Autore: Dott.ssa Marzia Cikada
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È proprio del dolore non avere vergogna di ripetersi. Emil CioranPollicino sa che ci sono parole “cattive” che fanno star male e sono molte le donne che ogni giorno hanno a che fare con loro. Per questo vuole dedicare uno spazio definito a parlare di quelle parole, che nascondono malattie ma anche solitudine, sofferenza, abbandono, sogni infranti. Perchè molte di queste parole hanno a che fare con la salute e altrettanto spesso, non sono accompagnate dalla giusta conoscenza, dalle giuste relazioni di sostegno, dalla giusta visibilità. E se nessuno ti vede sei invisibile con il tuo male, perchè per quanto sia doloroso e acuto, nessuno riesce a stare vicino a quello che non c’è. Eppure tante donne ci sono, bisogna solo imparare a vederle. Questo post è modo di Pollicino di dargli voce.
Oggi vogliamo parlare di ENDOMETRIOSI. Una parola che suona come un calvario per moltissime donne che ne son affette e che vedono la loro vita trasformarsi, diventandone meno padrone mentre la malattia e la sanità se ne prendono sempre di più. L’argomento è forte e delicato, per questo si è pensato di dividerlo in due parti, per dare spazio ad un dolore che spesso trova molto tardi il nome giusto da darsi. Non vuole essere un compendio medico sul tema ma solo una sua presentazione, perchè si possa parlarne, rifletterci e dare visibilità ad un fenomeno che in Italia non è così limitato. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono 3 milioni le donne che nel nostro paese hanno una diagnosi di endometriosi. Tre milioni di storie che non sempre vengono raccontate, nè trovano spazio per raccontarsi.
PRIMO: DI COSA STIAMO PARLANDO. L’endometriosi è una malattia di cui non si conosce la causa esatta.Inizia in questo modo il racconto di cosa stiamo parlando. Sebbene siano moltissime le ipotesi, non c’è tuttora una spiegazione, Il motivo che definisca esattamente cosa succeda. Per avere poi una diagnosi di endometriosi, è anche possibile che una donna possa veder passare 9 anni e non per incuria o leggerezza del medico/ginecologo che incontra sulla sua strada. Questa malattia per molti versi è un mistero, colpisce le donne in età riproduttiva e si nasconde, non è facile dire sempre con esattezza che ci sia. Per sapere se si soffra o meno di endometriosi, viene utilizzato l’esame chiamato laparoscopia, si tratta di un vero e proprio intervento. Ci sono poi sono molti altri esami a cui le donne si sottopongono, come l’ecografia ovarica trans-vaginale, l’analisi del sangue, le numerose visite ginecologica manuali e altro ancora rispetto la parte colpita.
Esattamente che succede? Ce lo spiega il suo nome. Si tratta infatti di una parte di endometrio, il tessuto che ricopre la superficie interna dell’utero, quel tessuto che ad ogni ciclo della donna si sfalda e poi cresce di nuovo. Benché inizialmente le donne che stanno male pensano di avere dolori mestruali, il male che provano non è dovuto ai normali dolori mestruali. Succede che frammenti di questo tessuto, parti, isole di endometrio che si vengono a trovare dove non dovrebbero stare ( peritoneo, ovaie, tube, vagina…). Ad ogni ciclo queste parti di endometrio però, si comportano come se fossero nel posto giusto e, stimolati dagli ormoni, sanguinano irritando quanto ha intorno con risultati come cisti, noduli, aderenze. Come si legge, le manifestazioni possono essere diverse e diversi i sintomi e anche il dolore che ne consegue. Molte donne vivono senza sintomi questa malattia ma molte altre si trovano a vivere ogni mese, con stanchezza, problemi intestinali, problemi a rimanere incinte e facilità di aborto spontaneo, dolori terribili molto spesso presenti durante e dopo i rapporti sessuali.
SECONDO: COSA SUCCEDE QUANDO LA SI INCONTRA. Il vero problema è che spesso non si sa cosa si sta incontrando. Abbiamo visto come siano lunghi i tempi di diagnosi. Questo mal si accompagna, poi con la poca sensibilizzazione al tema e la poca preparazione a volte nel sostenere le donne che stanno male e non riescono a capire contro cosa stiano combattendo. L’atmosfera nei luoghi di lavoro, tra gli amici, con i familiari e soprattutto con i compagni/compagne diventa faticosa, facilmente si tende a minimizzare, come se si trattasse di dolori mestruali mal gestiti, poca forza di volontà nel contenere un mal di pancia. Alla lunga questo stanca, fa star male, logora i rapporti e affatica il rapporto che le donne hanno, in primis, con se stesse e la loro femminilità.
Aggiungiamo un dato di fatto, il peso economico nell’incontrare questa malattia. Gli esami sono molteplici, spesso non si può lavorare, se si è autonome viene a mancare la fonte di reddito, se si è dipendenti non si è abbastanza tutelate e spesso si hanno problemi per le assenze con conseguenze diverse, anche il licenziamento. Sebbene sia ritenuta una malattia invalidante, non esiste una reale tutela per le donne che sono malate, perché non esiste una norma unitaria a livello nazionale, nè un codice di esenzione per le spese che si vengono a sostenere. Purtroppo, alla domanda se si riesce o meno ad avere l’esenzione dalle spese, la risposta è ancora oggi un terribile “dipende” con quello che si porta dietro di rabbia, disperazione, difficoltà.
TERZO: A COSA SERVE LA PSICOLOGIA IN CASI DI ENDOMETRIOSI? Stare male fa stare male. Non si tratta di un gioco di parole ma della realtà. Il malessere di chi è affetta da endometriosi è profondo e ne alimenta altri, diversi e correlati. Perché non si capisce bene cosa accada, perché non ci si sente supportate, perché parliamo di una malattia che non è solo dolore ma è isolamento sociale, è cambiamento della propria immagine di donna, è il bisogno di prendere le redini di nuove abitudini, nuove regole alimentari, nuova vita famigliare. In questo le donne si ritrovano spesso sole. Le ricerche effettuate ci confermano che non è solo l’area della salute fisica a venire minacciata e ce lo dimostra una ricerca del 2012 della facoltà di Psicologia,Università di Bologna, in collaborazione con l’Associazione Italiana Endometriosi Onlus (AIE). Confrontando un gruppo di 268 donne con diagnosi di endometriosi e 167 donne senza questo problema malattia, si è potuto constatare come questo disagio non provoca limitazioni fisiche immediatamente visibili, ma interviene su altre aree come quella sociale o della vitalità, compromettendo di conseguenza la quotidianità della persona. Le stesse cure a cui ci si sottopone non sempre sono prive di effetti collaterali. La terapia ormonale, per esempio, aiuta il fisico ma contribuisce a vissuti spiacevoli, le varie operazioni fanno sentire male, fanno crescere il pensiero ricorrente di non essere adeguate, un vissuto di impotenza e forte irritabilità. Dal punto di vista della femminilità, la sessualità viene fortemente aggredita in questa malattia, dolore nei rapporti, problemi di infertilità o aborti spontanei, feriscono la carne e non solo di queste donne, che si trovano spesso a dover rinunciare a parti di sé stesse, sogni, desideri rincorsi. Inoltre, stare male senza avere una diagnosi veloce, finisce con l’alimentare sentimenti ipocondriaci, l’accoglienza all’esterno è gelida, spesso sono donne che si sono sentite chiamare “pazze”, in una totale banalizzazione del loro star male.
La psicologia, il sostegno, i gruppi di confronto, di auto mutuo aiuto, possono fare molto in questi casi e sarebbe bene che coadiuvassero la cura di questa particolarmente aggressiva malattia. Riconoscersi nelle storie di altre, raccontarsi come è cambiata la qualità della vita, la possibile sterilità, i problemi di autostima, il dolore debilitante è fondamentale per non sentirsi sole in un mondo che sembra accorgersi poco del loro dolore. Lavorare, anche con il partner, sui problemi che entrano bella sfera dell’intimità, i rapporti sessuali dolorosi, la stessa paura del desiderio e dell’eccitazione come fonte di sofferenza e non di piacere, è un aspetto pregnante che permetterebbe a molte coppie di non rompersi o vivere crisi profonde. Inoltre è necessario un sostegno preparato che educhi ad una alimentazione adatta al problema, sono molte le attenzioni da fare in merito, ad un rispetto dei tempi e dei bisogni del corpo, come nel caso del sonno, del riposo, dell’ascolto delle proprie necessità. Questo è realizzabile con una buona collaborazione tra psicologi, ginecologi ed esperti di alimentazione che potrebbero insieme definire un percorso di sostegno ad hoc perché al dolore fisico non si unisca il senso di abbandono e solitudine.
Pollicino: Le donne sole con la loro malattia
L’Orco: La poca conoscenza, la diagnosi tardiva, il senso di inadeguatezza
L’arma segreta: Condividere con altre storie, ascoltarsi e far ascoltar
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