Autore: Alessia Migliari

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Siamo in un’epoca di meditazioni che vanno di moda, di mode di meditazione, di filosofie più o meno New Age, che promettono l’equilibrio interiore come fosse un frutto da cogliere con facilità da un albero. E noi invece no! Il frutto non lo cogliamo, ma lo osserviamo per tre pazienti minuti, in un’attività che è in teoria talmente semplice che alla fine diviene una vera impresa.

Questo esercizio sull’uva passa è l’esplorazione di uno stato mentale che si chiama mindfulness (“mindful” è traducibile dall’inglese come“consapevole”), le cui origini si radicano nell’Oriente, soprattutto nel Buddismo, ma che è terribilmente attuale nella sua applicazione.

La mindfulness ha il “potere” di far realizzare, a ciascuno di noi, qualcosa che abbiamo scordato: l’esserci, davvero. Essere veramente quiadessoed essere consapevoli di questa nostra presenza come mai si è fatto prima, come mai si è osservato un chicco d’uva.

Il respiro su cui riposare

Il medico statunitense Jon Kabat-Zinn, che studia e promuove la Mindfulness dalla fine degli anni ’70, e che ha fondato la Stress Reduction Clinic e il Center for Mindfulness in Medicine, Health Care and Society alla University of Massachusetts Medical School, ci dice:

«Una definizione operativa della mindfulness è: la consapevolezza che emerge se prestiamo attenzione in modo intenzionale, nel momento presente e in modo non giudicante, al dispiegarsi dell’esperienza momento per momento». (Daniel J. Siegel, “Mindfulness e cervello”, pag. 17)

Ora… che ci sia bisogno di particolare insegnamento per stare nell’unico momento che possiamo veramente avere, l’adesso, pare cosa superflua; ma tentate per un secondo, e scoprirete quante volte il pensiero per sua stessa natura si sposta altrovedi continuo, senza trovare un oggetto su cui appoggiarsi e riposare. È talmente inarrestabile che finiamo noi per scordarci di dove siamo e cosa stiamo facendo; e non è solo la natura del pensiero, ma la natura stessa della nostra epoca.

E lo Psicologo sa bene quanto incessantemente ci si muova, nel ricordo del passato e come ci si proietti nelle preoccupazioni sul futuro, in queste immagini mentali di ciò che ci aspetta. Immagini che noi disegniamo con timore.

Per cui la Mindfulness ci insegna il concentrarsi sull’istantesenza un atteggiamento giudicante. Un insegnamento che può partire osservando il respiro, osservandolo come si può fare coi suoni o le sensazioni del corpo e i nostri pensieri.

In questo esercizio quando un pensiero si intromette, noi ne prendiamo atto, e gentilmente riportiamo l’attenzione al respirare, senza essere critici verso questo divagare. Semplicemente osserviamo il nostro respiro, e lasciamo andare le nostre considerazioni, ciò che era ieri e ciò che sarà domani.

Ed è così che prende il via l’osservazione del corpo, durante la quale ci si concentra su ogni nostra singola zona corporea, e da ogni zona corporea si immagina fuoriuscire il respiro. Scrivere questo può far percepire ad alcuni o a molti un sospetto di pseudo-culto salvifico, ma la Mindfulness è ben altro e in ben altra maniera è e va affrontata.

Kabat-Zinn ha sviluppato questa disciplina in Ospedale, applicandola ai malati sofferenti di dolori cronici. Il paziente può essere invitato a entrare pienamente nel sintomo, e a prestare attenzione ai pensieri che esso genera.

La salute non è un’entità statica a cui ci si aggrappa a forza, ma un processo – qualcosa di dinamico, in continuo divenire – che nella sua percezione ha molto a che vedere con il nostro cervello, questo complesso organo che, anche a riposo, consuma il 20% del nostro ossigeno.E la Mindfulness rientra in quell’insieme di tecniche (anche se il termine “tecniche” non è forse adeguato) che si stanno sviluppando ora che sta conquistando sempre più attenzione la Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), branca della Medicina chestudia il complesso rapporto esistente tra cervello, sistema immunitario e psiche, e il loro intrecciarsi.

Mindfulness: Tra mente e cervello

Con le risonanze magnetiche funzionali e i metodi oggi a nostra disposizione si può studiare meglio l’attività cerebrale, e quindi si può indagare sulla Mindfulness stessa.

Il docente di Psichiatria e Psicologia dell’Università del Wisconsin-Madison Richard G. Davidson ha osservato, nel 2004, che una pratica Mindfulness continuativa apporta delle modifiche a carico della corteccia anteriore sinistra, e da questo dato è arrivato a ipotizzare che la Mindfulness sviluppi una miglior capacità di regolare le emozioni, con la conseguenza che può derivare da ciò proprio a livello immunitario.

In uno studio del 2005 della neuroscienziata, e assistente universitaria di Psichiatria a Harvard, Sara W. Lazar si è riscontrato nei meditatori Mindfulness:

  • una corteccia mediale ispessita
  • un ampliamento dell’insula destra

Toccando dunque aree legate all’empatia e alla capacità di autosservazione.

Si tratta di ricerche che ci riportano al concetto di neuroplasticità nell’età adulta, argomento in continua rivisitazione: si è visto che in effetti anche le Psicoterapie portano a una modificazione del funzionamento cerebrale, e in questo senso la Mindfulness non fa eccezione.

Ellen Langer, docente di Psicologia a Harvard, ha svolto ricerche sull’apprendimento Mindful e sostiene:

«Quando siamo mindful, noi implicitamente o esplicitamente osserviamo una situazione da una molteplicità di prospettive, vediamo come nuove le informazioni presenti nella situazione, stiamo attenti al contesto in cui stiamo percependo le informazioni e, alla fine, creiamo nuove categorie di comprensione della situazione».
(Daniel J. Siegel, “Mindfulness e cervello”, pag. 220)

Al Mindfulness Awareness Research Center dell’UCLA si sono per esempio approfonditi i modi in cui si possono coltivare i MAPs (Mindful Awareness Practices), un insieme di pratiche atte ad attivare questo nostro stato Mindfulness.

Le due “entità-chiave” di questa disciplina sono:

  1. la “Mindfulness-Based Stress Reduction” o MBSR (sviluppato direttamente da Kabat- Zinn), per la riduzione dello stress,
  2. la “Mindfulness-Based Cognitive Therapy” o MBCT.

Quest’ultima unisce alla MBSR elementi di terapia cognitiva e deriva dagli studi diZindel Segal (docente del dipartimento di Psichiatria e Psicologia dell’Università di Toronto e direttore dell’unità di terapia cognitivo-comportamentale del Centre for Addiction and Mental Health), Mark Williams (docente di Psicologia Clinica a Oxford) e John Teasdale(ricercatore prima presso il dipartimento di Psichiatria di Oxford e poi presso l’unità di Neuroscienze di Cambridge).

L’MBCT si è rivelato un approccio cognitivo che si mostra particolarmente valido nel prevenire i rischi di ricaduta nelle persone che soffrono di depressione maggiore ricorrente.

Applicazioni

Sappiamo che la Mindfulness può essere di ausilio nel sostenere una Psicoterapia, e se uno Psicoterapeuta desidera divenire insegnante di Mindfulness deve seguire undeterminato iter formativo, proprio per evitare che la disciplina venga praticata da professionisti non adeguati.

Per quanto riguarda i settori coinvolti dalla Mindfulness si va dalle più varie e disparate patologie fisiche ad ancor più vaste problematiche psicologiche.

Si è visto per esempio, proprio in studi di Kabat-Zinn e colleghi che, nel trattamento del dolore cronico, essa conduce a una netta diminuzione della risposta attivata a livello centrale dalle vie dolorifiche e si riscontra un aumento di produzione delle endorfine.

Questa forma di meditazione consente una separazione tra il dolore e il suo contenuto cognitivo e affettivo (oggi si sa che la cognizione ha un ruolo nella percezione del dolore).

Si è applicata la Mindfulness nella gestione della pressione arteriosa, nel supporto dimalati di cancro e di pazienti con malattie degenerative, e si è constatato che essa migliora la qualità del sonno.

Oltre a poter essere utilizzata anche nel trattamento dell’abuso di sostanze, per contrastare l’invecchiamento cognitivo, si è accertata (soprattutto!), come già citato, la sua capacità di migliorare la regolazione delle emozioni in chi soffre di ansia e di alcune forme depressive.

Ovvio che si rischi, a un occhio poco attento, di dare l’impressione che qui si voglia porre la Mindfulness come una sorta di inesistente panacea, quel famoso frutto dell’equilibrio mentale che ci viene raccontato come facile da cogliere in molte filosofie. Ma non è così: qui non stiamo parlando di una soluzione magica e improvvisa, ma dell’apprendere uno stato mentale che diviene coadiuvante di molte situazioni complesse.

Per chi non è afflitto da particolari patologie essa può essere realmente rivoluzionaria nel percepire la propria vita. Per chi invece ha problemi fisici e psicologici essa può risultare di sostegno e può consentire un miglioramento nella qualità dell’esistenza.

Restano però da approfondire maggiormente eventuali casi in cui essa è sconsigliata poiché – per umana natura – ciò che porta beneficio non può esser totalmente esente darischi; è pur sempre lecito pensare che vi siano soggetti per i quali essa non è adatta, o con i quali vada attuata con gradualità.

In attesa di futuri studi, per quanto per ora non compaiono appunto particolaricontroindicazioni, il semplice buon senso può suggerirci di evitare di applicarla a:

  • persone in stato depressivo acuto,
  • persone fortemente traumatizzate,
  • a pazienti portatori di un disagio psicotico.

Meglio un eccessivo scrupolo che una pericolosa perdita di professionalità.

Conclusioni: Scendendo sotto la tempesta

Queste poche righe vogliono essere soltanto una presentazione, un poco speculativa, su un argomento che può vantare una vastità di serissimi studi e ricerche, una vastità in continua espansione. È quindi, secondo me, importante come Psicologi conoscere queste innovative prospettive.

A proposito dell’osservazione del respiro, Kabat-Zinn scrive:

«Come la superficie del mare si increspa quando soffia il vento, così anche la mente tende ad agitarsi e a divenire reattiva in presenza di turbolenze esterne. Ma se scendi quattro o cinque metri sotto la superficie del mare trovi solo un lievissimo movimento: a quella profondità l’acqua è calma anche quando la superficie è tempestosa».
(Jon Kabat-Zinn, “Vivere momento per momento”, pag. 45)

E così è per l’immersione nel respiro, il nostro mare, una considerazione poetica – più che scientifica – ma affabulante.

Del resto, avete mai osservato un chicco di uva passa?
Osservato veramente, si intende.

Ci vogliono solo tre minuti… un viaggio inimmaginabile.