Autore: Dott.ssa Francesca Broccoli

vedi Blog dell’Autore http://www.francescabroccoli-psicologa.com/rabbia-e-cibo-quante-emozioni-nel-piatto.html

 

 

“Chi non bada a ciò che mangia, difficilmente baderà a qualsiasi altra cosa”
Samuel Johnson

“Non mangia più!”

“Mangia solo la sera…”

“Abbiamo scoperto che mangia di nascosto”

“Mangia e poi vomita, ma solo la mattina e certi cibi non li vuole!”

Il cibo è uno dei canali più usati dall’uomo per comunicare con gli altri; da sempre e in tutte le culture sono radicate tradizioni, regole, modi di stare insieme o di contrassegnare certi eventi attraverso il cibo o comunque  per mezzo dei pasti.

Il cibo non è, tra l’altro, un canale di comunicazione qualunque, possedendo la potentissima caratteristica di essere fondamentale e necessario alla vita.

I bambini, che in generale usano il corpo per stare in relazione e in comunicazione con l’intero loro mondo, parlano delle loro relazioni con le persone e dei loro stati d’animo tramite il rapporto col cibo, per le preziose e numerose valenze simboliche che esso esprime.

Cosa “passa” attraverso il cibo?

-nutrimento (fisico ed emotivo) e sopravvivenza;

-accudimento;

-crescita (ancora una volta fisica ed emotiva);

-senso di sicurezza e accudimento;

-piacere;

-sicurezza;

-intimità;

-regolazione.

Come si vede, nel cibo c’è tantissima relazione.

E’ molto frequente che di fronte a situazioni difficili si reagisca, anche da adulti, variando l’abituale modo di alimentarsi (ritmi, quantità, tipi di cibo, orari, ecc.). Se questo si verifica in modo massiccio e duraturo nel tempo e non per un breve periodo di adattamento, allora sarebbe bene capire meglio cosa sta succedendo e che messaggio sta inviando il bambino con quel comportamento legato al cibo.

Il cibo può diventare un potente mezzo di comunicazione, ma anche un modo per rispondere a bisogni intensi che, in quel momento, il soggetto non trova altri modi per soddisfare.

Spesso si tende a pensare che il rifiuto del cibo sia una richiesta di attenzioni, un modo per il bambino di richiamare su di sé lo sguardo di mamma e papà. Può essere così, senz’altro lo è in molti casi, ma è sempre bene cercare il significato preciso che quel comportamento verso il cibo riveste in quella famiglia e in quel momento.
Non solo il rifiuto, inoltre, costituisce una fonte di allarme, anzi è ormai un dato consolidato quello dell’obesità sempre più diffusa anche tra i bambini italiani…solo una questione di diete sbilanciate? Non solo.

Per questo, per non cadere nella trappola delle spiegazioni universali e uguali per tutti né nella trappola di non cercare nemmeno una comprensione perché tanto è impossibile trovarla, è importante capire quale messaggio viene inviato, verso chi è diretto, quando viene espresso e per ottenere cosa, cioè: quale significato ha quel comportamento per quel bambino, con tutte le sue caratteristiche, in quel preciso ambiente familiare e sociale?

Lo stesso messaggio di “richiamo” e richiesta di attenzioni a cui si accennava poco sopra, può rappresentare sia un tentativo di essere visto (quindi di contrastare la sensazione di non esistere, di essere invisibile), così come un tentativo di “distrarre” qualcuno che in famiglia sta attraversando una sofferenza o si trova in una difficoltà che il bambino, a suo modo, percepisce.
In questo caso il bambino cattura gli sguardi su di sé, le attenzioni e le energie dei grandi e ottiene sicuramente, da una parte, un ruolo da protagonista, ma riesce anche a risultare il portatore del problema, sollevando così qualcun’altro da quello stesso ruolo, non così comodo.

In latri casi, il mangiare tanto, ma anche il rifiutarsi di mangiare, oppure il masticare con ostinazione e poi sputare nel piatto, può essere il modo che il bambino usa per dire la sua rabbia: mangiare è anche disintegrare, fare a pezzi, usare i denti, mordere. Oppure può essere un modo per indire una protesta, per mettere in scena un disaccordo che a parole non è possibile esprimere.

Verso cosa poi il bambino stia protestando va colto; è importante per costruire un vero senso intorno a quel comportamento e potervi rispondere in modo adeguato.

Solo a titolo di esempio: immaginiamo un bambino che senta invasi i suoi spazi personali all’interno della famiglia stessa, con tutto il carico di confusione, fatica, ambiguità e rabbia che questo comporta. Come può stare in una situazione come questa? E come ne può parlare? Un bambino potrebbe scegliere di “parlare” imponendosi al momento dei pasti: decidendo se mangiare; decidendo cosa mangiare o come. Definisce così una sorta di area su cui avere il controllo, su cui esercitare un limite e mettere dei confini, finalmente chiari per lui. Oppure potrebbe cercando di dimostrare (a chi ha intorno) come si fa a mantenere un confine e a non scavalcarlo.

Ancora, un rapporto di abuso col cibo, può rappresentare un bisogno di nutrimento che manca, non materiale evidentemente seppur proprio tramite il materiale alimentare si esprime, un nutrimento affettivo, di vicinanza, di calore, di relazione. Mangiando tanto si riempie un buco, quell’assenza che si configura poi nel buco nello stomaco.

Così il cibo si fa presenza sostitutiva, si fa vicario di un nutrimento del cuore che manca, si fa compagno e consolazione da una triste solitudine. Rassicura e ci si auto-cura: col cibo si mette dentro qualcosa di buono.

Ecco, abbiamo visto una veloce carrellata di alcuni possibili significati che il rapporto col cibo può rivelare.

Ve ne sono moltissimi altri!

In molti casi, durante l’infanzia, le situazioni di chiusura o voracità eccessiva rispetto al cibo, si risolvono in modo spontaneo nel giro di breve tempo, testimoniando una difficoltà momentanea, una transizione di particolare impegno emotivo che poi si evolve e si risolve grazie alle risorse del ragazzo e del suo ambiente di vita, senza bisogno di interventi specifici.

Quando, però, non dovesse essere così, qualora vi fossero segnali di allarme (come una durata di questi comportamenti eccessiva e con aspetti di rigidità che influiscono anche su altre sfere di vita del bambino), allora è opportuno chiedere una consulenza specifica.