Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

vedi Blog dell’Autore http://pollicinoeraungrande.wordpress.com/2013/12/05/essere-e-avere-2002/

 

Forse non è a scuola che impariamo per la vita, ma lungo la strada di scuola.
Heinrich Böll

Locandina Essere e avere

Ci sono ragazzi che non si arrendono in giro, che non si fanno prosciugare i sogni dall’aria di rassegnazione che gira per il paese, meno male. Parlo dei giovani psicologi, futuri ma non solo, che a Torino organizzano lo Psicologia Film Festival dal 2009 e che quest’anno hanno avuto il coraggio di contattarmi per presentare insieme un film nella loro rassegna. Il risultato è stato un bell’incontro, realizzato martedì scorso, ricco di partecipazione e curiosità.

Di che film abbiamo parlato? Di “Essere e Avere”, un film semplice, in apparenza, ma dal titolo che fa scattare grandi pensieri, grandi rimandi, connessioni filosofiche, La verità, sulle prima,  è che si tratta di un film che inganna. Perchè? Perchè anche dove sembra il contrario, a partire dal titolo, è un inno alla semplicità così com’è. I due verbi che tanto fanno venire in mente E.Fromm non sono altro che i primi due verbi che si imparano a scuola. Visto? Facile.

E’ una caratteristica di questo film fare le cose semplicemente, ma farle, sia ben chiaro. Il film, del 2002, colpì moltissimo il fuori concorso del Festival di Cannes, dove fu presentato. Il suo regista  Nicolas Philibert , documentarista, ha sempre amato  mostrare azioni, persone che fanno, mettono in atto comportamenti e passioni, come quella per l’educare dell’insegnante del film.

La storia presenta uno spaccato della campagna francese ( siamo a Saint-Étienne-sur-Usson, centro della Francia), un mondo rurale dove il tempo è scandito dalla natura e dal lavoro ma non solo. Infatti, la comunità che impariamo a conoscere, vive anche attraverso il luogo fondamentale della scuola. Nel documentario, si racconta come un insegnante provi ad insegnare, di come dei bambini provino a imparare, di come una piccola società si rispecchi nel faticoso lavoro svolto in classe, di come ci sia un respiro alterno, dalla Scuola alla Comunità, dalla Comunità alla Scuola, con tutta la naturalezza possibile, con il passo lento del bestiame che attraversa le immagini.

Un posto piccolo come quello raccontato non ha posto per molte classi, ne fa una unica e l’insegnante, George Lopez, è tra loro, tredici bambini alle prese con i numero, il pensare, i verbi ma anche le relazioni, il diventare più grandi, la famiglia. La classe avanza con ferrea fede nel potere dell’educazione, tra le stagioni e le intemperie. L’insegnante è certo che la scuola è una palestra per portare non solo conoscenza ma anche etica e il sapere vivere insieme.

L’avventura di Imparare, la magia dell’Educare. Questo ci insegna il film, semplicemente, senza costruzioni retoriche complesse. La visione del film è stata arricchita dagli interventi e dalla riflessione del pubblico. Ci sono molti interrogativi sul perchè lì la scuola sembri un luogo felice e l’insegnante possa essere così sereno nel fare il suo mestiere, mentre capita che nelle scuole non sia sempre così. Il film ci porta a riflettere su come sia più naturale lavorare in un contesto dove si sia riconosciuti e dove le famiglie non facciano pressioni, ma siano collaborative con la scuola, si affidino al maestro e cerchino di creare con lui un’alleanza capace di renderli un fronte compatto nell’interesse dei ragazzi. Inoltre il potere dei bambini, grandi e piccoli insieme, capaci di rispettarsi, di stare insieme nonostante le differenze di età, anzi trasformando questa in un punto a favore, che spingesse i piccoli a “fare i bravi” per imitazione e i grandi a responsabilizzarsi aiutandoli.

Non ultimo è stato possibile ragionare su come può aver influenzato il contesto la presenza dell’Osservatore, (la cinepresa e la troupe che sono stati per mesi compagni di classe)  e su quanto sia diverso essere insegnanti autoritari o autorevoli. Resta chiaro in tutti, alla fine della proiezione, che la relazione e la qualità affettiva di questa, resta la risorsa, la differenza che aiuta e sostiene il tutto, dando significati positivi allo stare a scuola, al vivere insieme, al voler crescere. Educare non è solo somministrare nozioni, ma portare i ragazzi a ragionare, dare significato al percorso che intraprendono verso l’età adulta giorno dopo giorno, un atteggiamento rispettoso, definito ma affettivamente caldo, sostiene e rende incisivo il tutto. Peccato che, come sottolinea qualche insegnante in sala, non ce ne sia sempre il tempo e troppo spesso, la corsa al programma e la numerosità delle classi, impedisca a tanti insegnanti di poter lavorare con il giusto ritmo su aspetti affettivi e peculiari del singolo studente.

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