Autore: Dott.ssa Emanuela De Bellis

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Parte I – Il guru

La domanda classica è: “Che differenza c’è tra psicologo, psicoterapeuta e psichiatra?”

A volte viene messo in mezzo anche lo psicanalista.

Chi ha intrapreso un percorso terapeutico (e ne è soddisfatto), lo consiglia a chiunque: “Lo dovrebbero fare tutti”. Chi ha avuto una brutta esperienza, se la prende con tutta la categoria.

scelta-della-scuola-superioreMa in generale, quasi nessuno sa spiegare che cosa fa uno psicoterapeuta: dai collezionisti delle terapie a quelli che non ne vogliono neanche sentir parlare, la confusione sulle competenze del terapeuta continua a essere vasta e articolata, mentre l’informazione rimane sempre più scarsa.

Per tentare di fare un po’ di chiarezza, invece di tentare una definizione tanto esaustiva quanto complessa,  vi propongo una lista di ciò che uno psicologo non è: ruoli e tendenze che gli vengono comunemente attribuiti, ma che, vi assicuro, sono lontanissimi dalla realtà.

E forse, come spesso accade, eliminando le distorsioni di significato, ci avvicineremo alla comprensione della funzione della psicoterapia, della sua utilità.

 Il guru

E’ l’immagine più frequente tra i sostenitori della psicoterapia. Esalta la figura dello psicoterapeuta come di colui che, ormai al di sopra delle piccolezze umane, illuminato dalla verità sulle relazioni e sulle emozioni, custodisce le tavole della via per la serenità, quella che passa sempre per il giusto mezzo. Non mostra la strada per la felicità; la fa imboccare. E’ portatore dell’Unica Verità sul mondo e sul paziente, sa sempre quello che l’Altro pensa (e forse anche quello che l’Altro fa), e niente lo può perturbare.

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Niente di più lontano dalla verità. Tanto per cominciare, lo psicoterapeuta lavora con la storia del paziente; il suo punto di vista non ha nessuna importanza rispetto a quello del protagonista della storia. La sua verità non è presente, né in figura né sullo sfondo: ciò che conta è solo la verità del paziente, anche quando è lontanissima dal punto di vista di tutti i giorni del terapeuta. E’ proprio questo il punto: nel momento in cui lavora, il terapeuta abbandona il proprio punto di vista di tutti i giorni. Questa sospensione del giudizio non è frutto di un’elevazione rispetto al resto dell’umanità, ma semplicemente di una tecnica, appresa durante gli studi.

Inoltre, l’obiettivo della psicoterapia non è ‘acquisizione del buon senso o della logica, quanto piuttosto la trasformazione del significato, la riappropriazione delle scelte e delle emozioni.

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Il rischio forte, nel considerare il terapeuta una guida spirituale, anziché un professionista della psiche, è la delusione in cui ci si imbatte quando si colgono i limiti umani del terapeuta; quando si vengono a conoscere dettagli della vita privata di alcuni psicologi (“E quello dovrebbe aiutare la gente?!”), quando ci si scontra con pezzi di realtà diversi dalla tera

pia, quando da una parola, da un’espressione, si coglie una sfumatura diversa da quella professionale.

La verità è anche i terapeuti hanno difficoltà relazionali, perturbazioni emotive, comportamenti irrazionali e idiosincrasie: e questo c’entra poco con la qualità lavorativa, risultato di un’alchimia di tecniche e talento, come tutti le altre professionalità.

Inoltre considerare lo psicoterapeuta una guida favorisce la delega della responsabilità: invece che impegnarsi e rendersi responsabili delle proprie scelte, ci si affida a una serie di indicazioni che dovrebbero portarci alla felicità, e che ci tolgono l’impiccio di dover lavorare su noi stessi.

Di guru ce ne sono tanti in giro, ne troverete sicuramente uno adatto; se cercate una guida, non andate d uno psicoterapeuta.

La psicoterapia è un lavoro duro, ma più per il paziente che per lo psicologo!