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Non era certamente facile pensare di comprimere la complessa vita professionale e privata di Steve Jobs in un film della durata di poco superiore alle due ore. Così come non era semplice sfuggire a quella sorta di agiografia laica che ne ha accompagnato la scomparsa. È sufficiente ricordare la sua affermazione che più è stata citata: “A tutti i folli. I solitari. I ribelli. Quelli che non si adattano. Quelli che non ci stanno. Quelli che sembrano sempre fuori luogo. Quelli che vedono le cose in modo differente. Quelli che non si adattano alle regole. E non hanno rispetto per lo status quo. Potete essere d’accordo con loro o non essere d’accordo. Li potete glorificare o diffamare. L’unica cosa che non potete fare è ignorarli. Perché cambiano le cose. Spingono la razza umana in avanti. E mentre qualcuno li considera dei folli, noi li consideriamo dei geni. Perché le persone che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo sono coloro che lo cambiano davvero.”
Anche la sceneggiatura del film scritta da Matt Whiteley non se la lascia sfuggire ma conserva il grande pregio di mostrarci uno spaccato sufficientemente ampio della vita di un innovatore che, sono ancora sue parole, si sentiva in grado di ‘toccare il cuore della gente’ mentre nei rapporti personali mostrava un’aridità direttamente proporzionale alla genialità. Stern non ci risparmia l’egoismo di un giovane Steve che riceve un primo incarico da 5000 dollari e all’amico d’infanzia, di cui ha assoluto bisogno per realizzare il progetto, dice di averne ottenuti 700 da dividere in parti uguali. Grazie all’adesione anche fisica al personaggio da parte di Ashton Kutcher siamo costretti a confrontarci con una personalità capace di aprirsi al mondo spalancandogli concretamente le porte del futuro ma altrettanto pronta a calpestare amicizie e collaborazioni di lunga data (e a negare a lungo una paternità) per raggiungere i fini prefissi.
Biopic come questo non vogliono mettere in fila una serie di scene edificanti ma chiedono allo spettatore, che si è già fatta una propria idea del soggetto trattato, di rimettersi in gioco. Consapevole che anche in questo caso si tratta di un punto di vista parziale e soggettivo ma al contempo grato per la rinuncia all’unilateralità.
Il Trailer del Film
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