Autore: Dott.ssa Laura Salmoiraghi

 

L’esperienza dell’essere genitore e madre e del prendersi cura /curare è da secoli attribuito alla donna che è intesa come “portatrice naturale” di tali competenze.

L’essere madre oggi però non ha la stessa valenza che aveva 100 anni fa; come del resto il significato stesso di donna è diverso, se non altro pensando al significato di genere. Tuttavia rimane nella mentalità comune tale aspettativa, la donna e la madre vengono caricate di un peso sociale tale da rendere difficile e sospetta qualsiasi ulteriore attenzione (anche se orientata alla salute anziché alla patologia) nei suoi confronti. La maternità è un viaggio di “apertura” in senso lato della persona: ci si apre ad una nuova vita che materialmente passa dal canale uterino, dal corpo della madre e alla quale dobbiamo “fare spazio”. Se questo viaggio lo pensiamo in senso simbolico/metaforico possiamo intuire l’importanza che questo ricopre nell’esperienza umana (non solo della donna). Anche adottare un bambino ha la stessa valenza metaforica, fare spazio ad una nuova persona ed anche ad una persona nuova. Non solo dobbiamo riflettere sui valori che da sempre vengono attribuiti alla donna come doti naturali ma anche come questi sono vissuti da ciascuno e dalla società. Cosa significa per me dare alla luce e crescere un figlio? Quali competenze ho e quali opportunità mi offrono il welfare e la società tutta? Quanto sento di essere appoggiata veramente dal mio compagno o padre del mio bambino?

Quale responsabilità sono in grado di prendermi per far sì che una nuova vita, ma sopratutto una persona nuova cresca più serenamente o forse meglio dire più felice o forse ancora, più integrata* possibile? Quali competenze pratiche e quali competenze emotive ho o penso di avere per riuscire ad essere una buona madre? Cosa mi spinge ad essere madre? Quali criticità posso trovare nella trasformazione della mia vita con l’arrivo di un figlio?

Purtroppo la società oggi non ci aiuta di certo a compiere questo bellissimo , o perlomeno avventuroso, viaggio dentro di noi. Certamente noi donne oggi abbiamo la possibilità di essere più consapevoli delle nostre scelte ed anche aver più autonomia nel prendere delle decisioni rispetto alla nostra vita: io credo che sia per questo che oggi le donne fanno sempre meno figli, perché sono più consapevoli del viaggio che stanno per intraprendere o che hanno intrapreso. Credo che il valore di crescere una vita nuova (cioè aperta al cambiamento come nessuna persona adulta) abbia come doppia faccia, come controparte, il peso di una responsabilità molto grande nei suoi confronti sia essa rispetto alle scelte educative quanto rispetto a quelle di salute , stile di vita, prospettive sociali e morali all’interno della società di oggi. Siccome siamo o possiamo essere molto informate su tutte queste scelte, la responsabilità si ingigantisce con la stessa proporzione. I temi da portare all’attenzione sono tanti, proviamo a riflettere su un presupposto fondamentale quale l’ospedalizzazione della nascita con tutto ciò che ne consegue.

La Perdita della naturalità del parto come perdita della nostra intimità affettiva.

La Ospedalizzazione equivale a dire la Medicalizzazione della nascita e della persona fin dall’inizio della vita e il suo condizionamento in senso lato e nel profondo della vita nuova che accogliamo.

Quanto pensiamo che le nostre scelte influenzino il destino di nostro figlio/a? Anche da questo dipenderanno le nostre scelte!

Sempre di più oggi abbiamo le prove di quanto alcuni interventi medici influenzino il benessere e la salute dei nostri figli (il ruolo dell’OSSITOCINA durante il parto, I vaccini esavalenti etc…)

La perdita della naturalità di alcuni eventi importanti come la nascita porta anche ad una sottrazione di valore alla capacità della donna di ascoltarsi e seguire ciò che sente, essere utile e importante per sé.

Oggi più che mai è attuale il tema della valorizzazione della donna e del mondo politico e sociale “al femminile”, ma come possiamo promuovere un cambiamento così importante della nostra società se non diamo la giusta importanza alla nascita e alla maternità? Come possiamo pensare di cambiare la testa delle persone se fin da quando nascono le ingabbiamo in schemi e vincoli (affettivi, soprattutto che non possono dare loro possibilità di scelta?) Quale educazione , ma soprattutto quale libertà emotiva possiamo costruire per nostro figlio/a?

Come possiamo pensare di cambiare in meglio la società se “costruiamo” persone affamate d’affetto e alla ricerca di bisogni primari/primordiali come la protezione inconsapevolmente cercata e ostinatamente negata attraverso la negazione della paura che alberga dentro di noi? Forse non ci sarebbero tanti attacchi di panico oggi!

Questa libertà emotiva di cui parlo è ciò che da altri viene chiamata intelligenza emotiva e cioè come la intendo io, la capacità di potersi muovere nella vita, nel mondo, con la sensibilità e la consapevolezza necessarie per costruire una società migliore e un benessere personale dal quale questa ipotetica società non può prescindere.

Nella maternità, nel parto e nella genitorialità sono racchiuse le chiavi del possibile cambiamento.

Naturalmente la società androcratica, gli interessi economici, delle case farmaceutiche se si parla di salute, dei grandi supermercati, se si parla di alimentazione, della logica di mercato in genere, non facilitano un processo di cambiamento ma ci spingono invece ad una omologazione e inquadramento sociale che è anche affettivo, mentale ed emotivo.

Qualcuno ha detto che dobbiamo imparare a vedere ciò che c’è invece di ciò che non c’è e questo è un pensiero paradigmatico per la psicologia, ritrovare e costruire senso divengono quasi la stessa azione per la donna, per la madre, per il genitore e per il bambino/a che diamo alla luce e che aiutiamo a crescere.

Vedere ciò che è dentro di noi (e dentro gli altri attraverso il filtro che siamo noi stessi) è poter vedere le possibilità, le potenzialità, la forza, le risorse, e quindi anche la fragilità, le perdite di senso, le paure, gli errori che abbiamo commesso.

Ritrovare la fiducia in sé stessi e nel proprio Sentire ci rende in mano la nostra vita e ci rende vivi.

Mai come nel momento della Maternità abbiamo bisogno di ritrovarci attraverso strumenti complessi e delicati come un gruppo di sostegno e condivisione nel quale possiamo specchiarci negli occhi degli altri e fare spazio dentro di noi alle cose importanti per noi che rischiano di andare perdute; di essere inascoltate per lungo tempo e di perdere quindi tante opportunità di benessere e cambiamento che questo particolare momento della vita ci offre.

Forse questo è un primo passo importante che tante donne e mamme stanno facendo per innescare un cambiamento non solo dentro di sé ma nell’intera società che quasi sempre sfugge al proprio compito di sostenere e aiutare la donna in questo momento della vita, secondo l’ottica che abbiamo appena descritto.

*L. Rispoli, ”Psicologia Funzionale del Sé” , Astrolabio; Roma 1993