Autore: Dott.ssa Rita Farneti

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In una lettura di Spinoza fatta da Spano viene fatto cenno alle “passioni tristi”: si allude al “sentimento d’impotenza, di disgregazione”, si sottolinea il disagio di questo nostro tempo di vivere, si assume come attuale e incalzante la concettualizzazione dello “sterminio dell’altro” e della “scomparsa del soggetto”.

Ogni dimensione del privato e del sociale, secondo Bauman, è attraversata da instabilità, rivelando una sorta di assenza, quella di una “istituzione” con il carattere della rappresentatività, non più in grado di essere “abbastanza potente” per dare legittimità e al tempo stesso  ”promuovere e rafforzare” qualsivoglia “insieme di valori o qualunque gamma di opzioni coerente e coesa”.

Siamo sempre più deprivati della possibilità di relazioni vere, di scambi autentici, di incontri alimentati da una disponibilità benevola, genuina, che possano dare sostanza al nostro cammino.

Capita, invece, di bere il veleno del precario, in bilico fra un’ossessività (che appare, piuttosto, la trasposizione di un’implacabile critica), una rinuncia processata attraverso rituali obsoleti e una sorta di paresi di un qualunque tipo di sfida.

Occorre avventurarci in un impegno assunto come (finalmente) credibile? Senza correre il rischio di ri-trovarci ingabbiati in abiti buoni per il quotidiano della precarietà, ma poco compatibili con l’idea di un futuro ancora nostro e possibile?!

Anche a cagione di una speranza sempre più anemica, per lo più fruibile in quantità omeopatica. Tendiamo a navigare a vista: al timone la paura di incontrare qualcosa che non ci sarebbe agevole controllare, troppo complesso e al tempo stesso troppo semplificabile, correndo il rischio di un incontro dal fascino non promettente, già derubati della (pur necessaria) necessità di avere fede nel progredire dell’esperienza di vita.

Acquista sempre più territori una brutalità che “identifica la libertà con il dominio di sé, del proprio ambiente, degli altri”, in ragione di una logica paradossale per cui tutto “deve servire a qualcosa “, il che aumenta la nostra infelicità.

Per Sigmund Freud l’infelicità dell’essere umano era causata dalla “forza schiacciante della natura, dal nostro corpo fragile e dall’inadeguatezza delle istituzioni “: da questo erano regolate le relazioni fra umani.

La rassegnazione alle prime due pungolava alla comprensione della terza: se la nostra vita non fosse soggetta alle restrizioni della cultura, davvero potremmo (finalmente) gioire? Per il medico e psicoanalista viennese duplice era lo scopo per il quale si era costituita la cosiddetta “civiltà”: proteggere l’uomo da se stesso e portarlo a consociarsi.

E se non ci sentiamo felici, riusciamo a formarci una qualche idea del motivo della nostra infelicità e, soprattutto, abbiamo la possibilità di verificare se in tempi anteriori (agli attuali) nostri simili siano stati (invece) toccati dalla felicità, e quale ruolo nell’acquisizione della medesima abbiano giocato le condizioni della civiltà (degli stessi umani)?

 Ora la posta in gioco sembra essere ”la centralità del soggetto e della soggettività, i processi sociali di identificazione del sé e la capacità di azione politica dell’individuo”.

Con l’attenzione puntata alla globalizzazione (da un punto di vista antropologico) perché in questo contesto globale vengono sovvertiti equilibri e competenze fra ciò che attiene alla politica e ciò che attiene all’economia .

Manca il valore simbolico e intrinsecamente politico del dono, “espressione di un individuo“ che riesca ancora a “trasformare la coscienza della debolezza nella creazione di un legame” ma, soprattutto, manca la cura del mondo, innescata da “una soggettività che tolleri di risiedere nella negazione, riconoscendosi come un qualcosa di incompleto e vulnerabile”.

Trasformerebbe, per dirla con Pulcini, “l’individuo dei nostri giorni in un soggetto compiutamente e consapevolmente relazionale, tanto responsabile quanto solidale, capace di prendersi cura del mondo come dimensione dell’ inter-esse comune.”

BIBLIOGRAFIA

B.Spinoza,Tutte le opere, testi originali a fronte, a cura di A.Sangiacomo, Bompiani “Il Pensiero occidentale, Milano,2010

I.Spano, Lo “sterminio dell’altro “ e “la scomparsa del soggetto”.The extermination of the other and the disappearance of the human being , in Dinanzi al morire: Percorsi interdisciplinari dalla ricerca all’intervento palliativo, a cura di D. Capozza e I.Testoni, Atti del Convegno Padova 6-7-8 settembre 2012

Z. Bauman, La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano, 2000

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D’Andrea D., Pulcini E. ( a cura di), Filosofie della globalizzazione, Firenze, Editori ETS,2001

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M. Benasayag, G.Schmit, L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli, Milano, 2004

E. Pulcini, La cura del mondo Paura e responsabilità nell’età globale, Bollati Boringhieri, Torino, 2009