traduzione ad opera di Niccolò Nesti

L’assessment psìcosodale è un intervento indirizzato a coloro che desiderano o hanno la necessità di un approfondimento del proprio mondo interiore, e può essere condotto solo da professionisti in grado di aiutare il cliente nell’autoesplorazione e nella comprensione del proprio profilo psico-sociale. Il termine “esplorare” fa riferimento al lavoro che l’individuo compie su sé stesso con l’obiettivo di rilevare gli elementi soggettivi che lo caratterizzano e lo contraddistinguono. A differenza del bilancio delle competenze, che induce la persona ad un’autoesplorazione della propria storia di vita personale e lavorativa, l’assessment psicosociale procede alla rilevazione e valutazione degli elementi più strettamente soggettivi legati alla persona.

Dovendo specificare ulteriormente la tipologia di intervento che afferisce all’assessment psicosociale, potremmo prendere a riferimento il modello dell'”iceberg”: il bilancio delle competenze è un processo che identifica e definisce la parte “visibile” delle skills e delle conoscenze maturate nel corso della vita personale e lavorativa dell’individuo.

L’assessment psicosociale è un processo che interviene sulla parte invisibile e profonda del sé dell’individuo e fa riferimento alla personalità ed ai tratti psicologici. Tra la parte visibile e la parte invisibile vi è una parte intermedia dove si collocano i valori, gli atteggiamenti e l’immagine di sé. 2. Il counselling centrato sulla persona

Cari Rogers conia il termine counselling in un primo momento come una sorta di escamotage per superare lo strapotere della medicina e della psichiatria, che negava agli psicologi la pratica della psicoterapia.

Modificando la terminologia, era riuscito, così, a consentire agli psicologi di continuare la pratica della psicoterapia, senza modificare la loro condizione professionale.

In questo modo ha preso piede negli Stati Uniti, per la prima volta, la professione d’aiuto, i cui praticanti provenivano da diverse discipline ed in cui la medicina non la faceva più da padrone.

Con il passare del tempo (quasi un secolo di storia) i seguaci di Rogers, in linea con l’epistemologia di riferimento dell’approccio centrato sulla persona, hanno contribuito ad una definizione di counselling inteso come intervento:

  • di breve durata (con un numero definito di incontri)

• avente obiettivi specifici e circoscritti

• centrato sull’hic et nunc (qui ed ora)

• avente una finalità di comprensione e chiarificazione di un problema contingente

• che promuove l’empowerment della persona.

In quanto relazione d’aiuto, il counselling, si differenzia da altre forme di intervento quali la psicoterapia, il lavoro sociale e la psicodiagnosi.

Infatti la psicoterapia è un intervento che afferisce l’area del disagio psichico e/o di patologie che riguardano la sfera mentale della persona. In questo specifico caso non viene portato dalla persona un problema circoscritto e contingente bensì un disturbo complesso e strutturato, definito come psicopatologia. E’ chiaro che in quest’ottica l’intervento psicoterapeutico è sicuramente molto più lungo ed agisce direttamente sulla personalità dell’individuo oggetto della psicoterapia.

La psicoterapia presuppone la presenza di uno psicoterapeuta professionista con competenze professionali specifiche e regolarmente abilitato all’esercizio della professione (psicologo con una specializzazione almeno quadriennale presso università o istituti legalmente accreditati presso il MIUR).

Il lavoro sociale agisce ed interviene su conflitti e problematiche “esterne” alla persona che riguardano più propriamente la sua autonomia di comportamento ed il suo agire sociale.

Questa tipologia di intervento è finalizzata a promuovere e migliorare le capacità del singolo individuo per la sua integrazione sociale. Tale integrazione si realizza attraverso diversi gradi di funzionamento sociale, fra cui:

• la capacità di gestire i compiti che fanno capo a bisogni primari (di sopravvivenza e di sicurezza);

• la capacità di gestire compiti ed attività che fanno capo a bisogni di autorealizzazione individuale e sociale;

• la capacità di relazionarsi ed interagire con il sistema sociale di riferimento.

Il lavoro sociale presuppone la presenza di un team di operatori professionisti che vanno dall’assistente sociale, al sociologo, allo psicologo, all’orientatore.

La psicodiagnosi, infine, è un intervento finalizzato alla diagnosi di disturbi o situazioni di disagio psicologico, attraverso colloqui, test psicologici o altre tecniche di diagnosi per raccogliere dati ed informazioni utili alla comprensione del problema/disagio della persona.

Anche in questo caso, come nel caso della psicoterapia, l’intervento presuppone la presenza di un operatore (psicologo o medico) in grado di utilizzate le tecniche e gli strumenti ed in grado di leggerne i risultati.

Da ciò, ne deriva che l’intervento di counselling non può essere certamente psicoterapia (anche intesa come psicoterapia breve come per il modello anglosassone), in quanto agisce su un problema contingente correlato ad uno specifico bisogno.

Non può essere lavoro sociale in quanto non agisce su un problema esterno all’individuo direttamente ed unicamente correlato al suo agire sociale. Ciò che contraddistingue un intervento di counselling centrato sulla persona è il fatto che esso agisca su tensioni, problemi e conflitti interni alla persona stessa, in un dato momento della sua esistenza. Una volta definito e delimitato l’ambito di intervento del counselling ed averlo differenziato da altre tipologie di intervento, occorre specificare ulteriormente i concetti su cui si fonda il modello di counselling centrato sulla persona, ossia:

• la tendenza attualizzante (processo di attualizzazione del sé) orientata all’empowerment. Essa, infatti, è il motore, il propulsore dell’individuo, la spinta che lo dirige verso la realizzazione di tutte le sue potenzialità

• il cambiamento come processo; Rogers ipotizza il cambiamento come un processo strettamente connesso al clima facilitante promosso dal counsellor e non da “tecniche” afferenti a specifiche scuole di pensiero

• le tre condizioni che, creando un clima facilitante, sono in grado di promuovere il cambiamento all’interno di un processo ossia: comprensione empatica, accettazione positiva e incondizionata, congruenza;

• il problema come correlato del bisogno espresso o inespresso dalla persona;

• il contesto ed il processo di contestualizzazione, ossia l’individuazione e la delimitazione e contestualizzazione dell’area problematica e dei bisogni che sottendono al problema stesso;

• la motivazione ed i vissuti emozionali che stanno dietro al nostro agire

individuale e sociale. Dietro ad ogni problema portato dal cliente vi sono emozioni spesso vissute inconsapevolmente o non percepite/negate dal cliente stesso. Il contatto con sé stesso e con i propri vissuti emozionali è il motore del processo di cambiamento innescato dall’intervento di counselling. Assieme ai fatti oggetto della narrazione del cliente (ed oggetto della ricontestualizzazione del counsellor) è fondamentale, quindi, rilevare i vissuti emozionali correlati ai fatti stessi.

In un processo di counselling emerge in tutta la sua importanza la relazione tra problemi e bisogni, secondo una sequenza così delineata:

-FORMULAZIONE DEL PROBLEMA

-ESPLICITAZIONE DEL SENTIMENTO

-ESPLORAZIONE DEI BISOGNI SOTTOSTANTI

-NUOVA FORMULAZIONE DEL PROBLEMA

In che cosa consiste il ruolo del counsellor all’interno di questo processo?

Egli da qualità di presenza, ascolto profondo, assenza di giudizio e contemporaneamente rimanda empaticamente ed accuratamente i vissuti del cliente, usa la sua congruenza nei riguardi del cliente per facilitarlo nel confrontarsi con le sue contraddizioni, con la sua modalità di viversi le esperienze.

Il counsellor è attento a rimandare al cliente i costrutti rigidi che lo ostacolano nella corretta simbolizzazione dei suoi vissuti emozionali. In particolar modo il counsellor è sensibile ai momenti di passaggio narrativo in cui il cliente modifica la propria formulazione del problema, ricontestualizzando ogni volta l’area problematica ed accogliendo la conferma o disconferma del cliente.

Il counsellor durante la relazione d’aiuto dovrà, però, prestare attenzione affinché le proprie modalità di coping non siano simili a quelle del cliente; se ciò accadesse, egli colluderebbe con il cliente, ostacolando la relazione empatica.

Colludere in una relazione d’aiuto significa aggettivizzare il problema ossia generalizzarlo come se fosse un dato di realtà.

Occorre, invece, rimandare al cliente il problema come un problema “soggettivo”, ossia rimandare la percezione soggettiva del cliente nei confronti del suo problema.

All’interno di questo processo di tipo non direttivo (in quanto parte dall’assunto che ogni persona è “funzionante” e, anche in condizioni di disagio, sarà in grado di ritornare, se sostenuta e facilitata, alle sue naturali condizioni di funzionalità senza il bisogno dell’intervento diretto di altre persone) il counsellor facilita la consapevolizzazione del cliente,

promovendo nel cliente stesso empowerment e responsabilità diretta nell’assunzione di scelte e comportamenti finalizzati alla soluzione del problema.

Pertanto, a fronte di una richiesta di counselling vi è un vissuto/situazione problematica nei confronti della quale il cliente non riesce o non sa trovare una soluzione.

Il problema, quindi, altro non è che un bisogno o un insieme di bisogni nei confronti del quale non si riesce a trovare una soluzione soddisfacente.

Il processo di consulenza nel counselling si focalizza, perciò, su un’area problematica: il counsellor facilita e promuove nel cliente un percorso di individuazione ed esplicitazione da parte dello stesso, dei bisogni che sottendono al problema.

L’individuazione dei propri bisogni permette al cliente di chiarire e di rendere espliciti anche i desideri e le motivazioni ad essi correlati. In questo modo il cliente è in grado, in completa autonomia, di prendere e sostenere le proprie decisioni, poiché sarà in grado di valutarne i prò ed i contro, avendo ben chiari i propri bisogni ed i propri desiderata.

E’ importante sottolineare che l’intervento di counselling se, in prima battuta, serve per risolvere un problema contingente, in seconda battuta (ma non in termini di importanza) modifica nel cliente il modo di affrontare solitamente i problemi e, quindi, modifica i meccanismi di coping da disfunzionali a funzionali. L’intervento di counselling ha, pertanto, ricadute anche sui comportamenti futuri del cliente.

Esso, promuovendo l’empowerment, promuove la “funzionalità” della persona, ossia la sua capacità di percepire i propri bisogni e la fiducia di poterli soddisfare, nel rispetto degli altri.

Il concetto di empowerment è strettamente connesso alla presa di coscienza da parte della persona, della propria capacità di sviluppo delle sue potenzialità.

Come sostiene Abrahm H. Maslow, “…una persona è insieme realtà e potenzialità”, il che richiama immediatamente il concetto di tendenza attualizzante di Rogers, ossia il processo di crescita mediante il quale l’individuo tende a realizzare il proprio potenziale in modo autonomo e libero da qualsivoglia costrizione. Il counselling, quindi, aiuta la persona nel suo percorso di “attuaiizzazione”.

Il clima facilitante promosso dal counsellor promuove il contatto del cliente con sé stesso, gli permette di viversi l’esperienza ed i vissuti emozionali legati all’esperienza, senza il timore di essere giudicato, ma con la certezza di essere accettato nella sua autenticità ed unicità.

L’effetto del clima facilitante rende meno minacciosi i sentimenti percepiti e negati/distorti dal cliente.

Scrive Rogers: “…Durante gli ultimi anni sono stato costretto a riconoscere che per creare questo clima, condizione necessaria era che io fossi reale. Mi sono reso conto che solo quando sono in grado di essere una persona

chiaramente reale, e vengo così percepito dal paziente, egli può scoprire quel che è reale in lui…… la via per agire è essere…. Il modo

di capire è solo dall’interno”(5)

In questo modo riemergono i bisogni e la consapevolezza (insight!) di possedere al proprio interno le risorse per poterli soddisfare.

Riprendendo ancora quanto affermato da Rogers, il clima facilitante permette al cliente la totale accettazione di sé “…dei suoi pensieri e sentimenti, le pulsioni creative all’interno di sé, le tendenze distruttive che trova in sé, la sfida della crescita, la sfida della mone. Può far fronte, nella sua coscienza, a cosa significherà per lui essere o non-essere. Diventa un individuo umano e autonomo, capace di essere quel che è e di scegliere le strade. Questo è il risultato della terapia secondo questa tendenza”.(6)

Le condizioni che per Rogers garantiscono l’efficacia della sua terapia centrata sul cliente sono le stesse che promuovono l’empowerment nel processo di counselling centrato sulla persona.

Fonte: ACP – Rivista di Studi Rogersiani – 2006 Articolo di Luciana Franchini