una traduzione della Dott.ssa Luana Palermo

dell’articolo Translating psychological science di Kirsten Weir

tratto dal numero di ottobre 2014 della rivista Monitor on  Psychology.

Una iniziativa presidenziale dell’APA cerca di migliorare l’apprezzamento e la comprensione della scienza psicologica da parte del pubblico.

Kirsten Weir

Accendi un qualunque canale di notiziari. Puoi scommettere che lo svolgimento della storia sullo schermo tocca alcuni aspetti del comportamento umano. Ma qual è la probabilità che uno psicologo esperto appaia sullo schermo per contestualizzare quel comportamento? Non ci sono abbastanza elementi, dice la Presidente dell’APA Nadine J. Kaslow. Tale problema evidenzia un paradosso nella psicologia: sebbene l’argomento è fortemente popolare tra gli studenti delle scuole superiori e dei colleges e la maggior parte della gente è fortemente interessata a ciò che riguarda le persone, questo campo è frequentemente frainteso. Recenti ricerche dell’APA hanno evidenziato, per esempio, che soltanto un 30% del pubblico identifica la psicologia come una scienza.

“Il pubblico crede nell’importanza e nell’efficacia della scienza, ma non necessariamente crede che la psicologia sia una scienza. Questa è una sfida per noi”, afferma Rhea K. Farberman, direttore esecutivo delle comunicazioni dell’APA, che opera nella funzione di trasmettere la scienza psicologica al pubblico. “Molti problemi nel mondo sono legati a fattori sociali e comportamentali, ma se la gente non percepisce la psicologia come una scienza, la nostra non sarà mai considerata come una disciplina che dovrebbe essere messa in campo nella ricerca di soluzioni”. C’è qualcosa con cui Kaslow si sta confrontando tenacemente durante il suo mandato. Lei ha identificato “Tradurre la Scienza Psicologica per il Pubblico” come una delle iniziative presidenziali dell’APA del 2014, ed ha nominato una task force per sviluppare nuove strategie per comunicare la psicologia al pubblico.

Naturalmente non è una task force che potrà fare tutto. Anzi molti psicologi ritengono che dovrebbero essere tutti coloro che sono in questo campo a condividere la responsabilità di diffondere la conoscenza psicologica nel mondo. “Noi abbiamo bisogno di spiegare quello che facciamo, perché è importante il modo in cui il pubblico trae beneficio da questa nostra conoscenza”, dice Eli J. Finkel, psicologa laureata alla Northwestern University, che presenta la psicologia attraverso i TED Talks, apparizioni televisive e radiofoniche e sui giornali. “Noi dobbiamo assolutamente condividere le nostre scoperte”.

La scarsa comprensione della psicologia da parte del pubblico dovrebbe essere un campanello d’allarme, sottolinea la co-presidente della task force, Roxane Cohen Silver, psicologa laureata alla University of California, Irvine. “Ci sono state molte occasioni in cui la scienza psicologica è stata usata male oppure interpretata impropriamente”, lei dice. “In un momento in cui la scienza psicologica è addirittura presa di mira a causa di una diminuzione di fondi federali, è nostra responsabilità come scienziati comunicare il valore del nostro lavoro al pubblico”.

Parlare a molti pubblici

Kaslow, psicologa alla Emory University School of Medicine, per prima si è interessata al miglioramento dei canali di comunicazione, nel ruolo di editrice di un giornale di psicologia. “Gli psicologi fanno una sorprendente quantità di ricerca incredibilmente interessante”, lei afferma. Ma mentre tale ricerca è frequentemente condivisa tra colleghi e professionisti del campo, lei ritiene che vi sia una sorta di disconnessione quando si arriva a comunicare queste scoperte -e le loro implicazioni- al pubblico.

Kaslow definisce il “pubblico” in maniera più ampia. Lei considera il pubblico in generale come una sorta di audience che -insieme ai legislatori, agli scienziati di altri campi dello STEM, agli studenti e alle loro famiglie- potrebbe trarre beneficio da una comprensione migliore della scienza psicologica. Lei immagina un mondo in cui ci siano corrispondenti di psicologia della CNN in cooperazione con giornalisti sanitari e in cui i concetti psicologici vengano posti accanto ai fossili e ai modelli del sistema solare nei musei della scienza.

A giugno la task force ha formulato diverse proposte a breve e lungo termine, per migliorare la reputazione della psicologia. Il gruppo, che rimarrà in carica durante il termine presidenziale di Kaslow, si è prefisso l’obbiettivo di definire la propria relazione per l’autunno. Tra le idee: aumentare le offerte di podcast dell’APA e offrire un riconoscimento allo studente migliore di giornalismo, che riferisca sulla scienza psicologica e che fornisca più materiale giornalistico, per promuovere appunto la trasmissione di questa scienza, pubblicandolo in riviste dell’organizzazione.

Una proposta per la quale i membri della task force sono particolarmente entusiasti riguarda una raccomandazione che gli autori inviano, in una dichiarazione a carattere laico-amichevole, insieme ad ogni articolo che essi presentano alle riviste dell’APA. La dichiarazione dovrebbe aiutare i media a capire l’importanza della ricerca, sostiene Silver. Ma ancora più importante, lei dice, è che tali dichiarazioni potrebbero essere uliti ai ricercatori per riflettere più criticamente riguardo la rilevanza del proprio lavoro.

“È d’aiuto agli autori fare un passo indietro e riflettere sul perché e in che modo dalla loro ricerca possa trarre beneficio un più ampio pubblico”, dice Silver. “Se si indirizza il valore del proprio lavoro in anticipo, non si è sulla difensiva nel doverne poi sottolineare tale valore una volta fatto”.

Un’altra proposta della task force consiste nel creare dei materiali di aggiornamento basati sul Web, per aiutare gli psicologi a migliorare le loro capacità comunicative. Dopo tutto, essere intervistati da giornalisti, scrivere posts sui blog e partecipare a dei TED Talks, non sono abilità peculiari di cui gli psicologi sono dotati e le quali gli psicologi imparano nelle scuole superiori e nelle università.

“Quando io ho iniziato (a pubblicizzare la mia ricerca), sono stato praticamente gettato sul fuoco, ed ho avuto delle esperienze negative”, dice un membro della task force, Michael K. Scullin, laureato alla Emory University School di Medicina. “Io penso che mi sarebbe stato invece molto prezioso se avessi avuto qualcuno che si fosse dedicato ad aiutarmi per lungo tempo e avessi fatto quindi esperienza.”

Un potenziale non realizzato

Al di là degli sforzi della task force, molti psicologi sostengono che i loro colleghi abbiano l’obbligo di parlare. È fondamentale per il pubblico capire la psicologia, essi ritengono, poiché i fondi per la ricerca sono basati sulla comprensione del pubblico di come la scienza possa migliorare la nostra vita.

“Fino a dieci anni fa o giù di lì, la gente aveva considerazione del fatto che ci fossero cose che non capiva e sulle quali bisognava investire. Ma adesso la situazione è cambiata. “I dollari sono diventati più competitivi”, dice Steven Breckler, direttore esecutivo del direttivo dell’APA. “Se noi non operiamo bene nel comunicare il valore e il merito di quel lavoro al pubblico, perderemo la possibilità di sostenerlo”.

La psicologa cognitiva Laurie Santos, laureata alla Yale University, afferma che c’è anche un lato etico che giustifica la promozione della psicologia. “Fa parte del nostro contratto sociale con il pubblico…. Io vedo il nostro ruolo come, non solo generare scoperte, ma condividerle anche con la gente che paga per la divulgazione della scienza”.

Santos, che comunica regolarmente con il pubblico attraverso Twitter, partecipando ai TED Talks e con apparizioni sulla PBS, trova che il pubblico sia ricettivo nei confronti delle scoperte della psicologia. “Il pubblico è di natura molto interessato al funzionamento della mente. La gente si preoccupa molto più del modo in cui si prendono le decisioni e delle forme di abitudini che assumiamo, rispetto a come funzionano le proteine”, lei dice. “Ciò significa che noi psicologi dovremmo sentire una necessità ancora maggiore di condividere quello che impariamo”.

Scott O. Lilienfeld, professore di psicologia clinica alla Emory University, che scrive regolarmente per riviste popolari e per siti web, sostiene che gli psicologi giochino un ruolo critico fondamentale nel confrontarsi con la cattiva scienza. “Sconfiggere la pseudoscienza è sicuramente più antipatico che scrivere riguardo ai nuovi sviluppi che ci sono nel campo”, lui dice, “ma ha la stessa importanza, perché c’è molto potenziale irrealizzato nella psicologia, che potrebbe aiutare le persone”.

Egli suggerisce di considerare, tanto per fare un esempio, l’enorme numero di libri auto-pubblicati ogni anno, la maggior parte dei quali non sono mai stati soggetti a un’analisi scientifica indipendente. Egli afferma, “alcuni sono buoni, alcuni sono cattivi, alcuni sono potenzialmente pericolosi. Noi non lavoriamo abbastanza bene per insegnare al pubblico a distinguere le cose buone da quelle cattive”.

Egli avverte però che confutare la cattiva scienza dovrebbe essere fatto con delicatezza. “Se parli ai genitori di qualcuno affetto da autismo, per esempio, essi hanno bisogno di sapere che l’ultima improvvisata scoperta non funziona, ma ad essi deve anche essere data la possibilità di sapere che cosa funziona”, egli afferma. “E noi dobbiamo realizzare i bisogni di speranza del pubblico”.

Facendo la cosa giusta

Naturalmente una ragione per la quale gli psicologi non parlano più del loro lavoro è perché molti scienziati sono riluttanti nel parlare ai media. “C’è una diffusa lamentela secondo cui i giornalisti sbaglino in molti casi”, dice Finkel. “Ma io ho riscontrato invece che essi generalmente fanno la cosa giusta”.

Egli attribuisce la sua esperienza positiva con i media al fatto di avere delle aspettative realistiche. “Io non mi aspetto che essi colgano ogni sottigliezza”, lui dice, ed aggiunge che è facile per gli accademici rimanere appesi a dettagli sottili. Ma Finkel sostiene che è più importante fare uscire la psicologia dall’ambito prettamente scientifico, anche se una storia sui giornali manca di alcuni sottotitoli.

“Noi di questo campo abbiamo l’obbligo di comunicare nel migliore dei modi le scoperte che riusciamo a fare nel panorama delle idee”, lui dice. “Noi possiamo sia rimanere silenziosi, che effettivamente parlare con competenza di queste cose, tenendo in considerazione il fatto che i reportage dei media saranno precisi soltanto al 90%”.

Detto ciò, non bisogna stare ad aspettare che i giornalisti ci vengono a bussare alla porta. I social media hanno messo gli strumenti per la comunicazione nelle mani di tutti e un tweet o un blog possono ottenere una fortissima attrazione.

Prima di quest’anno, Silver e i suoi colleghi hanno pubblicato un articolo su PNAS riguardo come i media abbiano contribuito a rispondere allo stress acuto delle persone in seguito alla bomba alla maratona di Boston del 2013. La rivista l’ha sottolineato sul suo giornale, su Twitter, su Facebook ed anche sul proprio sito web. Un tale elevato coinvolgimento su questi argomenti di grande risonanza mediatica, combinato insieme con la promozione della strategia dei social media, ha provocato effettivamente un interesse immenso nei media di tutto il mondo. “Io non sono mai stata così bombardata di richieste da questi organi d’informazione”, lei dice. Ma è stata contenta di tale interesse. “Perché questo significava che la psicologia era sulle notizie”.

Non tutti comunque sono così ansiosi di riceve quel tipo di attenzione. “È opinione diffusa che coloro che parlano ai media siano da stigmatizzare in quanto persone all’esclusiva ricerca di pubblicità”, dice Finkel. “Noi del campo abbiamo bisogno di fermare questo fenomeno. Se non si parla sui media e questo è un diritto, bisogna però apprezzare che altri lo facciano”.

Coloro che si sentono stigmatizzati nel tentativo di diffondere la scienza non riescono ad avere i riconoscimenti per farlo. Sfortunatamente, ritiene Lilienfeld, i colleges e le università tendono a sottovalutare le attività rivolte al pubblico, come il blogging e il tweeting. Lui dice, “io penso che la maggior parte dei dipartimenti accademici dovrebbe volgere lo sguardo a questo tipo di cose”. Egli crede che scrivere libri per il pubblico, dare delle conferenze pubbliche, condividere sui social media le scoperte basate sulla ricerca, dovrebbero essere attività viste come qualcosa di alto valore e forse addirittura come doverose a livello di servizio, richieste proprio come si richiede alle facoltà di ricerca di scrivere delle pubblicazioni su riviste del settore.

Questo tipo di cambiamento culturale avrà bisogno di tempo. Ma Kaslow è ottimista riguardo il fatto che la conoscenza del pubblico nei confronti della psicologia possa un giorno assomigliare alla conoscenza del pubblico riguardo –e alla domanda per- l’informazione medica. Lei afferma, “ogni mattina vengono pubblicate sui giornali scoperte mediche. Noi dobbiamo fare un lavoro migliore con le scoperte della psicologia riguardo ciò che succede nel mondo, sia di negativo che di positivo, che si tratti della discussione sul conflitto del Medio Oriente o sulla psicologia della Coppa del Mondo”.

“Io non intendo sacrificare l’integrità scientifica”, sottolinea Kaslow. “Ma prendiamo quello che noi sappiamo di interessante e di emozionante e diciamolo al mondo che ci sta intorno”.