Autore: Dott.ssa Simona Saggiomo

 

Spesso quando si va a cena fuori si assistono a piccoli litigi a tavola fra genitori e bambini rispetto a cosa prendere dal menù. Il più delle volte questo capita anche a casa, quindi al ristorante le cose non cambiano. Che cosa si sta sbagliando? A che cosa i genitori o chi li educa non hanno fatto attenzione? Io resto spesso sconcertata di fronte a queste discussioni, che scadono spesso in ricatti del tipo “ se non mangi la verdura niente televisione…” e così via, dando inizio ad un circuito di rabbia, stanchezza e piagnistei non poco da ridere. Le mamme lo sanno bene : i figli, per farle sentire in colpa, iniziano a strillare e davanti a tante persone la figura è proprio brutta, tanto che si cede al bambino e così il potere torna a lui. Sì : a tavola si gestisce il potere.

Il cibo è un grande indicatore delle relazioni familiari: ci dice chi sceglie il cibo e cosa devono mangiare gli altri, ci dice chi si prende la responsabilità di insistere e chi di lasciar perdere, ci dice chi ha più potere decisionale di altri e chi comanda tutti. Il bambino che fa i capricci non è “ poverino” come tanti dicono e per questo per farlo smettere di piangere lo si accontenta, ma è solamente un bambino viziato e chi è viziato ha molto potere decisionale sugli altri.

La mia domanda è : chi dà al bambino così tanto potere e gli permette di decidere per sé e per gli altri? A chi spetta il compito di educare il piccolo? E soprattutto : perché si lascia scegliere ad un bambino che non è ancora in grado di badare a se stesso?

Nel ciclo di vita ci sono delle tappe educative e di apprendimento ben precise da rispettare : l’età del ciuccio, del togliere il pannolino, del parlare, ma anche delle regole da rispettare. Se queste tappe sono saltate o si resta su un gradino al posto di salire, qualche cosa col tempo non funziona all’asilo come a scuola. Le maestre chiamano i genitori e fanno notare loro delle criticità : quanto vengono raccolte e quanto lasciate stare pur di non mettere in discussione il proprio ruolo da genitore?

La nostra più grande difficoltà è il giudizio : se mio figlio è un bambino cattivo, io non sono un buon genitore; non è sempre così, ma qualche volta è vero. Quando?

Il tavolo è un ottimo modo per capire chi detta le regole e chi le segue, e chi sceglie di non farlo. Quindi potrebbe essere utile comprendere come gestire i “regolamenti culinari” in modo da non dare la responsabilità delle scelte solo al bambino. Perché di questo di tratta : i genitori che non decidono, ma lasciano decidere al piccolo , danno responsabilità e compiti a chi non li deve ancora avere. Come mai questi genitori lasciano tutto questo potere decisionale ai loro figli? Che cosa gli impedisce di non decidere per loro? Questo capita spesso: ad una mia osservazione “ Ma come mai suo figlio/a mangia wuster e patatine? Al di là che siano cibi poco proteici e molto grassi… come mai scelgono solo loro?” E le mamme : “ Sa… sono bambini piace a loro questo cibo”. Questa risposta mi fa un po’ inorridire: proprio perché sono bambini e non sanno ancora ciò che è sano o meno, i genitori dovrebbero educarli al posto di accontentarli. Così facendo hanno innescato un meccanismo di potere decisionale a catena: oggi scelgono il cibo, e domani? Io non me la prendo con i bambini, che bene hanno già capito come manipolare i propri genitori, ma con chi dovrebbe averne la responsabilità e la declina su di loro. Sentendosi così responsabili di sé, i bambini poi continuano : che la lotta educativa abbia inizio.

Cosa fare in questi casi? Io chiedo in primis ai genitori : “ Adesso che avete lasciato così tanto potere decisionale nel cibo ai vostri figli , cosa pensate di fare? Togliere tutto e le cattive maniere non sarà facile : le abitudini sono dure da modificare”. Loro sospirano, si sentono anche giudicati e poco incisivi con le modalità proposte, e hanno ragione. Sono proprio stati questi schemi ormai ripetuti che hanno permesso un risultato simile. Teniamo conto che queste situazioni possono anche diventare un terreno fertile per i conflitti coi nonni, che in molte famiglie viziano i nipoti, rendendo vane le conquiste dei genitori. Però questo è un ottimo punto di partenza : se i genitori sono stati poco incisivi coi figli e con i rispettivi nonni, si può solo migliorare!

Da dove partire?

Esistono piccole regole utili per modificare le cattive abitudini alimentari. Queste regole servono per far riprendere le decisione a chi spettano, e non far scegliere solo ai bambini. Con questo non si deve pensare di imporre qualche cosa, ma fare in modo che il figlio non scelga sempre e comunque.

I bambini imparano molte cose osservandoci : da mamma e papà ad esempio imparano chi ha il controllo, chi decide, chi ha l’autorità; dai ruoli di maschio e femmina che i genitori portano con sé, essi imparano i compiti degli uomini e della donna, la sessualità, le dimostrazioni di affetto e così via. Quindi non si tratta solo di scegliere il cibo : i bambini osservandoci hanno compreso ed imparto molto di più. Ad esempio sanno già a chi chiedere e come un gioco nuovo: al genitore più permissivo!E a tavola è lo stesso.

Ho trovato su un blog per bambini alcune regole che ho rivisitato per utilità specifica, ma utili per essere usate anche in contesti diversi ( www.bimbiincucina.it).

Eccole:

  1. Mai chiedere “cosa vuoi per cena?” , ma sostituirlo con : “ per cena ho preparato … tu cosa vuoi tra questi piatti? Le domande generiche, come la prima offrono la possibilità ai bambini di scegliere sempre e solo quello che vogliono, mentre la seconda lascia spazio decisionale al bambino, ma è il genitore che ha impostato la cena. La stessa modalità può essere usata per i giochi, le uscite e quant’altro.

  2. Non offrire mai all’inizio del pranzo quello che piace di più, perché fa escludere automaticamente gli altri: in tal modo possono saziarsi e usare questa scusa per non mangiare altro. Ciò che invece è importante sottolineare che dopo quel piatto c’è ciò che piace al bambino, che sarà motivato a mangiare per gustarsi ciò che preferisce.

  3. Non bisogna proporre ai bambini sempre gli stessi piatti : questo crea difficoltà quando andranno all’asilo o a mangiare da altre persone, e non è neanche troppo salutistico. E’ invece importante far variare i cibi, che metaforicamente è come permettere ai propri figli di fare esperienze diverse per scoprire che c’è altro oltre quello sport o attività artistica. Aprire il ventaglio alimentare all’inizio sarà molto faticoso, soprattutto per chi cucina, ma poi produrrà risultati importanti.

  4. Non bisogna truffarli sugli ingredienti usati nei cibi : questo diventerà un antecedente utile usato poi dagli stessi figli con la conseguente perdita di fiducia e il lavoro svolto andrà perduto. Quello che è importante in questo nuovo apprendimento è la condivisione, non l’inganno!

  5. Una regola che i genitori fanno fatica a comprendere è l’importanza dell’uguaglianza dei cibi tra adulti e bambini. Se abituiamo i bambini a essere diversi nel cibi nel cibo, lo chiederanno anche in altri contesti, e il potere di scelta dei genitori farà cilecca. Sia inteso : non stiamo parlando dell’uso del peperoncino piccante da dare a tutti, ma ad insegnare che si può scegliere insieme e non loro per noi.

  6. E’ importante mangiare tutti a tavola insieme, senza che i figli si alzino continuamente: qui entra in gioco non solo una buona educazione, ma di imparare che il cibo è anche un modo per stare insieme e da secoli ha questa funzione : si pensi alle riunioni col cibo. Esse ci fanno comprendere come il mangiare insieme permetta di costruire legami economici e sociali, per esempio.

  7. E non meno importante sarebbe permettere a loro di preparare il cibo con noi, magari una volta alla settimana, in cui possano provare a condividere anche gli ingredienti da scegliere insieme, senza rischiare il contrario.

Questi accorgimenti sembrano duri e direttivi, in realtà sono commisurati alla responsabilità che un genitore ha sul proprio figlio e non il contrario. Insegnare ed imparare insieme è un ottimo modo per educar-si, perché si apprende sempre qualche cosa di nuovo, anche a tavola. Il cibo è espressione di come sono le relazioni familiari e quindi è su queste che ci si deve rendere consapevoli, oltre che del cibo di per sé.

Resta da stabilire come iniziare e sapere che non avverrà tutto magicamente: anzi, ci sarà da litigare un po’, soprattutto se le cattive abitudini sono portate anche fuori di casa ( dai nonni, al ristorante…). Questo cambiamento è possibile che metta in moto anche discussioni tra i partener, generalmente scanditi da rimproveri o rabbia: “ Te lo dicevo che non doveva mangiare solo quello, invece non mi ascolti mai..” oppure : “ Non sei capace a dargli la verdura da mangiare?”. Questi esempi mostrano la svalutazione di un genitore verso l’altro che poco permettono un realistico cambiamento sul cibo. Litigare fino a se stesso non serve a nessuno, tanto meno al bambino. Quindi le discussioni sul come cambiare è importante che siano fatte nella piena consapevolezza che tutti siamo responsabili dell’accaduto. Se ognuno con – parteciperà a questa ri- presa della responsabilità genitoriale, il peso da portare sulle spalle non sarà solo sul bambino.

Questa breve riflessione è centrata sulla necessità che i genitori facciano i genitori e i figli siano figli, non il contrario. Questa importante considerazione è spesso sottovalutata, ma comporta gravi conseguenze educazionali, soprattutto in adolescenza. L’importante è la condivisione e la contrattazione reciproca, che permette un maggior equilibrio tra i genitori e i figli.

Buon pranzo a tutti!

SITOGRAFIA

www.bimbiibcucina.it