Autore: Dott.ssa Rita Farneti

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Molte le parole che possono dirsi, le prime hanno a che fare col bisogno di forare l’indifferenza poiché ci sono nella bacheca della mente desideri in cerca di aiuto. Tutto ciò produce effetti intellettuali in un territorio che  diventa  pensiero oscillando fra tanatofilia  e  disperato bisogno di non algebrizzare  morte,  solitudine e vuoto come  consunti eventi apparentati al quotidiano. Si cerca di dare parola ad una sfida, il desiderio di vivere, per trovare destino. Viaggiare  (per Idolo Hoxhvogli) ”è assiduamente vivere e morire, senza sosta esser noi opera viva e morta, umano bagnasciuga, linea di galleggiamento”. In bilico fra un pensiero che diventa immagine e un’immagine che biasima di doversi accontentare di un concetto troppo semplificato. Si teme di dover rivivere quel qualcosa che è possibile scarnificare solo nei ricordi. Questa fascinazione disvela   un uso della lingua aperto crocicchio di molti topoi. Paura di agganciarsi a qualcosa, che   diventa   alchemico già nella degustazione lessicale. L’arida sontuosità del mistero della parola muove stupore, lambendo l’immersione in una sostanza materica compiuta.  Hoxhvogli porta a  sé “  una  lingua che, tra le voci del mondo, è senza terra. Tra melodie inascoltate (…) è silenziosa (…) “.Forestiero  accoglie “in dono (…) solitudine e ferocia”. E’ ossimoro esistenziale, continuamente in bilico, forse volutamente sospeso, nella diaspora che spinge a ricavare nessi logici necessari ad un’operazione del vivere,  nel drappeggio  raffinato ma dolente di una temuta troppo inascoltata voce. Vita vissuta che   non  può (ancora e più) permettersi di appalesare rimpianto di una qualche pienezza. “Discriminare non è considerare l’altro inferiore, ma considerarlo diverso”, continua lo scrittore. Diverso è peggio che inferiore, porta la crudeltà del disprezzo alla massima potenza. Per esistere bisogna “entrare ed uscire, come le parole e le immagini“, movenze di una danza linguistica che cerca combinazioni in insolite e coloratissime affinità. Prosa involuta   d’immagini, ma asciutta e scheggiata nei ricordi. Esercizio letterario sapiente e consumato, sobillato nelle immagini  dal   corruccio e dallo sdegno di un  migrante mai insediabile, sempre periferico rispetto a qualcosa. Ad inseguire l’unico punto di prospettiva che renda possibile guardare nel mondo, col biasimo della lontananza per torti subiti, sentiti vissuti, non pareggiabili a cagione del veto alle illusioni. Salvo sfinirsi di struggimento nel cercare le medesime (illusioni).

BIBLIOGRAFIA

I.Hoxhvogli(2011),Prose, Cuadernos de Filologia Italiana,vol.18,217-222

A.Martinet(1967), Elementi di linguistica generale,Bari,Laterza

A.Del Monte(1966),Retorica stilistica versificazione. Introduzione allo studio della letteratura,Loescher,Torino

Note dell’autrice

Rita Farneti, psicologa e psicoterapeuta, vive a Ravenna.Già consulente del Centro per lo Studio della Fisiopatologia del Climaterio e della Postmenopausa del Policlinico S.Orsola Malpighi di Bologna (1986-1992), collaboratrice esterna Dipartimento di Scienze dell’Educazione Università degli Studi di Padova Facoltà di Psicologia (1995-2003), giudice non togato al Tribunale di Sorveglianza di Bologna(1999-2000), ha partecipato nel gruppo di lavoro dell’Ordine degli Psicologi della Toscana alla stesura del Documento programmatico RSA(2009-2010). Attualmente si occupa di formazione degli operatori sulla relazione di aiuto (anziani , migrantes, malati oncologici). Autrice di pubblicazioni nazionali ed internazionali , redattrice di Geragogia.net ,dal 2013 collabora con l’Università Popolare di Firenze .

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