Autore: Dott.ssa Lisa Ribechini

 

“L’ansia non ci sottrae il dolore di domani, ma ci priva della felicità di oggi”

Leo Buscaglia

“L’indecisione, l’ansietà sono per lo spirito e per l’anima quello che la tortura è per il corpo”

Nicolas de Chamfort

“I sentimenti più dolorosi e le emozioni più pungenti, sono quelli assurdi: l’ansia di cose impossibili, proprio perché sono impossibili, la nostalgia di ciò che non c’è mai stato, il desiderio di ciò che potrebbe essere stato, la pena di non essere un altro, l’insoddisfazione per l’esistenza del mondo”

Fernando Pessoa

Nella vita è possibile sperimentare e vivere sensazioni di panico, devastazione e vuoto totale e sentire dentro di sé una tale quantità di smarrimento e paura tanto da non farci più sentire i padroni del nostro corpo. Solo questa affermazione basterebbe a creare incredulità e terrore. Per le persone a cui non è mai stato diagnosticato un disturbo d’ansia potrebbe essere difficile comprendere pienamente queste sensazioni e capire cosa succede nelle testa di chi, invece, ne soffre ed è abituato a convivere quasi giornalmente con queste emozioni.

Gli attacchi di panico, detti anche crisi d’ansia, sono episodi di improvvisa ed intensa paura o di una rapida escalation dell’ansia normalmente presente. Sono accompagnati da sintomi somatici e cognitivi, quali palpitazioni, sudorazione improvvisa, tremore, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea, vertigini, paura di morire o di impazzire, brividi o vampate di calore (Davison & John, 2000). Nella maggior parte dei casi la paura di un nuovo attacco diventa immediatamente forte e dominante. Il singolo episodio, quindi, sfocia facilmente in un vero e proprio disturbo di panico, più per “paura della paura” che per altro. Con la paura degli attacchi di panico diventa quindi pressoché impossibile uscire di casa da soli, viaggiare in treno, in autobus o guidare l’auto, stare in mezzo alla folla o in coda, fare una camminata al parco e prendersi un gelato. L’evitamento di tutte le situazioni potenzialmente ansiogene diviene la modalità prevalente di comportarsi e la persona diventa schiava dei suoi attacchi di panico, costringendo spesso tutti i familiari e le persone che gli stanno a fianco ad adattarsi di conseguenza, non permettendo più agli altri di lasciarla sola e facendosi accompagnare ovunque, con l’inevitabile senso di frustrazione che deriva dal fatto di essere “grande, grosso e vaccinato” ma comunque dipendente dagli altri, condizione questa che può condurre ad una grave depressione secondaria (Taylor, 2006).

“Questi disturbi sono completamente debilitanti” afferma Todd Farchione, Psicologo Clinico e direttore del Centro per i Disturbi d’Ansia dell’Università di Boston in un’intervista all’Huffington Post “in parte perché le persone riconoscono che quello che stanno vivendo è irrazionale, ma hanno imparato a rispondere così quando si presentano determinate situazioni, quindi l’ansia e l’attacco di panico diventano risposte quasi automatiche. Questo può essere decisamente spaventoso”.

Forse una delle parti peggiori degli attacchi di panico è proprio l’incertezza della loro apparizione. Possono verificarsi in qualsiasi momento, durante una cena fuori, guardando le vetrine dei negozi in un centro commerciale, persino nel sonno. L’esperienza induce picchi di paura per circa 10 minuti, poi si attenua, ma gli estenuanti sintomi fisici possono estendersi ben oltre.

A questo punto credo che sia necessario cercare di capire cosa effettivamente vuol dire avere un attacco di panico, e per questo è necessario ascoltare l’esperienza di chi ne ha sofferto o ne soffre tuttora.

“Non posso più stare in piedi, non posso più parlare. Tutto ciò che sento è una quantità immensa di dolore, come qualcosa che mi stringe forte e mi avvolge completamente. Se è davvero forte non riesco a respirare, inizio ad iperventilare e mi viene da vomitare.”

“Nel caso peggiore è come se fossi buttato a terra e fossi messo nell’incapacità di muovermi. Mi sento come nel bel mezzo di un attacco terroristico o come se fossi rincorso da un dinosauro. É strano, perché io vorrei vivere e correre nella mia vita, ma non posso.”

“Il mio corpo si sente in subbuglio e mi vengono le vertigini. Mi sento come se avessi del ghiaccio nelle vene. Vorrei scappare dal mio corpo ma non posso. Respiro a fatica e ho il cuore in gola. Panico totale.”

“Mi sento come se un muro si stesse ergendo davanti a me, non riesco a vedere dritto e la mia visione piano piano diventa sempre più irregolare. Una visione a tunnel descrive perfettamente ciò che vedo.”

“E’ come se decollassi. L’aereo parte ma io ho una fottuta paura ma non posso impedirglielo. Mi sento come se fossi sulle montagne russe. Adrenalina pura.”

“Ci si sente come intrappolati e soffocati, come se fossimo dentro un edificio in fiamme e non potessimo scappare. È spaventosissimo”

“Mi sento la gola strozzata, nelle mie braccia avverto un formicolio. Non ho abbastanza ossigeno per respirare e il panico aumenta ancora di più.”

“Sento l’urgenza di scappare, uscire per strada e correre, perché se non lo faccio potrei morire.”

“Mi sento come se, tutto d’un tratto, tutte le persone che ho intorno iniziassero a fissarmi. Non ho più aria e non mi sento più il terreno sotto ai piedi.”

“La prima volta che ho avuto un attacco di panico pensavo di avere un infarto. Ho iniziato a sentire un formicolio in tutto il corpo e uno stato di torpore generale.”

Ci si sente spettatori passivi di una vita devastata, e nulla, si crede, può porre rimedio a questo. La soluzione al nostro dolore ci viene offerta sotto forma di pillole da 100mg da prendere 2 volte al dì, dopo i pasti, ma i farmaci e tutte le cure tradizionali non servono ad altro che a nascondere qualcosa che deve anzi essere portato alla luce, affrontato e sviscerato nella maniera più cruda possibile.

Inoltre, e come si capisce dalle citazioni sopra riportate, chi soffre di attacchi di panico e di crisi d’ansia spesso riporta di sentirsi debole ed indifeso, senza carattere e “pazzo” agli occhi degli altri. E’ tipico inoltre provare un senso di avversione per se stessi, non riuscendo a vincere il problema e a contrastare i sintomi di questi disturbi. La condizione che ne deriva spesso è un profondo e doloroso senso di solitudine poiché ci si trova nell’impossibilità di trasmettere agli altri la verità su cosa si prova (Taylor, 2006).

Cosa potremmo quindi dire ad una persona che vive questo stress estremo per cercare di aiutarla ad esprimere ciò che prova in modo che non si senta più sola e, in parte, compresa? Cosa potremmo fare per farla sentire meglio? Potrebbe sembrare una sfida ma le crisi d’ansia sono più narrabili ed esprimibili di quello che pensiamo ed esistono dei modi più opportuni per dare il proprio supporto. “Le emozioni legate a tali disturbi sono emozioni che tutti noi proviamo. Si possono manifestare come una paura profonda o come un’ansia elevata verso qualcuno o verso una situazione in particolare. La paura fine a se stessa è un’altra emozione che tutti noi esperiamo, per questo quando parliamo con qualcuno che soffre di un disturbo d’ansia tutto quello che dobbiamo fare è connetterci con lui” precisa Farchione.

La chiave per connetterci è offrire supporto senza giudizio. Frasi del tipo <<Dai che non sta succedendo nulla di così pauroso>>, <<Stai esagerando, devi riuscire a calmarti e a controllarti>>, sono quelle che più spesso vengono proposte ma, in realtà, frasi del genere potrebbero avere solamente come unico effetto quello di esacerbare la profonda sensazione di ansia mista a paura che queste persone già provano ed ottenere quindi l’effetto opposto di quello espresso e desiderato.

Quindi, in pratica, cosa potremmo dire e fare in questi casi?

Proviamo a proporre qualcosa…

  1. Ti va di dirmi qualcosa in più rispetto a quello che stai provando?”

Questa è una frase che punta a far sentire confortata l’altra persona e che apre ad un possibile dialogo. E’ difficile infatti aiutare una persona quando non sappiamo cosa prova o di cosa ha bisogno. Chi soffre di ansia ha un forte bisogno di essere capito e rassicurato, ascoltare e permettere di raccontare i propri pensieri e le proprie paure è essenziale in questi casi. Ciò che serve è un ascolto accogliente, non giudicante e comprensivo, che non significa assolutamente assecondare le ansia e le paure, cosa che in realtà capita spesso, poiché potrebbe solo alimentare l’idea che esiste davvero qualcosa di cui aver paura. Vedervi o percepirvi nel panico potrebbe accrescere in lui ansia e sensi di colpa, che di sicuro non lo aiuteranno. (Da evitare: “Sono solo fantasie, è tutto nella tua testa”; “Non essere ansioso, impegnati“ )

  1. Mi dispiace che stai passando tutto questo”

Parte della sfida che si trova ad affrontare chi soffre di disturbi d’ansia è la presenza degli attacchi di panico, esperienza più che debilitante, sia psicologicamente che fisicamente, che ti lascia un profondo senso di inquietudine e di paura per il futuro. Approcciarsi a queste persone con simpatia piuttosto che con preoccupazione potrebbe essere il metodo più efficace. Via libera all’umorismo per sdrammatizzare e creare un clima più sereno, senza ovviamente schernire le preoccupazioni o i sentimenti della persona ansiosa. Esempi di interventi adeguati sono: “Fai dei respiri profondi, dopo spiegami cosa hai provato, come ti senti”, “So che stai soffrendo molto, ma sono qui per te, insieme ne usciremo”, “Non mi sono mai sentito così ma provo ad immaginare come ti senti, deve essere molto doloroso, resisti”. (Da evitare: “Non hai bisogno di spender soldi per andare da uno psicologo, ti devi mettere in testa che devi smetterla di reagire così“ ; “Sei solo un po’ preoccupato, cosa vuoi che sia?”)

  1. Non è colpa tua”

Chi soffre di ansia spesso si sente ridicolo, si vergogna di ciò che prova e dell’incapacità a gestire le sue emozioni, si sente in colpa perché si considera un problema per gli altri. Sicuramente sa che la sua malattia provoca preoccupazione in chi gli sta vicino, è importante evitare di rimarcare questo punto. (Da evitare: “Ci sono cose ben peggiori al mondo, non sono questi i veri problemi..”; “Sei egoista, non pensi a noi che soffriamo a vederti così?”; “Non ti manca niente nella vita, non hai motivo di stare così”.

  1. Tutto questo deve essere molto difficile per te”

Una frase così oppure una del tipo “per favore fammi sapere cosa posso fare per te”, possono essere alternative più che valide. Spesso infatti sentiamo l’urgenza di fare qualcosa per aiutare una persona cara quando invece l’unica cosa di cui potrebbe aver bisogno è una spalla su cui appoggiarsi e il riconoscimento che quello che sta attraversando è difficile. È importante inoltre non minimizzare o sminuire la sua esperienza. L’empatia potrebbe fare una grande differenza per le persone che soffrono di disturbi d’ansia poichè li aiuta a calmarsi e a rilassarsi e non sentono così l’urgenza di dover combattere contro la loro ansia. Per riassumere, quindi, il buon ascoltatore dimostra empatia, prova a mettersi nei panni dell’altro, non interrompe continuamente, accoglie le preoccupazioni e fornisce pensieri positivi, senza minimizzare. (da evitare: “Faccio io, riposati“ ; “Lascia stare, lo farai quando sarai in grado” ; “Forza, sii coraggioso, calmati” ; “Non ti sembra di stare esagerando?” )

  1. Stare in silenzio

Non è necessario cosa dici in molte situazioni ma come sei e i modi in cui ti poni. A volte la semplice azione di tendere un orecchio potrebbe essere sufficiente. Essere disposti e offrire il nostro tempo per quella persona, è questa la svolta in una relazione, poiché spesso e purtroppo è un elemento trascurato. A volte ciò che risulta più utile ad una persona che soffre di disturbi d’ansia è avere qualcuno che ascolta davvero la sua esperienza. E come d’incanto il gioco è fatto.

Bibliografia:

Davison, G. C., & John. N. (2000). “Psicologia clinica”, Bologna: Zanichelli.

Taylor, S. (2006). “Disturbi di panico”, Milano: Monduzzi.