Un saluto a tutti i lettori del Blog per augurare buon vacanze e per comunicarvi che pubblicheremo alcuni scritti della cara collega Rita Farneti ringraziandola per la sua amicizia e per la delicatezza degli articoli che mi onoro di pubblicare.

 

Autore: Dott.ssa Rita Farneti

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Nel testo di Massimo Recalcati sul complesso di Telemaco l’autore sottolinea la differenza fra Edipo e Telemaco: se Edipo viveva il padre come rivale, per Telemaco il padre rappresenta un augurio e la speranza di una giustizia giusta.

Rappresenta la possibilità di investire in un oggetto interno buono a fronte di tanto male che allaga il suo presente. I Proci hanno occupato la sua casa, godono delle sue proprietà  , insidiano la madre Penelope.

In Telemaco la speranza di rivedere un padre per tanto tempo lontano si esprime nell’agognare un futuro vivibile di cui può (ancora) aver possesso. Non cede nel presente, pur problematico, alla trappola dello scoramento.

Per dirla con P. Trabucchi è resiliente. La sua domanda di padre chiama in causa una verità declinabile solo alla presenza di un testimone coerente.

Recalcati   parla di un padre umano fra gli   umani , non più padre padrone avviluppato nel desiderio di esercitare solo potere e disciplina. Dunque una figura genitoriale in grado di dare senso alla vita del figlio attraverso   la testimonianza   dell’attraversare la parabola della vita con passione   e senso di responsabilità.

Un genitore   assolutamente   in   grado   di  dimostrare   che la vita può essere dotata di senso: possibile, dunque ,la trasmissione dell’eredità simbolica più significativa, quella della vivibilità della stessa esistenza.

In ognuno di noi , forse,  c’è un po’ Telemaco.

Se nel complesso di Edipo si colloca il riconoscimento del padre come ostacolo (necessario), e sovente la relazione padre-figlio fermenta di prepotenza e prevaricazione, incistandosi talvolta anche in un antagonismo mortale, nella figura di Telemaco si appalesa la condizione psicologica di un figlio che tiene lo sguardo aperto sul mare(1).

E’ in attesa del ritorno del  padre : esprime cioè una radicale invocazione del Padre, che sgorga dalla presa di coscienza che senza legge non  c’è senso, non c’è felicità(2).

La relazione fra Telemaco ed Ulisse mette sulla strada di una vita sostanziata dall’incontro , simbolico e reale, col limite, illuminata dal riverbero della consapevolezza che il porre confini non obbedisce a mere finalità mortificatorie  ma, piuttosto, al farsi guida sapiente del gioco del desiderio (3).

Un padre, adulto e figura significativa in grado di passare eredità, è in grado di conquistarsi ri-conoscimento  non  per il nome che porta ma per le azioni che compie, mentore ed al tempo stesso  fecondo nel dimostrare che un legame tra legge e desiderio esalta dell’esperienza del vivere la sua qualità più essenziale.

Nelle nuove generazioni la trasgressione sembra avere come   base   d’appoggio un’inquietante solitudine.

Ci    sono  relazioni padre-figlio che appaiono confermare il conflitto come il carburante più efficace. Il conflitto espresso nel perverso, manifesto od anche manipolatorio attacco all’io sottolinea la consistenza di ruoli assimilati a contenitori privi di contenuto e diventa lo specchio di una delusione distruttiva.

Fotografa una coppia reciprocamente e tenacemente screditata e screditante.

Come affermava John Donne nessun uomo è un’ isola  : la solitudine nel presente di ognuno cattura luce da un’ombra opaca e sconfortante, il dover confessare di essere (appena) compagno di sé nell’esperienza del vivere.

Al viaggio in luoghi diversi fa da contraltare l’insediarsi in luoghi dell’anima problematici per ferite generate dalla difficoltà del rapporto con l’altro e da interazioni in bilico fra il passato ed un presente che stenta a dirsi al   futuro.

E’ in gioco, afferma   Methnani, la ridefinizione dell’ identità,  un cammino interiore, per vincere, ove possibile, mortificanti pregiudizi, per combattere marmoree diffidenze, per superare consolidati stereotipi.

Colui che s’insedia, come colui che s’appresta a partire, diventa prigioniero dell’attesa e vive un presente non ancora calato nel futuro .

Il domani s’intravede attraverso la nebbia di identità   surrettizie, scandite dallo sforzo di adattamento: per orientarsi in un paesaggio percepito disforico (4), regolamentato in spazi urbani troppo o per nulla ampi,  più spesso sentiti come labirinti tenaci nel creare inquietudine, occorre cercare un luogo che non obbedisca a Kronos (5), ma accolga la potenziale opportunità nel  Kairos (6).

Perché straniero nel fondo rimane colui che non può più partire, ma può solo fuggire, fuggire altrove (7).

L’immagine del clandestino diventa allora un paludamento mentale nel quale risulta difficile affermare il diritto a piaceri  e  desideri, coltivando la speranza di poter guardare a se stesso come ancora se stesso.

E’ la condizione esistenziale di colui che prende luogo in una comunità diversa da quella di origine, alla quale sente ancora di appartenere (8).

La nostalgia cementa il senso di precarietà del ritorno, miraggio di un’autorappresentazione appena consolatoria (9), equivoco in bilico tra oggettività e soggettività (10).

Permangono dolore e pena provocate dalla lontananza dalla propria terra, intristite giorno dopo giorno dal senso di estraneità e solitudine. Il desiderio di ritorno, secondo Levi- Strauss, altro non è che un eccesso di comunicazione con la propria identità (11), pungolato da un’amarissima lontananza.

D’ora in poi,  mi  dico, meglio non mangiare il cibo cui sono stato abituato: alla fine ti lascia solo il sapore di ciò che non sei più (12).

NOTE BIBLIOGRAFICHE

Nota 1-2-3 M.Recalcati, Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre, Feltrinelli, Milano, 2013

Nota 4-7-8-9-10-11 -12 A.Luzi, Migrazione e identità: Immigrato di Salah Methnani, www.disp.let.uniroma1.it

Nota 5 – Cronos: tempo in senso generale in F.Rocci, Dizionario greco italiano

Nota 6 – Kairos: Il tempo giusto, la buona occasione in F.Rocci, Dizionario greco italiano