Autore: Dott.ssa Emanuela De Bellis

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In ogni classe c’è qualche bambino che, se si trova davanti a un tavolo con degli strumenti musicali, li tocca uno per uno. Curiosità? No. Perché se si trova nella situazione di creare qualcosa con quegli stessi strumenti, si gira a mostrare i calzini nuovi o le scarpe di Spiderman al compagno. E’ lo stesso bambino che nei giochi di movimento segue sempre la schiena di qualcun altro, e che quando tutti raccontano dove sono stati durante le vacanze di Natale, racconta che gli hanno regalato la scarpe che si illuminano al buio. Lo stesso che al ristorante ordina tutto quello che vede. Sarà quell’adolescente che vedrà tutti i film in uscita al cinema, senza emozionarsi di fronte a nessuno.

Capricci-bambini

Sono bambini, questi, che tendono a esperire solo un lato delle cose, quello più luccicante, più sonoro; potremmo dire quello più superficiale, se non fosse che parliamo di bambini di 4-5 anni, a cui le categorie superficiale e profondo si addicono poco.

Piuttosto potremmo dire che non toccano mai l’esperienza pienamente, ma si limitano ad assaggiarla e poi a sputarla, cercandone un’altra; come se tendessero a consumare le cose, invece che a fruirle.

Sarebbe facile definirli “viziati”, ma la verità è che perdono quotidianamente la possibilità di assaporare, di elaborare, di trasformare esperienze.

Li osservo da un po’, cercando di capire quale meccanismo li abbia portati a questa tendenza; sicuramente non è una questione di intelligenza, molti di questi bambini (e di quegli adolescenti) hanno un’intelligenza nella media. Né può essere una questione di cultura, perché li ho incontrati in quartieri e scuole diverse. Sarebbe facile pensare che sia un problema di genitori, che magari comprano loro ogni cosa che chiedono, trasmettendo senza limiti il valore del consumismo.

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Mia madre non mi ha mai comprato una barbie né un vestito di marca; mi ha sempre riempita di libri e giocattoli “educativi”. Eppure, sotto alcuni aspetti io ero una bambina così. La prima cosa che ho comprato con i soldi messi da parte era una felpa della Yale, uguale a quella delle mie compagne (messa due volte in tutto). Non è quindi riducibile alla qualità dei regali che facciamo ai nostri figli, né tantomeno alla nostra capacità di assecondare i loro desideri.

Andrà ricercato, come al solito, tra le righe dei nostri comportamenti quotidiani?