Autore: Dott.ssa Marzia Cikada

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Dopo una certa età ognuno è responsabile della sua faccia.
Albert Camus
 

Sta finendo anche  l’estate 2014. Si rientra dopo una breve assenza e, avendo seguito solo quelle notizie che non puoi farne a meno,  si scopre cosa nel frattempo è successo nel mondo. Questo significa anche rientrare nel vortice dei Social e dire “E questa che storia è?”, imbattendosi nella sfida del secchiello di ghiaccio, meglio nota a tutti come #alsicebucketchallenge. Di cosa si tratta? Tutti lo sappiamo, probabilmente da molto prima di Pollicino, nasce come modo per raccogliere fondi per la ricerca sulla SLA, la sclerosi laterale amiotrofica e sembra che economicamente i risultati ci siano. La sfida è nata da Chris Kennedy che dalla Florida ha dato l’inizio alla sfida ma poi, il tiro, è stato aggiustato quando è apparso Pete Frates, giocatore di baseball che si è ammalato di SLA e l’ha resa “virale”, coinvolgendo in tutto il mondo artisti, capi di stato, visi noti e notissimi. Perchè il secchio di ghiaccio? La sensazione che da, per qualche secondo, è di blocco dei muscoli mentre la mente è lucida, una sensazione simile a quella che prova chi è vittima di questa malattia terribile o almeno questo sembra sia stato all’inizio. Ma per molti è diventata la notizia del momento, mettiamoci anche che il tutto è divertente,  è estate e, specie sulle magliette bagnate, regala una certa visibilità che riecheggia di video in video per i social.Come funziona? Ci si lancia o ci si fa lanciare un secchiello di ghiaccio e si fa una donazione per la ricerca, poi si passa a nominare altri amici. Un passaparola semplice ed efficace che  viaggia a una velocità straordinaria.

Perchè in un blog di psicologia dovrebbe trovare posto un tema come questo? Per molteplici ragioni. Perchè si parla di comunicazione, si tratta di gruppi, di come agiscono mosse dalle emozioni digitali messe in azione da un click, perchè si sta parlando di come, ogni giorno, vengano fatte moltissime scelte, anche importanti e, spesso, si decide con una certa leggerezza  di mettere il proprio volto a testimonianza di qualcosa, qualunque cosa sia. Ragazzi, adulti, anziani siamo tutti immersi in questa grande piazza che abbraccia tutti e tutto, crea relazioni e comunica, spesso al posto nostro e con il nostro benestare.

Ora. La motivazione per cui il “tormentone” dell’estate è partito, certamente è nobile, anche se verrebbe voglia di intervistare tutti i partecipanti e chiedergli quanto davvero siano informati sulla SLA e quanto davvero abbiano donato per ricerca, e non sia invece la loro più la ricerca di quei quindici minuti, anche cinque in realtà, di visibilità plateale. Chiaramente anche solo che “se ne parli” porta un sicuro successo del fenomeno e della causa a questo collegata. Eppure ci sono modi personali anche di prendere parte ad una manifestazione così social e mondiale, scansandosi anche di poco dal percorso segnalato e trasformando il “così fan tutti” in “a modo mio” ( come per esempio ha fatto rispetto la sfida in questione, l‘attore Patrick Stewart).

Quello che colpisce è come la rete sappia creare fenomeni sociali così fortemente risonanti. Tutto diventa manifesto e chi percepisce il messaggio, diventa parte della comunicazione, la sensazione è di essere parte attiva del mondo. Oggi la SLA, ieri la guerra, domani la salvezza di moltissimi bambini, ho fatto tutto, con un solo click, dalla poltrona di casa, senza neppure dover informarmi troppo, semplicemente accettando il messaggio costruito da altri e condito dal gradimento della rete, a base di “mi piace”, stelle, cinguettii, più.

Cultura, libri, dipinti,  campagne di sensibilizzazione, tutto passa ormai per la rete e per i Social.  In questo modo tutto diventa, o sembra diventare, raggiungibile, democratico sotto certi aspetti. Si sdoganano contenuti che sarebbe diversamente più difficile far passare, tutto diventa fruibile. Effetti reali? Questo è uno degli aspetti particolari dell’attivismo online.  Petizioni, firme, condivisioni. Tutto sembra, per la maggioranza dei casi, dimenticato in fretta. Sembra che possa bastare quella veloce indignazione a contatto con tante altre veloci indignazioni per potersi sentire partecipi.  E’ così?

Ogni scelta comporta una presa di responsabilità e una conseguenza. Ne siamo sempre consapevoli? Una sensazione che non piace, solitamente, è quella di sentirsi privi di guida, in balia delle onde. Per molti è, quindi, rilassante e liberatorio, mettere da parte la propria capacità critica e seguire la scia degli altri, riconosciuti capaci di scegliere per noi.  Questo evita la frustrazione di possibili errori, diminuisce la possibilità di delusione, fa sentire parte di qualcosa, nel mondo della condivisione, dove l‘impegno sociale è spesso una “moda” del momento.

Il desiderio di stare con, di spontanea e necessaria aggregazione è presente in ognuno di noi, animali con il bisogno di socializzare. Ma facciamo attenzione a non attivare una sottile e anestetizzante dipendenza dal gruppo social, questa popolazione per lo più sconosciuta e lontana da noi che però ha dalla sua un fascino indiscutibile. Nel momento in cui si entra nella rete, bisogna saper scindere aspetti diversi. Alcuni aspetti che si mettono in atto in certi gruppi online, non sono del tutto lontani da quelli che si incontrano in certi gruppi che utilizzano una vera e propriamanipolazione sui loro membri, come quella  esercitata dalle sette, tristemente note perchè,  solitamente, cercano di fare proseliti utilizzando metodi poco morali e legali ma che, generalmente, si fanno conoscere come spinte da motivazioni positive, religiose, come a voler sostenere la personale evoluzione di chi entra a farne parte. I Social, creando una serie di  comportamenti esclusivi ad uso dei suoi membri, possono avere un peso particolare,  se non un reale abuso psicologico,  per chi, in un momento di particolare vulnerabilità, non riuscisse a esimersi dalla prendere parte anche a comportamenti che non gli sarebbero altrimenti propri. Facciamo attenzione a questa partecipazione, di questo essere socialmente responsabili a suon di click e video postati. Teniamo alto il nostro potere di scelta, prendiamo una posizione dopo averci pensato su, non seguiamo soltanto, decidiamo come seguire. Saper entrare, comprendere alcuni dei meccanismi che sottendono la rete e i social, saper usare le leve che questi quotidianamente muovono, permette di esercitare un certo potere, una sorta di controllo emotivo che crea un reale pensiero di gruppo, in alcuni casi pericolosamente uniformante.

La Rete, anche con queste campagne di seduzione sociale, avvicina le persone per allontanarle però dai contatti reali, quelli personali, quelli che creano legami tangibili, su cui investire e di cui essere responsabili. I Social coccolano e spesso sono molto utili, se si sa usarli, ma l’uso acritico lascia troppo potere alla web community e abbassa le capacità relazionali e quelle di porsi in una posizione di scelta responsabile. Anzi,  la responsabilità non educata, non critica, lasciata all’esercizio del gruppo, si diffonde e perde, non si è più padroni delle proprie azioni, si rischia di minimizzare l’eco di quanto accade, pensiamo ai tristi episodi di cyberbullismo. Siamo attivi, scegliamo, critichiamo, prendiamo le distanze, avviciniamoci, facciamo attenzione, condividiamo ma non sottovalutiamole le conseguenze di una qualsiasi azione fatta anche online.

I Social sono una opportunità, ma vanno conosciuti i limiti e le seduzioni di questi sono capaci. Essere “attivi” online, permette di chetare il bisogno di giustizia senza muovere un passo fuori dalla zona di comfort della nostra vita quotidiana, non mette nulla in discussione, ci da l’illusione di cambiare qualcosa ma è solo la nostra percezione che cambia.  Certamente la condivisione di un post è un corollario utile, ma educarci ed educare ad essere sociali, informati e responsabili implica qualche fatica in più e la possibile frustrazione di scegliere posizioni scomode con pochi “mi piace”. Ma a dispetto di tante mode, facciamo che il gradimento più importante sia il nostro.

Pollicino:  L’attivista online alle prese con la sua reale responsabilità

L’Orco : La mancanza di senso critico e di scelta

L’arma segreta : Non seguire solo le mode, fermarsi e scegliere. Trasformare i Social in una opportunità non in una corrente da cui ci si fa sedurre acriticamente