traduzione ad opera del Dott. Noccolo Nesti

 

E’ nato il “nuovo orientamento”, definito con il termine di career guidance. Un concetto di orientamento al lavoro che si confronta in ogni momento con il concetto di vita lavorativa e che si pone come obiettivo di supportare il soggetto in ordine alle decisioni che dovrà assumere nei confronti delle cerniere e delle transizioni che incontrerà nell’arco della vita lavorativa.

Da ciò ne derivano numerose conseguenze teoriche, tecniche ed applicative. Ad un primo livello, il concetto di career guidance colloca l’attività orientativa nell’ambito delle professioni d’aiuto, il che significa la focalizzazione sulle risorse interne del soggetto per affrontare i suoi bisogni esterni (career).

L’attività orientativa si distingue così sia dalle professioni psicoterapeutiche (focalizzate sulle risorse interne per la soluzione di problemi interni), sia dalle professioni di supporto o solidarietà sociale (risorse esterne, bisogni esterni).

Viene dunque posta in primo piano la “relazione d’aiuto” come strumento di intervento, acquista centralità il ruolo dell’operatore e del contesto operativo (setting).

Viene richiamata l’esigenza di una interprelazione dei bisogni di orientamento della singola persona (screening della domanda). In sostanza occorre ben chiarire la natura del sostegno psicologico come riferimento fondamentale delle attività orientative per non incorrere in fraintendimenti. Gli interventi di career guidance si configurano come “servizi alla persona”: orientare non significa “dare un servizio”, bensì “porsi al servizio” della persona, facilitando alla stessa un processo di assunzione personale e diretta delle responsabilità delle proprie scelte. Questo significa passare da una concezione etera-orientativa, diagnostica e predittiva, ad una concezione auto-orientativa, esplorativa e processuale. Come afferma Maria Luisa Pombeni:

“L’azione orientativa assume sempre più la funzione di supportare lo sviluppo di specifiche competenze in grado di sostenere la qualità e l’efficacia del tentativo spontaneo che la persona compie nello sforzo di governare una serie di eventi significativi che connotano l’evolvere della propria storia formativa e lavorativa”

Ciò significa che il processo di orientamento chiama in causa competenze ricorrenti (riferite alla progettazione di sé, alla autodiagnosi delle proprie risorse, alla attivazione ed al problem solving, alla presa di decisione, al monitoraggio delle scelte, etc.) ed alle caratteristiche soggettive e situazionali.

Per questo motivo la Pombeni definisce compiti orientativi l’insieme degli eventi critici o delle situazioni di transizione che caratterizzano il processo di auto-orientamento che accompagna l’intera esperienza formativa e lavorativa della persona.

La persona che si orienta mette in atto delle risposte comportamentali che

sono il frutto di complesse variabili, mette in atto, cioè le proprie competenze orientative.

Per sapersi orientare, cioè per governare in maniera efficace la propria esperienza formativa e lavorativa, la persona deve essere in grado di:

• Progettare lo sviluppo della propria esperienza presente, cioè identificare delle mete, darsi degli obiettivi, avere delle motivazioni, mobilitare delle energie, etc.

• Diagnosticare la meta identificata, cioè valutare criticamente la fattibilità del progetto, verificando le informazioni a disposizione ed integrandole con quelle mancanti, analizzando vincoli e condizioni;

• Analizzare le risorse personali a disposizione per realizzare il proprio progetto, in specifico: riconoscere e valorizzare i propri punti di forza – trasferire competenze maturate in circostanze specifiche e finalizzarle ad altri ambiti e contesti prendere coscienza di alcuni punti critici ed elaborare strategie per superare e/o aggirare carenze e limiti personali che impediscono il raggiungimento degli obiettivi desiderati.

• Attivarsi nella ricerca di informazioni, prendere decisioni, pianificare strategie per realizzare il proprio progetto di sviluppo;

• Monitorare la realizzazione del progetto identificato, apportando i necessari aggiustamenti.

In questo processo, come dicevamo in apertura del paragrafo, gestito in prima persona (autodiretto) dal soggetto, sulla base delle proprie risorse ed in rapporto alle influenze del contesto in cui è inserito, vanno ad innescarsi azioni intenzionali gestite da persone competenti (gli orientatori qualificati e gli operatori dell’orientamento).

Si tratta delle azioni orientative a carattere professionale che sono finalizzate a garantire o migliorare la qualità e l’efficacia del governo autonomo del processo orientativo da parte della persona direttamente coinvolta.

Naturalmente il bisogno del supporto di un’azione professionale rispetto a diversi momenti critici della propria carriera lavorativa varia in funzione:

• Della capacità del singolo di governare da solo ed in maniera efficace il proprio processo di orientamento, cioè dipende dal livello di competenze orientative che possiede per affrontare e risolvere positivamente i diversi momenti di transizione

• Dalla complessità del compito orientativo che si trova ad affrontare in un determinato momento della sua vita;

• Dalla numerosità e tipo di vincoli situazionali e strutturali presenti nell’esperienza soggettiva e nel contesto ambientale.

Queste precisazioni teorico-metodologiche portano con loro una ricaduta operativa legata al problema strategico della valutazione dei bisogni individuali. Sul piano operativo la necessità è quella di passare da un’erogazione di macro-azioni orientative (articolate prevalentemente per tipologia d’utenza: ad esempio drop out, lavoratori in mobilità, diversamente abili, etc.) ad una personalizzazione dei percorsi orientativi costruita sull’analisi di specifici bisogni e sulla presenza di una maggiore flessibilizzazione delle risposte disponibili.

Per questo motivo uno dei nodi centrali di tutte le attività di orientamento è il problema della valutazione delle competenze orientative possedute dall’utente come strumento di analisi del proprio bisogno e come criterio di rinvio a differenti azioni/servizi.

Minore è la capacità di autodiagnosticare il proprio bisogno, e maggiore sarà la necessità di essere aiutato e supportato da specifici servizi di orientamento.

Le azioni/servizi di orientamento al lavoro

Fra gli interventi di orientamento al lavoro, che scaturiscono dai diversi bisogni espressi dai soggetti, vi sono principalmente:

• L’informazione orientativa

• II Bilancio delle competenze (chiamato anche assessment delle competenze)

• L’assessment psicosociale

• II colloquio d’orientamento che fa riferimento ad un approccio di tipo narrativo

• II Counselling.

L’informazione orientativa è un’attività di supporto che attiene alla conoscenza degli elementi di contesto; il soggetto riceve dall’operatore tutte le informazioni necessarie ad una più ampia ed approfondita conoscenza del contesto in cui si trova ad agire e a confrontarsi nell’attuazione del proprio progetto di inserimento o reinserimento lavorativo.

Le informazioni possono riguardare direttamente il mercato del lavoro od il settore economico chiamato in causa dal progetto professionale, oppure l’offerta formativa del territorio al fine di acquisire o rafforzare competenze di base o tecnico professionali utili all’inserimento lavorativo, o ancora soggetti e strutture deputate alla promozione del matching tra domanda e offerta di lavoro (Centri per l’Impiego, Agenzie interinali, etc.), oppure altre opportunità di formazione on the job (tirocini formativi, borse lavoro, etc.).

Il Bilancio delle Competenze nasce in Francia come strumento per incentivare lo sviluppo professionale e la mobilità lavorativa. In Francia esso è definito da una legge che ne sottolinea il carattere di diritto per tutti i lavoratori in funzione di azione legata alla formazione continua II Bilancio di competenze si rivolge essenzialmente a persone che hanno già maturato delle esperienze professionali, quindi sostanzialmente ad adulti. Secondo la definizione che ne da la stessa legge, le azioni di Bilancio, hanno l’obiettivo di consentire ai lavoratori di analizzare le proprie competenze professionali e personali, le proprie attitudini e motivazioni, allo scopo di definire un progetto professionale e se necessario un progetto di formazione. Tali azioni danno concretezza al principio secondo cui si apprende lungo tutto l’arco della vita, in diversi contesti e situazioni, e in particolare attraverso l’esperienza diretta di lavoro. In quest’ottica il bilancio di competenza deve consentire alla persona di rendere consapevoli ed integrare tutti i tipi di apprendimento realizzati, sia quelli che sono frutto di una formazione organizzata, sia quelli derivanti dall’esperienza professionale e personale.

Il bilancio non si presenta come azione episodica o sperimentale, ma intende essere un’opportunità di crescita personale e professionale per qualunque persona che intenda migliorare l’accesso e l’integrazione nel mercato del lavoro, migliorare e sostenere la propria occupabilità, e promuovere la mobilita professionale. Attraverso le azioni di bilancio è possibile rilevare lo scarto formativo tra le competenze possedute e quelle richieste dal mercato, ed elaborare delle strategie più idonee a sostenere efficacemente la propria occupabilità. E’ bene sottolineare che in Italia non esiste ancora un sistema di servizi a sostegno dell’occupabilità, se si prescinde dalla Formazione professionale e dai servizi di alcune società di consulenza private. Le finalità che l’azione di Bilancio intende perseguire e che ne contraddistinguono la funzione specifica rispetto ad altre metodiche di orientamento si possono così sintetizzare:

• identificazione di competenze e potenzialità che l’utente può investire nella elaborazione/ realizzazione di un progetto di inserimento sociale e professionale;

• l’acquisizione di autonome capacità di autovalutazione, di attivazione e di scelta

• lo sviluppo rispetto a sé ed al mercato del lavoro di quadri di riferimento socio culturali e di registri emotivi appropriati per reggere situazioni di transizione/cambiamento e per investire sulla propria progettualità;

• la costruzione di un progetto di sviluppo professionale.

Sintesi dei contenuti dell’attività di bilancio

Il percorso di bilancio è personalizzato ed adattato alle esigenze del singolo lavoratore, ha una durata variabile dalle 16 alle 24 ore (comprendendo in questo monte ore i colloqui individuali ed i laboratori di gruppo) che si esauriscono nell’arco di tre/quattro mesi. La sua articolazioni in fasi è già stata definita sia dalla legislazione francese del 1991 sia da esperienze italiane (in particolare il progetto sperimentale Polaris della Provincia di Reggio Emilia).

Le fasi del percorso FASE PRELIMINARE Filtro – presentazione/ accoglienza
FASE INVESTIGATIVA Dinamica del bilancio
FASE CONCLUSIVA Restituzione e accompagnamento

L’azione di bilancio viene concepita e progettata come un percorso strutturato: un focus ed una proposta di attività e strumenti, sulla base degli obiettivi e dei contenuti propri di ogni fase.

Se la sequenzialità delle fasi è un riferimento essenziale per la realizzazione di un percorso di bilancio, la sequenza delle attività va invece pensata come modificabile, nell’ottica di una maggiore individualizzazione in funzione delle caratteristiche dei destinatari dell’intervento.

Il risultato finale di un percorso di bilancio che tenga fede alla sua natura di strumento formativo e consulenziale/progettuale è costituito da un progetto professionale (di sviluppo professionale, progressione di carriera, cambiamento di ruolo lavorativo) e da un piano d’azione puntuale e verificabile per raggiungere gli obiettivi definiti dal progetto.

Fonte: ACP – Rivista di Studi Rogersiani – 2006 Articolo di Luciana Franchini