Autore: Andrea Benlodi

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Blue-Jasmine

Jasmine è stata adottata, lo apprendiamo subito durante alcune battute con la sorella, adottiva pure lei. Ma Jasmine è quella con “ i geni giusti” a dire della sorella, e cioè, non era ribelle con i genitori adottivi , era fra le due quella brava.

Il sentimento di svalutazione per essere stata abbandonata dai genitori naturali però è ben presente, tant’è che tenta di laurearsi in antropologia, cioè lo studio dell’essere umano da vari punti di vista (tentativo di capire qualcosa di sé?), ma all’ultimo anno interrompe gli studi, in quanto conosce Hal che le propone una vita di lussi sfrenati sposandola. Jasmine consegna/delega quindi la propria realizzazione al marito, non puntando sulle proprie forze attraverso il conseguimento del diploma di laurea. Il marito le offre una vita basata sul lusso che la ricompensa della povertà interiore causata dal mancato superamento del dolore dato dalla propria condizione di adottiva. Gli oggetti, i viaggi, i vestiti, i gioielli, le case in cui vive le creano un’immagine ufficiale/sociale di grande prestigio, un involucro dorato, che distolgono l’ attenzione di tutti, la sua per prima, da quella bambina che per farsi volere bene si adeguava passivamente alle regole della famiglia adottante. Il suo rifiuto del passato è evidente non solo in relazione al dilatato ed imbarazzato rapporto con la sorella Ginger, ritenuta troppo grezza e frequentatrice di “sfigati”, ma soprattutto nel suo cambio di nome da Jeanette a Jasmine, ritenuto più “conveniente“ nel nuovo ambiente. La figura della sorella, più ribelle, ma molto aderente alle proprie emozioni, rappresenta una minaccia per Jasmine, in quanto costituisce un modello di espressione del disagio e delle conseguenze di un’esperienza adottiva che lei stessa teme di scoprire. La forzata convivenza con la stessa, causata dal tracollo economico, la espone ad un confronto durissimo con se stessa, con la precarietà del proprio sé, che è crollato quando con il marito hanno perso tutto. Ginger in fondo ha un lavoro modesto, ma ne ha uno almeno, ed ha due figli, mentre Jasmine non ne ha generati, “adottando” quello che il marito ha avuto da una relazione precedente. Anche in questo particolare notiamo come la realizzazione dell’identità femminile ottenuta attraverso la maternità naturale venga repressa a favore dell’adeguamento alla situazione proposta dal marito, e questo avviene attraverso la ripetizione dell’esperienza di adozione a lei ben conosciuta… Jasmine però pare avere qualche sensibilità nei confronti della propria povertà interiore, tant’è che più volte compare come lei si dedichi ad attività di beneficienza verso i poveri (identificazione proiettiva?) raccomandando al figlio adottivo ed ai nipoti di essere generosi con le persone povere; questo però avviene in modo distaccato, cioè non troppo vicino da contaminarla, ricordandole chi era, ma nemmeno troppo lontano da essere ignorato. La scoperta del tradimento ripetuto da parte del marito, più volte intuito, ma mai approfondito, ma soprattutto l’amore da lui dichiarato nei confronti dell’ultima giovane amante, la getta in uno stato di panico totale; compaiono infatti i sintomi tipici dell’attacco di panico che si presentano ogni volta che una persona perde le proprie certezze, i propri punti fermi come nel caso dei lutti: non respira, il cuore esplode, è confusa . La scoperta della falsità del marito ha una duplice valenza che la getta nella disperazione:

a) implica la perdita di tutto l’involucro esterno, i beni materiali che le garantiscono una certa identità, senza la quale è nulla (non ha un titolo di studio, ne’ un’esperienza lavorativa);

b) la confronta con la “propria falsità”, con il diniego delle proprie emozioni nei confronti della propria vita. La reazione a questo evento è di rabbia cieca che scaturisce nella denuncia alla polizia delle attività illecite del marito, ed è così distruttiva da portarlo al suicidio in carcere. Jasmine attraverso questo gesto ha la possibilità di controllare attivamente, contribuendovi, il crollo della propria impalcatura che fino a quel momento era sorretta da Hal. Ha così l’impressione di non essere la sola a cadere, ma infligge al marito la perdita e la rovina che l’ abbandono da parte di quest’ultimo comporterà per lei. Il film ci mostra anche un’opportunità di “riscatto” che la vita offre a Jasmine attraverso l’incontro con un nuovo uomo. Tuttavia anche questa nuova relazione viene affrontata con lo stile falso, con il segreto rispetto al proprio passato ritenuto ancora una volta “indicibile”, che una volta scoperto dal nuovo compagno porta al tragico epilogo. Più volte nel corso del film vediamo la protagonista parlare da sola, forse in preda ad allucinazioni relative a momenti della propria vita da donna ricca. Sono momenti drammatici che inscenano il disperato tentativo di aggrapparsi ad un’identità fittizia che la metteva al riparo dalla consapevolezza del proprio vuoto interiore. Nell’ultima drammatica scena la vediamo infatti elegantissima ma con i capelli bagnati, in disordine, il volto sfigurato dal dolore, che si siede accanto ad una persona sconosciuta e a cui parla di eventi che l’ hanno coinvolta nella sua “vita precedente”, ultimo baluardo prima della prostrazione totale. Una frase emblematica compare nel trailer per spiegare le ragioni del suo tracollo, e che Jasmine comunica ai nipoti quando le chiedono la ragione di certi suoi bizzarri comportamenti, come il parlare da sola, appunto : “ c’è un limite ai traumi che una persona può sopportare prima di mettersi a urlare in mezzo alla strada”.