Autore: Dott.ssa Morena Romano

 

Il concetto di alessitimia è stato elaborato da Nemiah e Sifneos, i quali analizzando i pazienti affetti da malattie psicosomatiche hanno osservato difficoltà a descrivere i propri sentimenti ed emozioni, tanto da non averne consapevolezza, associata ad una attività fantastica povera.

Altre ricerche hanno permesso di individuare ulteriori caratteristiche di questa che potremmo definire una vera e propria sindrome:

  • Difficoltà a descrivere ed identificare le proprie emozioni
  • Difficoltà nel distinguere tra sentimenti e sensazioni corporee legate all’attivazione emotiva
  • Processi immaginativi e attività onirica limitati
  • Stile cognitivo concreto, orientato verso l’esterno
  • Stile lessicale privo di intensità emotiva e mancanza di riferimenti a vissuti emotivi
  • Rigidità psicomotoria e povertà nel repertorio mimico-gestuale
  • Iperadattamento e tendenza al conformismo
  • Tendenza a sviluppare relazioni superficiali o per contro di dipendenza
  • Scarsa capacità di contatto con le proprie emozioni e tendenza a rispondere a eventi stressanti con comportamenti impulsivi o inadeguati (ad esempio uso eccessivo di cibo, alcool o altre sostanze)
  • Tendenza ad accusare disturbi fisici di fronte a situazioni di disagio psicologico
  • Commorbilità con tratti isterici ed ossessivi

L’alessitimia può rappresentare lo sfondo premorboso di molte patologie di tipo organico come i disturbi cardiovascolari, respiratori, gastrointestinali  e dermatologici, in quanto l’incapacità di riconoscere ed esprimere adeguatamente le proprie emozioni potrebbe favorire una involuzione di tali stati emotivi ed una loro “scarica” diretta sul corpo.

Gli organi e le funzioni fisiologiche divengono ricettacolo e veicolo di emozioni e sentimenti che non sono debitamente riconosciuti, di comunicazioni mai formulate, di desideri e pulsioni inespresse perché considerate inaccettabili, di rabbia e dolore che non ci si consente di provare.

Inoltre l’alessitimia può favorire lo sviluppo di patologie psichiatriche quali l’alcoolismo, la tossicodipendenza, i disturbi alimentari, la depressione, l’iponcondria e i disturbi d’ansia, che hanno tutti come unico comune denominatore quello di essere “valvole di sfogo” per emozioni ingombranti che non si riescono ad accettare, elaborare, esprimere.

I diversi autori che si sono occupati di questa sindrome non sono giunti ad una spiegazione eziologica comune, tuttavia essa potrebbe essere causata da un trauma emotivo precoce che ha indotto l’individuo ad erigere forti barriere nei confronti del dolore escludendo allo stesso modo tutte le altre emozioni.

McDougall ipotizza altresì che l’alessitimia sia causata da difese psicologiche primitive che proteggono da angosce di perdita di identità che hanno origine nel rapporto con la madre. A tali difese, egli ha dato il nome di FORCLUSIONE, poiché si manifestano attraverso una cancellazione delle emozioni dalla coscienza, lasciando alla persona un senso di vuoto e di mancanza di contatto significativo con se stesso e con gli altri: l’unico modo che ha di esprimere il proprio mondo interiore è attraverso il corpo mediante quella che viene definita la RISOMATIZZAZIONE DELL’AFFETTO.

Come possiamo intuire, l’alessitimia è un “male grave” in quanto lascia la persona amputata della sua parte migliore e più vera: le emozioni.

Ma riprendersi quella parte non è impossibile! Poiché non  è andata perduta…è lì da qualche parte, nascosta, seppellita, sotto il dolore, sotto la paura atavica dell’annichilimento, della morte.

E’ possibile ritrovarla solo attraverso un attento lavoro su di sé…accurata scoperta di ciò che siamo e di che cosa sentiamo, arricchendo la nostra vita o magari iniziando a viverla veramente!