Autore: Dott.ssa Marzia Cikada
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Inizio anno. Abbiamo le energie per iniziare? L’immancabile lista dei Buoni Propositi ci spaventa, ci fa sorridere, sappiamo già che non ne porteremo a compimento nessuno? Proprio perchè, invece, è bene avere un buon modo di guardare al nuovo anno, come possibilità, energia creativa, tempo da riempire senza ingozzarlo ma con moderato entusiasmo e piena soddisfazione, Pollicino ha deciso di affrontare come primo argomento proprio l’accidia, talmente “importante” e gravosa da essere entrata tra i peccati capitali.
Primo punto: di cosa stiamo parlando? Si tratta di una parola che arriva dal greco antico, akēdía, che significa negligenza, mancanza di cure ma anche essere scoraggiati, abbattuti, annoiati, ma non di quel tipo di noia che potremmo chiamare “buono”, bensì un vero e proprio sentimento di prostrazione e stanchezza molto più simili ad unatteggiamento depressivo che si innesca davanti alla vita.
Chi vive “colpevole” di questo peccato, non ha vita facile. Infatti, sebbene ad una vista superficiale possa sembrare uno comodo, che se ne sta tranquillo a far nulla, l’accidioso soffre di una instabile oscillazione continua tra mille progetti che non riesce a portare a termine, con una concentrazione limitata e molta fatica a star dietro alle richieste dell’esterno, vissute come troppo sacrificali e ingiuste. Un accidioso, non riuscirà infatti a portare a termine gli impegni della sua stessa giornata, a perseguire obiettivi ancor meno e tutto suonerà terribilmente instabile e faticoso. In breve si smette di essere padroni non solo di quello che si fa ma anche di quello che non si fa. Cioè, non si sceglie di restare non attivi per ricaricare le forze, trovare una maggiore creatività, ma non si riesce a fare altrimenti. Tutto viene vissuto una prova insormontabile che non si riesce ad affrontare e, per di più, senza valore. Il risultato è di non amare quello che si vive ma, pur desiderandolo, non si riesce ad uscire dall’inerzia, dal vuoto ansioso che tutto divora, restando intrappolati in sé stessi. Proprio questo narcisismo, questo restare in sé stessi, rende l’accidia un peccato capitale per la Chiesa e la fa considerare una malattia dello spirito che si richiude su sé stesso, impossibilitato a fare del bene. Questo rende l’accidia immorale e punibile. Un vizio quindi che ripiega l’uomo sulle proprie necessità, senza entrare in rapporto con l’altro, senza lo slancio a fare del bene o a fare in generale.
Da cosa scaturisce l’accidia? Dal troppo e dal troppo poco insieme. Da una parte, abbiamo una vita con talmente tanto da dover fare che si corre il rischio di trovarsi impantanati. Dovendo investire su troppe cose, continuamente stimolando il nostro corpo e la nostra mente da mille punti di vista e con mille compiti diversi da eseguire, si avvera una sorta di esplosione, per cui la nostra psiche finisce con perdere la capacità di reagire agli stimoli, che diventano tutti inefficaci. Tutto diventa inutile, stanco. E non si vuole più reagire a nulla, per troppo che si aveva da fare, quindi non si cercano/sentono più stimoli. E’ quello che potremmo definire “fare tilt”, quando abbiamo pensato di avere molte più energie di quante realmente, umanamente, possediamo e, sovrastimandoci, ci siamo dati troppi impegni, cose da fare, scadenze.
Tutto appare a queste persone, senza attrazione. Si cercano, fintamente, nuove emozioni, ma senza riuscirvi mai perchè, poco dopo, si vuole scappare verso altro. Sul lavoro lo chiameremmo “burnout”, una sorta di esplosione che porta ad annullarsi, senza prospettive di futuro, senza progetti da voler realizzare che non quello di restare accartocciati su sé stessi in uno stato continuo di angoscia. Un crollo completo fisico e psichico.
La vita degli accidiosi appare senza più punti sicuri e l’indifferenza diventa il coadiuvante quotidiano. Per questo non si riesce a restare nello stesso posto, a vivere le stesse relazioni, ad abitare la stessa casa. Un sentimento di fuga necessaria allontana dal consolidamento di ogni legame, sebbene si crede di fuggire verso un sé migliore, si è insofferenti e presto non si riesce a investir su quello che si credeva importante. Non sempre, quindi, ci si compiace dell’accidia che si vive e molti sintomi sono piuttosto preoccupanti, pensiamo, uno per tutti, al voler dormire eccessivamente, campanello di allarme sotto molti di vista.
Potremmo sintetizzare dicendo che ci si rifugia, quindi, in se stessi e “tutto il resto è noia”. Molte delle dipendenze giovanili e del malessere che ci circonda è, in parte, dovuto anche a questa sofferenza di vivere, a questa negligenza verso sé stessi e i propri impossibili anche solo da pensare, progetti.
Per ritrovare un sano equilibrio? Superare la mentalità accidiosa, è possibile. Bisogna acquisire lentamente, la possibilità di entrare in contatto con emozioni diverse, moderando insieme il ripiegarsi su sé stessi, smettendo di fuggire proprio curando la propria stabilità per la quello che significa di positivo. Imparare a vedere nel presente la migliore delle possibilità, dandosi degli scopi, piccoli anche ma che accompagnino fuori dallo spazio rassicurante del nostro inerte pensiero inerte. Riprendere a coccolare un progetto di vita, dandosi il proprio giusto tempo, rendendosi maggiormente consapevoli di sé e di quelli che sono i necessari spazi personali è altra possibilità di ripresa dall’accidia. Cercare un significato che permetta di dare un valore alla propria vita, in una nuova cornice di emozioni sopportabili e positive. Come scriveva il poeta Edgar Lee Masters:
Dare un significato alla vita può sortire follia, | ma la vita senza significato è la tortura | dell’irrequietezza e del desiderio vago – | è una nave che anela il mare eppure lo teme.
Quindi, iniziando un nuovo anno, non posso che sperare che si riesca al meglio a dare il proprio giusto significato alla vita, senza troppo o troppo poco, ma seguendo e perseguendo il proprio speciale progetto di vita, al ritmo più adatto ad ognuno di noi.
L’arma segreta : Progettare i propri spazi di vita
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