Autore: Dott.ssa Emanuela De Bellis

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I problemi alimentari di cui soffrono i bambini sono molto diversi da quelli sperimentati dagli adolescenti a dagli adulti, molto più conosciuti attraverso i mass media.

Esiste un grande numero di disturbi alimentari individuati in bambini anche molto piccoli (3-4 anni) che hanno cause diverse, diverse caratteristiche, e necessitano di differenti forme di trattamento.

Esistono molte varianti del comportamento alimentare normale che possono preoccupare pur non essendo un vero problema: ad esempio, nella fase pre-scolare troviamo manie alimentari, alimentazione selettiva, alimentazione restrittiva; quali di questi comportamenti devono suscitare preoccupazione? La differenza tra disturbo alimentare e condotta disfunzionale, sebbene netta nell’ambito della psicodiagnosi, rimane sfumata nella vita di tutti i giorni: tra un’alimentazione sana ed equilibrata e un disturbo alimentare permane un’enorme area grigia, i cui contorni restano sfocati. Ogni variazione alimentare di per sé è un fatto transitorio, ma più il cambiamento persiste più esiste la  possibilità che diventi problematico, soprattutto se è associato a vissuti emotivi spiacevoli (Tullini, Righi, 2008).

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I sistemi diagnostici utilizzati per l’infanzia  non hanno finora fornito sufficiente spazio ai disturbi alimentari: se la Classificazione Diagnostica 0-3 (specificatamente rivolta alla fascia 0-3 anni) parla di pattern di regolazione, evidenziando gli aspetti legati alla relazione genitoriale, e propone tre categorie diagnostiche (anoressia infantile, difficoltà di crescita non organica e obesità infaile), il DSM IV cita solo due disturbi (pica e ruminazione) solitamente associati a riutardo mentale, e include il resto in un generico “Disturbo della nutrizione dell’infanzia e della prima fanciullezza”, senza evidenziare il rapporto tra alimentazione e aspetti emotivi e relazionali.

I dati statistici, però, cominciano a diventare allarmanti: è stato stimato infatti che il 25% dei bambini con un normale svilupo psicofisico può presentare un problema alimentare (Benoit, 2000), laddove per problema alimentare si intenda uno dei disturbi riconosciuti; tale percentuale per forza di cose aumenta se ci si riferisce a condotte alimentari disfunzionali in senso più lato.

Se da un lato condotte di deprivazione, quali  il rifiuto intenso e persistente del cibo o il vomito ricorrente, associate a difficoltà di crescita, costituiscono tra il 4 e il 14% delle visite ambulatoriali e circa l’1-5% dei ricoveri ospedalieri, dall’altro il numero di bambini che presentano iperalimentazione e conseguente sovrappeso continua a crescere: da una ricerca dell’Istat del 2000, nel Lazio la percentuale di bambini obesi è del 24,7%.

Al bisogno di una classificazione più adeguata risponde la G.O.S. (Great Ormond Street Hospital) di R. Bryant-Waugh & B. Lask, che propone una dettagliata ed esaustiva lista di comportamenti alimentari infantili che vanno dai disturbi più gravi (come il Rifiuto Pervasivo) alle condotte disfunzionali più sfumate (come l’Alimentazione Limitata) o episodiche (Rifiuto del cibo); questa classificazione può risultare molto utile nel riconoscimento delle difficoltà alimentari del bambino, e se ne auspica sia l’utilizzo da parte dei pediatri che la diffusione informativa.

Ma qual è il legame tra condotta alimentare e regolazione emotiva?

L’alimentazione nella vita del bambino e la prospettiva post-razionalista

 

L’alimentazione rappresenta un aspetto rilevante nella relazione con il genitore: da un lato è uno dei primi contatti del bambino con il genitore, e quindi delle sue prime esperienze con il mondo, in termine di predittibilità e di sincronizzazione; dall’altro rappresenta una fonte di rassicurazione o di disconferma, per i genitori, delle proprie capacità di accudimento (Lucarelli, 2001). Nella relazione con il caregiver, il bambino trova nel corpo un sito privilegiato di comunicazione, in termini di sincronizzazione dei cicli di intimità che corrispondono, a livello fisiologico, a fasi di reciproca attivazione e disattivazione; in questo spazio intersoggettivo, il bambino comincia a “sintonizzarsi” sull’ altro, gettando le basi per la pre-comprensione. Allo stesso tempo, l’adulto, si pone  non solo come una fonte di consenso e di significato condiviso, ma anche come “partner di una risonanza combinata”, anch’esso, quindi, reattivo alla relazione. (Arciero, 2009). Ne consegue quindi che la preoccupazione destata da difficoltà alimentari, reali o percepite,  può scatenare comportamenti di caregiving disfunzionali che, a loro volta, vanno a complicare ulteriormente tali difficoltà, in un processo che sia autoalimenta.

Secondo la prospettiva post-razionalista, l’essere nel mondo è il risultato della dialettica tra ipseità ed alterità, un’alterità sempre presente in quanto costitutiva del se’; la dimensione pre-riflessiva di avvertirsi, di sentirsi collocati affettivamente nell’esistenza,  di ritrovarsi e di riconoscersi mentre si esiste si muove seguendo due inclinazioni, denominate Inward e Outward )[1].

Con la dimensione Outward dell’esperienza si riconosce la tendenza a co-percepirsi attraverso un maggiore riferimento ad un contesto ad una alterità incarnata od ideale.
Il disturbo alimentare, in questa  prospettiva, viene letto come un riposizionarsi del soggetto sul proprio corpo per allontanarsi da un’alterità, reale o percepita, pericolosa per la propria stabilità. La mancata riconfigurazione del vissuto doloroso sfocia quindi nella patologia.

Trasportando questa riflessione sulle condotte alimentari disfunzionali, riconduciamo quindi il nodo principale del problema a una scarsa capacità  di percepire e rielaborare gli aspetti emotivi; la disregolazione emotiva sfocia nella condotta alimentare disfunzionale o, peggio, nella psicopatologia vera e propria. Ne deriva che l’intervento psicologico precoce sia strumento indispensabile per affrontare difficoltà alimentari; diventa quindi fondamentale, in un ambito di prevenzione, di terapia, ma soprattutto, di educazione al  benessere, un lavoro sull’aspetto emotivo.

Auspicabile sarebbe, quindi, da un lato una maggiore informazione sulle condotte alimentari, dall’altro un’educazione all’ascolto emotivo già nella prima infanzia e, ancora una volta, una più stretta collaborazione tra pediatri e psicologi dello sviluppo, al fine di proporre un sistema di cura efficace per il bambino.

Nell’attesa della creazione di un sistema sanitario sinergico, ecco una lista dei comportamenti alimentari che devono destare allarme o per i quali sarebbe opportuno richiedere una conslenza:

  • Il bambino piange all’dea di dover mangiare in una situazione sociale (per es. nella mensa della scuola);
  • Il bambino mangia solo un alimento (pasta burro e parmigiano), o solo in determinate condizioni (con la televisione accesa, in un parco);
  • Il bambino si rifiuta di mangiare cibi con determinate caratteristiche sensoriali (cibi verdi, cibi gelatinosi, ecc);
  • Il bambino mangia solo alimenti caratterizzanti le merende, e non i pasti completi (per es. patatine, merendine, pizzette, ecc);
  • Il peso del bambino influisce negativamente sulle sue attività quotidiane (per es. non riesce ad alzarsi da terra senza appoggio, si stanca subito, ecc.

 

Bibliografia

  • Arciero, G., Bondolfi, G. (2009). Selfhood, Identity and Personality Styles. John Wiley & Sons, Ltd
  • Benoit, D. (2000).  Feeding disorders, failure to thrive, and obesity. In: Zeanah, C.H. (a cura di) Handbook of Infant Mental Health.
  • Confalone, C. (2002). Obesità infantile – Che cosa è l’obesità infantile. Redazione Ministerosalute.it.
  • Jacobi C., Agras S., Bryson S., Hammer L.D. (2003). Behavioral validation, precursors, and concomitants of picky eating in childhood.  J Am Acad Child Adolesc Psychiatry
  • Lucarelli, L. (2001). Disturbi dell’alimentazione. In: M. Ammanniti (a cura di) Manuale di psicopatologia dell’infanzia.
  • National Center for Clinical Infant Programs (1994). Classificazione diagnostica: 0-3. Classificazione diagnostica della salute mentale e dei disturbi di sviluppo nell’infanzia. Tr.it. Masson, Milano, 1997.
  • Stevenson, R.D., Allaire, J.H. (1991). The development of normal feeding and swallowing. Developmente and behaviour: the very young child.  Pediatr. Clin. North. Am., 38. Cit. In Lucarelli (2001).
  • Tullini, A, Righi, G. (2008). Quaderno 111: Progetto aziendale: percorso integrato per utenti con disturbo del comportamento alimentare. Servizio Sanitario Regionale Emilia Romagna.