Autore: Giovanni Iacoviello

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Di origine latina, il termine “creazione” comprende, nella sua etimologia, oltre alla predisposizione al creare ex novo il concetto di crescita, miglioramento, sviluppo ed è forse questa la miglior chiave di lettura per poter parlare di  creatività nel campo dei media e dell’ADV.

Quando si parla  di “seconda rivoluzione creativa” (la prima si verificò tra la prima e la seconda guerra mondiale), ci si riferisce ad un periodo storico nella tarda metà del 1900 in cui si passò da una strategia comunicativa  basata sulla ripetitività del messaggio (più un annuncio era visto o sentito e più si pensava che il cliente potesse affezionarsi al prodotto) alla consapevolezza che il messaggio per essere accolto doveva prima di tutto essere originale e attirare la curiosità. Si cominciò dunque a dar maggior spazio alle intuizioni di copywriter e grafici, giocando con le parole e l’ironia nella composizione dei testi e con le forme e la fotografia nella creazione del design arrivando così a costruire una storia attorno al prodotto capace non solo di descriverlo ma di delinearne anche la personalità, personalità in cui il consumatore si riconosceva.

Uno dei maggiori artefici di questa rivoluzione fu un pubblicitario di origine americana di nome Bill Berbach. Le sue campagne erano caratterizzate come vedrete dall’ironia, dall’innovazione e da un nuovo modo di comunicare il prodotto: partendo dai suoi difetti (metodo da lui definito: Negative Approach). Andiamo a vedere qualche esempio.

Wolkswagen.

Contattato dalla nota casa automobilistica che voleva proporre il non ancora mitico maggiolino al mercato americano, Bernbach si trovò dinanzi la difficoltà di presentare ad un mercato abituato alle grandi e vistose macchine made in USA e ad un consumatore medio legato al concetto di grande è bello, un prodotto con due enormi difetti:

–      l’essere tedesco (siamo appena dopo la seconda guerra mondiale quindi la Germania non era di certo ben vista);

–       l’essere considerato brutto e piccolo.

Quali furono le intuizioni di Bernbach a proposito?

La macchina era considerata dal pubblico piccola, ecco allora la prima campagna dove la fotografia piccolissima dell’auto si perdeva in uno sfondo chiaro facendola apparire ancora più piccola, saltava all’occhio solo il claim THINK SMALL, (pensa in piccolo), mentre nella parte inferiore venivano elencati tutti i vantaggi di avere una macchina piccola. (prezzo contenuto,  minori consumi, nessun problema nel traffico e via dicendo).

La macchina era inoltre considerata brutta, ecco allora l’ironico claim LEMON che oltre a scherzare sulla somiglianza della macchina con un limone, giocava con il doppio senso che ha in gergo il termine lemon –scartato-  mentre nel testo sottostante veniva spiegato il perché a causa di un piccolissimo difetto nella carrozzeria la macchina in foto (apparentemente perfetta) fosse stata scartata dal reparto qualità Wolkswagen.

Che dire poi della terza: IT’S UGLY BUT IT GETS YOU THERE (è brutto ma vi ha portato lì). Era riferito al primo modulo atterrato sulla luna. Penso non occorrano commenti: ecco rovesciati i difetti e trasformati in punti di forza. Forte di un’innovativa veste grafica dal design pulitissimo (completamente diverso da quello fino ad allora utilizzato per l’ADV nel mercato automobilistico) e spinta da claim volutamente ironici, la campagna fu un successo sia dal punto di vista commerciale che da quello del feeling con i consumatori ed tutt’ora considerata uno degli esempi più riusciti di comunicazione creativa.

To be continued….(fine prima parte)