Autore: Dott.ssa Francesca Broccoli

vedi Sito Internet dell’Autore http://www.francescabroccoli-psicologa.com/

 

“La rabbia è un segnale, al quale vale la pena dare ascolto.”

Harriet Lerner

Gli adulti non sono i soli a trovarsi in difficoltà di fronte alle forti espressioni di rabbia dei bambini. Molto spesso, sono proprio i bambini a spaventarsi della propria rabbia o a sentirsi inadeguati quando “esplodono”.
Così, dopo aver manifestato rabbia per qualcosa o qualcuno, il bambino si sente smarrito o in colpa o triste o ancora rivolge a se stesso la rabbia, convinto che non sia legittimo arrabbiarsi.

Un bambino, recentemente, mi ha raccontato un episodio di forte rabbia. Parlando di come si è sentito e di cosa ha pensato  in quel momento, ha detto di essersi sentito stupido e di ritenersi tale ogni volta che si arrabbia, proprio per il fatto che si arrabbia.
“Cosa diresti alla tua rabbia? Immagina di poterle parlare, che la tua rabbia sia qui ad ascoltarti: cosa vorresti che sapesse?” e lui mi ha risposto, senza esitare, che le avrebbe detto di andarsene subito, di darci un taglio.

La rabbia inevitabilmente c’è, c’è nella vita di tutti e anche di quel bambino, ma per lui è intollerabile. Non può permettersi di percepirsi arrabbiato, non c’è posto per la sua rabbia nel suo mondo.E’ incomprensibile quella rabbia e quindi inaccettabile.
Quel bambino percepisce bene che la sua rabbia è esplosiva, non è bene manifestarla, ma a forza di trattenere poi esce e sembra incontrollabile. Avendo appreso che tutto ciò che non è programmabile o che è conflittuale è pericoloso, grave e inaccettabile non può accogliere quel sentimento così forte, dirompente, “minaccioso”, non può di certo comprenderlo o pensare che qualcuno possa farlo. Non è una situazione facile da gestire per un bambino.

In questi casi, prima ancora di esplorare i significati che un’emozione può esprimere, è necessario parlare dello spazio che le emozioni, soprattutto quelle negative e più faticose, come la rabbia, possono abitare all’interno della famiglia del bambino.
Si può dire di essere arrabbiati? Chi può dirlo? A chi può dirlo? Come si può esprimere la propria rabbia? Se non è permesso dire e parlare della propria rabbia, allora si può agire? Chi si accorge di chi è arrabbiato e cosa fa? Forse non si può né dire, né agire?
Da dove proviene questo divieto? Come ha fatto un bambino a imparare che arrabbiarsi è stupido e che se ci si arrabbia bisogna vergognarsi di sè e di aver mostrato un comportamento inadeguato?


Ecco che allora, prima di parlare di cosa comunica quella rabbia e di come gestirla, è opportuno costruire uno spazio possibile e legittimo per tutte le emozioni, nella mente di tutti i membri della famiglia e quindi tra le relazioni. Questo è un passaggio fondamentale, per non illudersi che il bambino possa da solo “risolvere” un modo di stare in comunicazione e di regolare la comunicazione del suo ambiente di vita che, per definizione, non può essere di un solo soggetto, per di più quando bambino.

Quando non c’è posto per la rabbia in casa, il bambino non può che imparare che deve nasconderla, evitarla o trattarla come qualcosa di odioso o di estraneo a sè. Inevitabilmente allora la rabbia, compressa e inascoltata (oltre che sconosciuta al bambino) esplode travolgente oppure si trasforma in qualcosa di diverso, spesso diretto a sè, in sintomi fisici o in forme di autosvalutazione se non di autopunizione.

Se invece si concede il permesso di esistere anche alle emozioni più dolorose o difficili, si potrà scoprire che non sono così pericolose, che anche la rabbia è controllabile, che ha un inizio e una fine, quindi un limite e che non è distruttiva se la si accetta, conosce e riconosce come parte di noi, dotata di un senso.
Così i bambini potranno sentirsi più “interi”.
Successivamente la rabbia, legittimata a parlare, potrà raccontare di quel che spesso contiene o cela, che sono altre emozioni o sentimenti difficili da affrontare, perché spesso la rabbia ci protegge da qualcosa che può ferirci profondamente: la solitudine, l’impotenza, la sofferenza, la pressione ad adeguarsi a certe aspettative, ecc….come vedremo in seguito.