Autore: Dott.ssa Luciana Bonaccorsi

 

Per la prima volta nel 1961 Boris Levinson, psichiatra infantile, enuncia le proprie teorie circa i benefici psico-fisici derivanti dalla compagnia di alcuni animali, limitandosi a sperimentazioni su solitudine, ansia, stress, depressione. Il termine pet therapy  indica una serie complessa di utilizzi del rapporto uomo-animale in campo medico e psicologico, nei bambini, negli anziani, in alcune categorie di malati, diversamente abili, pazienti ospedalizzati, pazienti psichiatrici e detenuti. La presenza di un animale scelto dai responsabili dei programmi di pet therapy risveglia l’interesse di chi ne viene a contatto, catalizza la sua attenzione, grazie all’instaurarsi di relazioni affettive e canali di comunicazione privilegiati con il paziente, stimola energie positive distogliendo o rendendo più accettabile il disagio di cui è portatore. Il contatto con un animale può aiutare a: soddisfare bisogni di affetto e sicurezza, migliorare le relazioni interpersonali offrendo spunti di conversazione e gioco, ammortizzare lo stress e la conflittualità, ipertesi e cardiopatici possono trovare vantaggio dalla vicinanza di un animale perché accarezzare un animale oltre ad aumentare la coscienza della propria corporalità interviene anche nella riduzione della pressione arteriosa e contribuisce a regolare la frequenza cardiaca, i bambini ricoverati in ospedale soffrono spesso di depressione ed alcune ricerche dimostrano che la gioia manifestata dai piccoli pazienti durante gli incontri con l’animale consentono di alleviare i sentimenti di disagio dovuti alla degenza, gli ospiti delle case di riposo hanno risposto con un generale aumento del buon umore e avendo dei contatti più facili con i terapisti, infine, le persone possono recuperare alcune abilità che  avevano perso. La soddisfazione di tali bisogni, necessaria per il mantenimento di un buon equilibrio psico-fisico è uno degli scopi della pet therapy, attraverso alcune attività assistite dagli animali (AAA) e terapie assistite dagli animali (TAA); la differenza consiste nel fatto che le TAA sono interventi che affiancano ed integrano le terapie mediche tradizionali.

Nel campo delle terapie assistite dagli animali dove le prove di un effettivo miglioramento dello stato di salute di alcuni pazienti si stanno  accumulando nella letteratura scientifica su pazienti colpiti da disturbi dell’apprendimento, dell’attenzione, disturbi psicomotori, nevrosi ansiose e depressive, sindrome di Down, sindrome di West, autismo, demenze senili di vario genere e grado, patologie psicotiche, ma anche a quanti necessitano di riabilitazione motoria come chi è affetto da sclerosi multipla o reduce da lunghi periodi di coma. L’intervento degli animali, scelti tra quelli con requisiti adatti a sostenere un compito così importante, è mirato a stimolare l’attenzione, a stabilire un contatto visivo e tattile, un’interazione sia dal punto di vista comunicativo che emozionale, a favorire la mobilitazione degli arti superiori, ad esempio accarezzando l’animale, o di quelli inferiori attraverso la deambulazione con la conduzione dell’animale dato che la sua presenza rende gli esercizi riabilitativi meno noiosi e più stimolanti.

La pet therapy in Italia è stata introdotta nel 1997 dalla proposta di legge presentata alla camera dei deputati da Piero Ruzzante e nel 2003 ad opera di Carla Castellani è stata fatta una seconda proposta legislativa per promuovere il contatto uomo-animale a fine terapeutico, il più importante riconoscimento dato alla pet therapy si ha sempre nel 2003 grazie al Decreto Sirchia che recepisce l’accordo tra il Ministero della Salute, le regioni e le province autonome, in materia di benessere degli animali da compagnia e pet therapy. Questo decreto identifica gli animali da utilizzare per la pet therapy tra gli “animali da compagnia” affermando che l’addestramento deve essere svolto da persone con specifiche competenze, inoltre, si prevede che le regioni e le province autonome possano valutare l’adozione di iniziative finalizzate ad agevolare il mantenimento del contatto delle persone con animali da compagnia, tanto di proprietà quanto utilizzabili per la pet therapy, oltre alla definizione delle cure, dei controlli e delle selezioni a cui devono sottostare gli animali impiegati in AAATAA viene vietata l’utilizzazione di animali selvatici, esotici e di cuccioli e si tiene sempre a mente il benessere dell’animale impiegato. Il testo sottolinea l’utilità sociale e terapeutica della pet therapy, promuovendo la progettazione e la realizzazione di tali attività presso strutture sanitarie. L’attenzione prestata a livello legislativo conferisce dignità scientifica e procedurale alla pet therapy in Italia, allontanando dalla pratica dell’anonimato e il “fai da  te” che negli anni precedenti avevano caratterizzato la natura delle attività svolte, contribuendo spesso a sminuire l’autentico valore.

Gli animali co-terapeuti negli interventi di pet therapy sono generalmente cani, gatti  e cavalli.

  • “Il cane è il miglior amico dell’uomo” : è l’animale che interagisce maggiormente con l’essere umano e che meglio di ogni altro stabilisce con l’uomo un legame intenso e duraturo. I cani sono in grado di leggere il linguaggio corporeo del soggetto e di percepire attraverso le secrezioni ormonali, i diversi stati emotivi dell’uomo. Il cane risponde con il contatto fisico, il gioco, le coccole, il calore e la vicinanza. I cani sono dei “catalizzatori” nel malato per la riscoperta della vivacità e la percezione di sensazioni benefiche.
  • I gatti sono preziosi co-terapeuti per le particolari dimensioni, la formidabile flessibilità del loro corpo agile e morbido, generalmente vengono tenuti in grembo sulle ginocchia. L’elemento più terapeutico e singolare è fare le fusa, attraverso di queste  il gatto rilascia le endorfine, particolari sostanze dotate di proprietà analgesiche e fisiologiche simili a quelle della morfina. L’ascolto delle fuse feline avrebbe un impatto calmante perché tra l’altro attiverebbe i neuroni che producono la serotonina, nota come “ormone del buon umore”.
  • Per quanto riguarda l’ippoterapia (TMC) o equitazione a scopo terapeutico, si può affermare che  ha origine empiriche antiche, perché  il cavallo, con le sue doti di sensibilità, adattamento e di intelligenza è ritenuto una “straordinaria medicina”. L’ippoterapia agisce grazie all’interazione uomo-cavallo a livello neuro-motorio e a livello neuro-psicologico. Il cavallo si muove alle varie andature con movimenti ritmici e prevedibili ai quali è più facile adattarsi, è un animale che genera sensazioni ed emozioni intense, la sua grande statura aiuta la presa di coscienza di sé e del proprio corpo ed offre sensazioni di protezione e autostima, possiede tutte le qualità (calore, morbidezza, odore, movimenti regolari, grandi occhi con sguardo intenso), necessarie a stimolare il processo di attaccamento fondamentale per lo sviluppo dell’essere umano, permette anche di essere gratificati offrendo cure e ricevendo manifestazioni di affetto da parte dell’animale.

In America un’attività frequente è la pet-therapy a domicilio, si tratta di interventi fatti presso le abitazioni o strutture in cui risiedono persone che hanno difficoltà a spostarsi, ad esempio: gli anziani, le persone diversamente abili, gli ospiti delle comunità di recupero e i detenuti. Questa modalità è un’occasione speciale per offrire i benefici di questa attività in una situazione di particolare disagio, perché nel contatto con l’animale determinate barriere vengono abbattute e le persone si sentono liberi da giudizi e critiche, di conseguenza il rapporto con l’animale diventa privilegiato e speciale. Al di là dell’ambito in cui la pet-therapy viene svolta, è importante tenere presente la quantità e il tempo opportuni degli interventi, per evitare che l’animale co-terapeuta  non subisca dei danni, dato che è stato provato scientificamente che gli animali provano emozioni e soffrono, proprio per mantenere una dignità finalmente conquistata verso questa co-terapia che apporta innumerevoli benefici.

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