranno il cancro”, immediatamente lo stock exchange reagisce positivamente.

Purtroppo non sono davvero solo le imprese che hanno a che fare con la agricoltura che usano queste strategie virtuali e non legate in alcun modo alla utilità dei loro prodotti, ma molte altre come ad esempio le grandi multinazionali farmaceutiche, aiutate come le prime dalla infiltrazione nelle organizzazioni internazionali come la stessa Organizzazione Mondiale della Salute che dovrebbe controllare la validità dei prodotti farmaceutici.  Tutte queste considerazioni ci dicono che l’umanità, tragicamente aggrappata al dogma della crescita infinita risultata impossibile, si sta spostando verso un nuovo livello di alienazione dalla materia viva sostituendo una economia virtuale definitivamente staccata dai bisogni reali degli esseri viventi a quella reale che almeno inizialmente era stata iniziata per migliorare le vite individuali e collettive degli esseri umani.

Per tutto questo la nostra scala di valori è ulteriormente cambiata e ora gli esseri umani che contano non sono più né quelli che hanno molti beni materiali che li aiutano a vivere né che producono strumenti e macchine che vengono venduti e comprati per la loro qualità e utilità per vite buone, ma semplicemente quelli che sanno giocare in borsa, scambiare non più soldi per beni materiali ma per altre monete  che assicurano un ritorno maggiore. Sono da molto tempo passate le agricolture ormai dimenticate come fonte di reddito e sono senza dubbio meno importanti anche le industrie e il Mondo è adesso governato da pochissime persone che hanno in mano le leve della finanza travestita da economia e fanno il buono e cattivo tempo in tutto il Pianeta.

Appare ovvio che in questo nuovo mondo gli interessi degli esseri umani si siano spostati dalle vite alla loro virtualizzazione e si é sempre di più dimenticato il “bene-essere” mentre le diseguaglianze fra etnie, classi, sessi, non sono più considerate un problema e perdono continuamente importanza i concetti etici che riguardano la vita tutta e non solo quella umana. Non è a caso quindi che la produzione reale delle industrie non si sia fermata e continui la invasione del Pianeta con macchine di ogni tipo, si acceleri il suo accelerato inquinamento, mentre inevitabilmente aumenta la velocità con cui si accentua il cambiamento climatico come attestano i rapporti dello IPCC sempre più preoccupanti e diventa sempre più chiaro che è proprio l’impatto umano che lo produce. Si potrebbe dire che siamo passati dallo “Anthropocene”  (W.Steffen et al. 2007)  entrando in una fase che possiamo chiamare “Virtualcene” dato che ci siamo dimenticati della nostra carne , del nostro sangue e, ahimé, vista la situazione in cui ci troviamo, della importanza dell’uso della nostra capacità di pensare per rilanciare le vite vere nostre e degli altri abitanti di questo Pianeta. Questa una breve e succinta storia della evoluzione umana, diversa da quella del resto della vita sulla Terra descritta a grandi linee. Resta ora da fare uno studio approfondito, dei modi con cui è avvenuta la “discesa” della nostra specie, assolutamente necessario per comprendere i meccanismi che la stanno provocando e poi tentare se possibile una inversione di tendenza fondamentale per la nostra sopravvivenza. Questo lavoro è in corso di stesura in un e-book ormai pronto e che andrà in rete fra poco scritto da Renato Cecchi un sindacalista e ambientalista con il quele ho sempre collaborato e colaboro ancora.

 

 

Bibliografia

  • M.Buiatti, 2013, Evolution and alienation of Homo sapiens, Euresis Journal, 4: 11-56
  • M.Buiatti, 2013, GMOs are the result of a mechanistic vision of life, Caen, France, University Press, in the press
  • Darwin, Ch. 1872,The origin of species
  • F.Giddings, 1903:The Economic Significance of Culture: Franklin H. GiddingsSource: Political Science Quarterly, Vol. 18, No. 3. 449-461
  • Jablonka, E., M.Lamb,2004, “Four dimension evolution”/ MIT Press/
  • H. Jonas, 1979, Das Prinzip Verantwortung. Versuch einer Ethik für die technologische Zivilisation
  • W. Steffen, P. J. Crutzen, John R. McNeill, 2007, The Anthropocene: Are Humans Now Overwhelming the Great Forces of Nature, AMBIO: A Journal of the Human Environment:614-620