Una nuova ricerca condotta dagli psicologi ha scoperto che il rischio per la salute della solitudine e i benefici di forti relazioni sociali

 traduzione ad opera della Dott.ssa Antonietta Muccio

Ci è voluto un viaggio all’ospedale per Cathryn Jakobson Ramin, 56, per affrontare un’assillante preoccupazione che aveva avuto per anni: Lei non ha amici. “Io non ho una persona che potrebbe venirmi a prendere”, dice il giornalista Mill Valley, Calif., andato in ospedale per una piccola procedura medica.

Ramin ha molti amici – quelli conosciuti durante l’infanzia e nelle quattro città in cui ha vissuto da adulta – ma non vivono più nelle vicinanze. Lei ha anche un matrimonio solido, due figli adulti e una carriera di successo. Ma ha pochi amici locali che potrebbe chiamare in caso di bisogno – o per una semplice compagnia.

“A me piace la sensazione di sedermi nella cucina di qualcuno con una tazza di tea e dolcetti solo per fare due chiacchiere”, lei afferma, ammettendo di sentire un vuoto. “Questo per me è una parte della vita molto importante”.

Gli psicologi concordano. Mentre la ricerca sulle relazioni ha evitato le amicizie da adulti – tendendo a focalizzarsi sulle amicizie adolescenziali e le relazioni amorose adulte – l’importanza di forti relazioni sociali durante la vita ha guadagnato prestigio scientifico, essendo stato collegato con molti benefici come una maggiore tolleranza del dolore, un sistema immunitario forte, e un minor rischio di depressione e morte precoce.

“Per anni ed anni…le persone hanno congetturato che se ti sentivi solo o vivevi solo o eri molto solo, non avresti mangiato un buon pasto, non ti saresti esercitato così tanto, nessuno avrebbe potuto chiamarti un dottore”, dice Laura Carstensen, che dirige la Stenfort University’s Center on Longevity. “Ma penso che quello che stiamo imparando è che le emozioni causano processi fisiologici per avviare quelli che sono direttamente dannosi per la propria salute”.

Eppure forgiare relazioni platoniche non è sempre facile. La situazione di Ramin appare essere sempre più comune: In accordo con una meta-analisi su più di 177.000 partecipanti, la rete personale e di amicizie delle persone si sono ridotte negli ultimi 35 anni (Psychological Bullettin, 2013).

Mettendo insieme questo trend con l’aumento dell’età del primo matrimonio negli Stati Uniti, il tasso di divorzio vicino al 50 per cento e l’aspettativa di vita che è quella più elevata di tutti i tempi, si ottiene “un cambiamento demografico tale che ci sono al momento (molte) persone che non hanno un partner coniugale che fornisce l’intimità di cui hanno bisogno” dice Beverley Fehr, psicologa sociale alla University of Winnipeg e autrice del libro pubblicato nel 1996 “Friendship Processes”. “Alla luce di questi cambiamenti penso che le amicizie sono oggi più importanti che mai.”

Sono così solo potrei morire

La mancanza di amici non è semplicemente un inconveniente quando vuoi un compagno per un film o un passaggio all’ospedale. Una cerchia sociale sparsa è un significativo rischio per la salute, suggerisce la ricerca. In una meta-analisi di 148 studi comprendente più di 308.000 persone, per esempio, gli psicologi della Brigham Young University trovarono che i partecipanti con forti relazioni sociali avevano il 50 per cento in più di probabilità di sopravvivere nel corso degli studi rispetto a coloro con relazioni deboli – rischio comparabile al fumo di 15 sigarette al giorno e doppia rispetto all’obesità. I rischi di scarse relazioni sono probabilmente maggiori, dicono i ricercatori, dato che gli studi non guardano alla qualità delle relazioni sociali dei partecipanti (PLOS Medicine, 2010). Esistono prove che più siamo meglio è davvero. In un recente studio effettuato su 6.500 uomini e donne Inglesi di 52 anni e più, lo psicologo Andrew Steptoe della University College London e colleghi trovarono che sia sentirsi soli che essere socialmente isolati sollevano il rischio di morte. Tuttavia, solo l’isolamento sociale – misurato in termini di frequenza di contatti con familiari e amici, e partecipazione in organizzazioni al di fuori del lavoro – appare essere correlato all’incremento di mortalità quando i ricercatori hanno adeguato i dati per fattori demografici e sanitari di base (PNAS, 2013).

Ma al contrario dei risultati di Steptoe, molte ricerche indicano che sentirsi isolati è più pericoloso di essere isolati, afferma lo psicologo John Cacioppo, co-autore del libro pubblicato nel 2008 “Loneliness: Human Nature and the Need for Social Connection”. In uno studio del 2012 Cacioppo e colleghi, hanno osservato i dati di più di 2.100 adulti di 50 anni e più ed hanno trovato che i sentimenti di solitudine erano associati con un incremento della mortalità su un periodo di sei anni. Il risultato era scollegato dallo stato matrimoniale e dal numero di familiari e amici vicini, nonché a comportamenti di salute come il fumo e l’esercizio fisico (Social Science and Medcine, 2012).

“Non è essere soli o non” che condiziona la vostra salute, afferma Cacioppo. “Potreste sentirvi terribilmente soli quando siete circondati da altre persone.”

In questa direzione il Chicago Health Aging e il Social Relations Study, supportati dal National Institute on Anging, Cacioppo e colleghi hanno anche collegato la solitudine a sintomi depressivi e ad un incremento della pressione sanguigna nel tempo.

Altre ricerche indicano che rapporti sociali positivi potrebbero accelerare la guarigione. In uno studio su 200 sopravvissuti al cancro al seno, la psicologa Lisa Jaremka e colleghi della Ohio State University trovarono che le donne sole facevano esperienza di maggior dolore, depressione e stanchezza rispetto a coloro che avevano forti relazioni con amici e la famiglia. Le donne maggiormente indipendenti avevano inoltre elevati livelli di un particolare anticorpo associato con il virus dell’herpes – segno di un indebolimento del sistema immunitario (Psychoneuroendocrinology, 2013).

Particolari geni possono giocare un ruolo nel chiarire come mai i nostri corpi sono così in armonia con le nostre vite sociali, afferma lo psicologo Steve Cole, della University of California, Los Angeles. In uno studio lui e colleghi incluso Cacioppo hanno esaminato i profili di espressione genica di persone cronicamente sole ed hanno trovato che i geni espressi entro due sottotipi di globuli bianchi sono singolarmente reattivi ai sentimenti di solitudine. Le cellule – cellule dendritiche plasmacitoidi e monociti – sono associate con malattie come l’arteriosclerosi ed il cancro, ed anche come “la prima linea di risposte” delle difese immunitarie (PNAS, 2011).

Cole afferma che l’aspetto “biologicamente più tossico” della solitudine è che può farti sentire cronicamente minacciato, un’emozione che  può consumare il sistema immunitario. “É davvero quel senso di pericolosa minaccia, che vaga preoccupazione, che è probabilmente quello che sta attualmente dando il via alla lotta-o-volo delle risposte stressanti che colpiscono il sistema immunitario più direttamente”, egli afferma.

Amicizie in età adulta

Sebbene i ricercatori lavorano per una migliore comprensione del collegamento tra salute e amicizie, ci stanno anche aiutando a rispondere a questioni familiari a chiunque si sia mai spostato in una nuova città, abbia perso il coniuge o altrimenti si sia ritrovato a sentirsi solo: In che modo ci si può fare degli amici da adulti? Ecco cosa suggeriscono le ricerche che potrebbe funzionare:

  • Essere un volto familiare. L’idea che la familiarità genera attrazione è stato stabilito da tempo dalla ricerca, ed è stato di nuovo supportato in uno studio del 2011 condotto dallo psicologo Harry  Reis, della University of Rochester. Nel primo esperimento, sconosciuti dello stesso sesso valutavano quanto spesso si piacevano l’un l’altro dopo aver avuto conversazioni strutturate. In un altro, estranei chattavano liberamente online. In entrambi i casi, la quantità di apprezzamento dei partecipanti verso i loro partner aumentava con ogni scambio (Journal of Personality and Social Psychology, 2011).

Rachel Bertsche, scrittrice di Chicago, testimone di questo fenomeno al di fuori dei laboratori quando si è unita ad un corso settimanale di commedia pochi anni fa. Dapprima, lei pensava che i propri compagni fossero strani. Ma gradualmente cambiò la propria opinione – e presto era agitata unendo il gruppo per una bevuta dopo il corso. “La compattezza è molto importante”. Afferma.

Fehr è d’accordo. Lei afferma di attenersi ad una semplice routine – se andiamo nello stesso bar alla stessa ora tutti i giorni, entri in un corso come Bertsche o anche solo andare nell’ufficio reparto spedizioni quando è più affollato – può aiutare a trasformare gli estranei in amici.

  • Divulgare un segreto. Ci sono modi per farsi amici velocemente, eccome, affermano gli psicologi. La ricerca di Arthur Aron, professore alla Stony Brook University, ha mostrato che aumentando gradualmente la profondità delle domande e risposte tra estranei si possano generare amicizie in soli 45 minuti (Personality and Social Psychology Bullettin, 1997). Fehr ed il suo team stanno costruendo su questo modello indirizzando coppie di amici universitari prima a chiedere l’un l’altro domande neutre, come, “Quand’è stata l’ultima volta che sei andato allo zoo?” e lentamente costruire domande più intime, come, “Se tu sapessi che qualcuno a te caro morirà domani, cosa gli vorresti dire oggi – e perché non glielo hai detto prima?”

Finora, lei sta vedendo amicizie maschili sempre più forti. “Quando si aprono reciprocamente, si sentono più vicini gli uni agli atri e si sentono maggiormente soddisfatti della relazione,” afferma.

  • Realizzare quello che c’è nella vostra testa. La solitudine è un’esperienza soggettiva che può spesso essere un’auto-appagante profezia, dice Cacioppo. “Quando le persone si sentono isolate, il cervello va in una modalità di auto-protezione”, afferma, significa che diventa preoccupato del proprio – non di quello degli altri – benessere. Mentre la risposta ha un significato innato per proteggerci dalle minacce, nel tempo, danneggia la salute mentale e fisica ed il benessere, e ci rende maggiormente predisposti a vedere ogni cosa sotto una luce negativa. Può anche farci sembrare freddi, scortesi e socialmente impacciati. Ma riconoscere cosa c’è nella propria testa può aiutarti ad uscirne, afferma Cacioppo.

In un’analisi di interventi volti a ridurre la solitudine, lui ed i suoi colleghi trovarono che quello che incoraggia i partecipanti a cambiare i propri processi di pensiero negativi – per esempio, condividere una parte positiva della propria giornata con qualcun’altro – era molto più efficace rispetto a interventi che cercavano di migliorare le competenze sociali, migliorando il supporto sociale o incrementando le opportunità di contatti sociali. “Ha un effetto sorprendente”, dice Cacioppo . (Personality and Social Psychology Review, 2010).

  • A lungo, con cautela. Liz Scherer copywriter di Silver Spring, Md., ha usato i social media per forgiare le amicizie quando si è spostata da New York City a Annapolis, circa 10 anni fa all’età di 42 anni. Attraverso Twitter, si connetteva online con gli altri nei suoi affari e incontrava molti di loro di persona in conferenze dei social media. “Mi sono fatta molti amici con cui parlare…ogni singolo giorno”, afferma. “Sono un buon supporto sociale e di affari”.

La ricerca suggerisce che l’esperienza positiva di Scherer con i social media è molto comune tra le persone che sono già ben connesse. Un esame di quattro studi dello psicologo Kennon Sheldon, della University of Missouri, e colleghi, per esempio, trovò che maggior tempo passato su Facebook era connesso sia ad alti che a bassi livelli di connessione. Gli psicologi ipotizzano che questo potrebbe essere il caso in quanto Facebook supporta relazioni tra quelli che sono già altamente connessi socialmente, ma potrebbe rendere coloro che sono isolati a sentirsi così ancora di più (Journal of Personality and Social Psychology, 2011).

“Se fate affidamento su una relazione interamente virtuale, sarà probabilmente sbagliato per voi”, afferma Carstensen. “Ma quando usate la mail e il tempo su Facebook per supplementare relazioni reali, questa è una buona idea.”

  • Non forzarlo. Se la pressione di forgiare nuove relazioni è più esterna che interna, mettete da parte la “ricerca di amici” e focalizzatevi su cosa e chi vi rende felici, dice Carstensen. “Se le persone non sono molto attive socialmente e non sono necessariamente interessate a espandere la loro rete sociale, e sembrano essere OK emotivamente, allora non dovrebbero sentirsi allarmai “, afferma.

Dopo tutto, essere altamente connessi ha il suo rovescio della medaglia, afferma lo psicologo Peter Totterdell della University of Sheffield, che studia reti sociali nelle organizzazioni. Egli ha trovato che le persone con larghe reti lavorative tendono ad essere più ansiose rispetto a coloro con poche relazioni. “Può darsi che quello che sta succedendo è che si ottiene più possibilità, maggiori risorse, ma allo stesso tempo si hanno anche maggiori responsabilità”, afferma.

Provare a cambiare chi sei può ritorcersi contro, dal momento che la probabilità delle persone di forgiare relazioni sembra essere relativamente costante nel corso della vita, afferma Totterdell. “Le persone possono avere una naturale inclinazione, e provare a cambiare quello che li (potrebbe) rende a disagio con i risultati”, afferma.

La morale? Se siete soddisfatti con i vostri due amici intimi o preferite circondarvi di 20 conoscenti sciolti, ciò che conta  è che vi sentiate una parte di qualcosa più grande di voi stessi, afferma Carstensen.

“Non dobbiamo giudicare le persone che dicono ‘Non sono un frequentatore di feste, non voglio farmi amici, non voglio frequentare bar o clubs’ – va bene, ” afferma. “Ci sono un sacco di persone che la pensano allo stesso modo”.

Perchè gli psicologi hanno bisogno di amici

Gli amici sono importanti, non importa chi sei. Ma la carriera degli psicologi potrebbe dipendere dalle amicizie, afferma Brad Johnson, professore di psicologia al Department of Leadership, Ethics and Law alla U. S. Naval Accademy ed ex presidente  della APA’s Ethics Committee.

“Esistono molte evidenze che gli esseri umani sono generalmente non particolarmente accurati quando si tratta di qualsiasi valutazione di un tratto caratteriale o un’abilità” afferma. “Purtroppo, lo stesso si applica ai professionisti del benessere – non siamo molto bravi a valutare accuratamente il nostro livello di competenza.”

Johnson e altri incoraggiano gli psicologi a creare “comunità di competenze” attraverso le quali possono compiere feedback da amici fidati o colleghi. Come la rete è stata fondamentale per Johnson, che si rivolse a sua sorella psicologa clinica Shannon Johnson, come ai colleghi Jeffrey Barnett e e Douglas Haldeman, quando fu curato per un tumore al cervello. “Ho davvero pensato che se fossi stato una persona isolata in uno studio privato a quel punto, sarebbe stato davvero problematico”, afferma Johnson.

La presidentessa dell’APA Nadine Kaslow, della Emory University in Atalanta, afferma che gli amici e i colleghi nella sua “costellazione competente” l’hanno supportata sia in tempi buoni che cattivi. “Ho stimato molto la forza di queste catene, l’onestà in queste relazioni e la diversità di prospettive che i colleghi offrono”, afferma.

Spronare un cambiamento culturale lontano dall’indipendenza e verso la fiducia reciproca e feedback compassionevoli, questi psicologi hanno segnalato cambiamenti nel Codice Etico dell’APA (APA Ethics Code) che obbligano gli psicologi a fare attenzione a un altro. “Se non ci prendiamo adeguatamente cura di noi stessi, alla fine, la nostra abilità di cura verso gli altri si deteriora”, afferma Barnett.

Fonte: Monitor on Psychology – A pubblication of APA. January 2014 – VOL. 45 – NO. 1. Traduzione dell’articolo: “Friends wanted. New research by psychologist uncovers the health risk of loneliness and the benefits of strong social connections.” (pp. 54- 58).