Autore: Dott.ssa Marzia Cikada
vedi Blog dell’Autore
ciò che essa fa al suo ambiente e ciò che questo fa
ad essa in risposta, le sue azioni e
le cose circostanti acquistano significato
Dewey, 2004
L’importanza della Natura per grandi e piccini è sempre stata ribadita nei decenni, a partire dai grandi pedagogisti italiani,Montessori e Agazzi tra tutti, fino al documento ufficiale e istituzionale prodotto dalla Conferenza di Istanbul (Habitat II, 1996) poi inserita nella guida alle città sostenibili di due anni dopo, dove si trova scritto che “è essenziale che tutti i bambini abbiano un ambiente salubre, sicuro e protetto dove poter socializzare, giocare, partecipare e conoscere il mondo naturale e sociale ..“ Ma sebbene sia questa la cornice, è sempre più difficile che i bambini crescano, specie nei primi anni, a contatto reale con la natura, che tocchino la terra, che sentano i suoni che riempiono un campo fiorito, che si sporchino giocando e sperimentando il mondo in cui si muovono.
Scambiando la protezione per “repressione”, i bambini vengono troppo spessoeducati a “non fare”, seguendo manuali standard che ignorano la ricchezza presente nelle differenze tra bambino e bambino, guidati da genitori sempre più ansiosi che limitano, sebbene nelle migliori intenzioni, la possibilità dei bambini di fare esperienza, scoprire il mondo, comprenderlo anche attraverso le sue manifestazioni naturali, fossero anche il fango e la pioggia. Eppure, basta osservare la loro gioia quando sono a contatto con questi elementi, tutti ricordiamo il video della bambina che scopre proprio la pioggia, per avere chiara la felicità presente nelle scoperte spontanee. Proviamo ad immaginare quanti stimoli arrivano al cervello di un bambino che si trova a farsi domande, a muoversi in un ambiente naturale, a percepirsi parte del mondo.
Quali sono i vantaggi dell’affidare i bambini ad una educazione dove sia possibile fare tesoro del rapporto diretto con la natura? Innanzitutto, in un sistema dove bambini e natura sono connessi, a stretto contatto, è possibile per i primi sentirsi parte anche della complessità degli eventi naturali, entrare in collegamento con l’ecosistema non solo come precetto da manuale ma come percezione esperita, come emozione vissuta, come sensazione ricca di spunti che si è fatta strada con le sue caratteristiche e fragilità. Il linguaggio che il bambino apprende a contatto con la natura è ricco di sfumature altrimenti celate, diventando esperienza viva con cui confrontarsi, la natura permette al bambino di entrarne a far parte in maniera consapevole,educandosi al rispetto della stessa, non come regola appresa ma come riflessione personale, uscendo dall’idea di mondo che ci appartiene per passare a mondo con cui, e non solo in cui , si vive. Alla presenza di educatori attenti, accompagnati nelle loro scoperte, questo modo di crescere, scrive con il tempo una vera e propria cultura della cura del mondo naturale con quanto vi è dentro. Inoltre, diventando una esperienza condivisa con glialtri bambini, la scoperta delle diversità, l’esperienza culturale ma anche biologica che ricavano dalla natura, dal comprendere cosa sia, davvero, l’ambiente di cui si parla, rende più lucide e forti le connessioni tra il singolo e il sistema intorno a lui, facendo sentire l’appartenenza al mondo e anche imparando a stare con l’altro.
Nel concreto, cosa accade? Ci sono realtà in cui è possibile ritrovare tutto questo? Sì. In Europa, si parla di questo dagli anni ’50. Nello specifico, è stata l’esperienza della danese Ella Flatau a Søllerød a far partire questo filone di ricerca e applicazione di metodi apparentemente non convenzionali, ma scientificamente provati come utili per i bambini. Inizialmente sono stati paesi come Germania, Austria, Inghilterra, Galles, Scozia a dar seguito all’idea pedagogica di un asilo che fosse nella natura, dove lo spazio fosse verde e non quasi tutto occupato da sedie e tavolini, dove non ci fosse la paura di sporcarsi e si potesse toccare e imparare a conoscere quello che si trova in natura, un rametto, un insetto, un frutto, un fiore.In Italia la prima esperienza di asilo nel bosco è toscana (2010), segue Trento e ora possiamo trovarne una nel Lazio, ad Ostia, dove è nato, l‘Asilo nel Bosco, luogo speciale che ospita bambini dai 2 ai 6 anni, che ha aperto le sue porte e il suo giardino da pochissimo. Si tratta di possibilità di costruire una educazione diversa per i bambini, dove gli adulti accompagnano ma non limitano e non si fermano alle immagini sui libri per spiegare il mondo, anzi, è lo stesso mondo a farsi libro. Le idee alla base di questo sono molteplici e tutte con basi solide, frutto di ricerche ed esperienze con l’obiettivo del benessere dell’infanzia. Immersione nella natura ma anche attento ascolto dei bisogni del bambino, per esserci quando comincia a fare domande, si mette in relazione con gli altri, scopre la paura, vive la curiosità, chiede attenzioni e impara ad accettare i limiti di un No.
Secondo il suo stesso biglietto da visita, l’Asilo nel Bosco “si propone di rispondere ai bisogni (dei bambini) attraverso una quotidianità scolastica che si svolge quasi per intero all’aria aperta. I bambini in questo approccio “imparano facendo” attraverso diverse esperienze che stimolano la curiosità,l’immaginazione, l’autonomia e la creatività.“ Insomma, oltre agli educatori, con un rapporto costante e attento ai bambini, la maestra è l’esperienza degli spazi verdi, la scoperta di materiali, oggetti, sassi e quanto è possibile trovare in natura, un giocare insolito per bambini molto spesso abituati a imparare il mondo tramite giochi preconfezionati dove la loro libertà di immaginare viene ridotta e finisce con il conformarsi a quanto pensato dagli adulti. A parte il guadagno in curiosità e creatività, bisogna anche riportare che i costi di questo tipo di strutture finiscono con l’essere economicamente molto inferiori a quelli di un asilo convenzionale. Questo perchè si investe negli stimoli creativi, nello stuzzicare la fantasia dei bambini con quanto non sia troppo strutturato e definito in modo che possa essere la loro energia immaginativa a trasformare una pigna in un incredibile arnese magico. Inoltre viene dato molto spazio all’accoglienza non solo dei bambini ma delle loro famiglie, in un circolo di ascolto e attenzione che coinvolge educatori e genitori in maniera attiva con un buon ritorno per le relazioni e le sinergie necessarie tra asilo e famiglie.
Non resta che augurare buon lavoro ai bambini, agli educatori e alle famiglie coinvolte in queste ancora troppo poche realtà, e augurare di vivere quella felicità che Lev Tolstojdiceva essere nel “trovarsi con la natura, vederla, parlarle.”
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