Autore: Dott. Giovanni Iacoviello

vedi Blog dell’Autore http://www.creativa-comunicazione.it/il-cigno-nero/

 

Le solide e tranquillizzanti basi dell’imprevedibile.

 

Quando siamo delusi dalle nostre fallite previsioni, possiamo prendercela con l’imprevisto?

A volte la delusione deriva da desideri irrealistici. E forse il ‘900 ha creduto, e l’inizio del terzo millennio continua a credere, nella razionalità umana e nella capacità di prevedere gli eventi, o addirittura i comportamenti delle persone. Forse la paura può spiegare in parte questi nostri desideri di controllo, e la fiducia nella supremazia della razionalità su sentimenti ed emozioni.

Il genere umano ha in fondo paura dell’ignoto, di ciò che non conosce e non può controllare. Il tentativo di prevedere gli eventi può avere in molti casi la funzione di abbassare l’insostenibile ansia dell’incertezza. Il sociologo Erving Goffmann ha notato che le persone, nell’interazione, mettono in atto aspetti di calcolo, con capacità di ottenere informazioni, facendo: “delle supposizioni sulla natura fondamentale del tipo di persona con la quale si ha a che fare”. Ciò può rispondere ad un’esigenza di controllo dell’altro.

Già negli anni ’50 Vance Packard nel libro I Persuasori Occulti ci raccontava che gli industriali chiedevano alla gente come avrebbe voluto un prodotto, lo preparavano tale e quale, e fallivano, perché si erano fidati del fatto che la gente sapesse ciò che voleva e che fosse razionale, sempre ammesso che fosse veritiera nello svelare i propri desideri e timori. Ciò aveva gettato qualche dubbio sulla prevedibilità del comportamento, almeno quello del consumatore.

L’improbabile governerebbe la nostra vita, secondo il libro “Il cigno nero” di Taleb Nassim: “Cosa pensarono gli europei quando, giunti in Australia, videro dei cigni neri dopo aver creduto per secoli, supportati dall’evidenza, che tutti i cigni fossero bianchi? Un singolo evento è sufficiente a invalidare un convincimento frutto di un’esperienza millenaria”. Per Nassim ci ripetono che il futuro è prevedibile e i rischi controllabili, ma: “la storia salta invece di strisciare”. I cigni neri sarebbero eventi rari, di grandissimo impatto e prevedibili solo a posteriori, come il crollo di Wall Street e il successo di Google. Secondo l’autore, nella vita individuale e privata, come in quella sociale e pubblica, noi agiamo come se fossimo in grado di prevedere gli eventi. Ma quanti di questi sono avvenuti secondo i piani? Se prendiamo eventi come la diffusione di internet, ci accorgiamo che quel che non sappiamo è molto più importante di quello che è noto. Eppure per lui continuiamo a occuparci di aspetti secondari, a concentrarci su ciò che è conosciuto e ripetuto.

Anni fa lessi su una rivista di business che si attribuiva il grande successo di un’azienda multinazionale alla capacità di saper guardare avanti e prevedere le esigenze del mercato.

Non potrebbe essere l’esatto contrario? Più che dato dalla previsione del futuro, il successo non potrebbe essere invece dato dalla capacità di influenzarlo?

Alla capacità previsionale viene attribuita molta importanza dalla scienza e dal metodo sperimentale. Eppure spesso la scienza farebbe dei passi notevoli proprio quando non si attiene alle previsioni sperimentali. La qualità del trovare una cosa quando se ne sta cercando un’altra è stata chiamataserendipity (serendipità in italiano, più raro da sentire). Ad esempio, il merito del fisiologo scozzese Alexander Fleming (premio Nobel nel 1945) fu di interpretare adeguatamente alcune circostanze fortuite, aprendo le porte allo sviluppo della moderna terapia antibiotica. Se nei punti in cui la muffa era accidentalmente caduta sul terreno di coltura dei batteri questi scomparivano, significava che questa conteneva qualche sostanza in grado di distruggerli. Per alcuni non basta la fortuna, né la capacità previsionale, ma servono l’apertura mentale e la creatività, che ci fanno cogliere relazioni insospettate tra realtà apparentemente differenti,  e la prontezza per cogliere il valore di aspetti al di fuori delle proprie aspettative.

Dall’osservazione delle eccezioni e della serendipità nella storia della scienza e delle professioni, parrebbe che, escludendo per lo più gli eventi dannosi, l’imprevedibile sia una risorsa, più che un limite, e quasi più certo, con la sistematica produttività dei suoi “salti”, dei risultati delle nostre apparentemente rassicuranti previsioni. Purché vi sia un occhio attento a cogliere il modo giusto per utilizzarlo con profitto, si abbia abbastanza incoscienza da ignorare a volte le previsioni, e magari quella minima dose di follia che serve per influenzare il futuro.