Autore: Antonio Bufano

vedi Blog www.cinemaepsicologia.it

 

AMELIE POULAN – ll favoloso mondo di Amelie Jean-Pierre Jeunet 2001

 

Esistono piccole strategie spontanee più o meno direttamente autocurative che passano per l’autosomministrazione di titoli, temi e generi filmici, che, pur rischiando talora l’ossessività a causa delle ripetute visioni, sono in grado di agire efficacemente sull’umore e sugli stati emotivi dell’individuo e di dare sollievo e leggerezza alla vita.

Nella vita e nella mia pratica clinica scopro sempre con grande sorpresa che esistono persone che usano il cinema in forme sempre più consapevolizzate e finalizzate. Esistono persone che rivedono periodicamente un film allo scopo di ritrovarvi qualcosa di significativo per sé. C’è chi indugia ostinatamente su alcune scene dove potrebbe concentrarsi il proprio fobico per tentare il suo superamento.

Dunque le persone non sembrano cercare banalmente e unicamente un effetto consolatorio nei film. Cercano piuttosto di rintracciare e prendere contatto con parti di sé nascoste nelle storie umane e vedere tutto come in uno specchio, anche se si trattasse di uno specchio lacaniano in cui lo spettatore, soggetto psichicamente maturo, diventa in grado di identificarsi con qualcosa di diverso dal proprio riflesso.

Tra le persone forse più esperte negli usi curativi del cinema vi sono, senz’altro, i registi, persone allenate a vedere oltre le storie, ovvero quello stesso Oltre che appartiene agli osservatori più fini e che, talora, sostanzia e identifica l’opera d’arte. Fellini, che non rivedeva mai i suoi film considerandoli ormai opere consegnate agli altri, amava rivedere invece Il Circo di Chaplin (Chaplin 1928) per quell’umanità non ordinaria e sofferente che animava il mondo circense.

In passato sono esistite persone che ripetevano a memoria battute tratte dai film di Totò oppure da un film, che specie in ambiente romano, divenne presto un cult Febbre da cavallo (Steno 1976). Il comico con il suo effetto immediato e liberatorio sembra l’elemento più ricercato e diffuso in quanto più disponibile.

Più attualmente il cinema moderno ha saputo proporre atteggiamenti e comportamenti curativi in ambienti non esplicitamente terapeutici. Pertanto c’è chi rivede con precisa e lucida organizzazione un film come Il favoloso mondo di Amelie(Jeunet 2001) con tutto la sua sollecitudine terapeutica che i personaggi sembrano scambiarsi,chi si è perfino fatta stampare una frase del film su una maglietta che indossa regolarmente. C’èchi con frequenza annuale sente il bisogno di rivedere Will Hunting (van Sant 1997) in cui si oscilla tra smarrimento e ritrovamento per un giovane talentoso e arrabbiato. Talora sembra quasi di volere appropriarci di parti desiderabili come la genialità, seppure non sempre rappresentata in termini attendibili. Ci sono anche persone, specie se donne, che si ripropongono all’occorrenza, come fosse un ansiolitico, film come Mamma mia (Lloyd 2008) per rilassarsi o tirarsi su, ovvero un racconto intensamente musicale. Di fatto non conosco induttore più immediato di stati emotivi positivi come la musica che dovrebbe trovare sempre migliore spazio nella vita di tutti.

Naturalmente sembra esserci una connessione tra il profilo emotivo e professionale delle persone e la scelta dei titoli, delle storie e del tipo di narrazione.

Stando all’ambito clinico ogni buona psicoterapia e ogni buon psicoterapeuta deve includere e valorizzare al meglio ciò che il paziente fa già di intuitivamente benefico per sé. L’esperienza filmica, oltre a essere esperienza diffusa, è insospettabilmente qualcosa di profondamente trasformativo. E’ il luogo discreto della mente dove sperimentarsi nei vissuti personali attraverso i processi narrativi e identificativi.

Per chi come me esercita da anni la professione di psicoterapeuta diventa particolarmente interessante cogliere tutta le sfumature del consumo filmico per persone di ogni fascia di età per la valenza individuativa, formativa e salvifica.

Io reputo sempre esistenzialmente necessario concepire una Cineteca personale a cui fare riferimento, potendo nel tempo allargare la propria mappa, ovvero la possibilità di espandere l’esperienza attraverso generi cinematografici diversificati. Ho potuto osservare che ogni qualvolta uno spettatore si apre alla visione di altri generi cinematografici accade qualcosa di interessante. Ogni qualvolta si esce dall’action movie, dove evidentemente si concentra la maggior parte della gente, specie se maschile, si aprono varchi mentali, si sperimenta la riflessione al posto dell’impulsività. Allorquando si giunge ad apprezzare i dialoghi si giunge ad apprezzare la relazione, ovvero l’apprendimento più complesso per ogni essere umano.

Ciò sembra possibile laddove si riesca a uscire da un eroico riduttivo centrato sulla forza fisica, ovvero da quell’idea di eroe forte che indusse molti a confondere un personaggio come Rambo (Rambo,Kotcheff 1982) con tutti quei processi identificativi banalizzantiche hanno portato molti a imitarne la mimica e l’abbigliamentoe a non voler vedere la sua sofferenza da reduce del Vietnam in favore di una lettura superficiale e troppo egocentrica. Non a caso Michael Herr. vero veterano del Vietnam e sceneggiatore per Apocalypse now di Coppola (Coppola 1979) e Full Metal Jacket di Kubrick (Kubrick 1987) si sentì profondamente offeso di fronte al personaggio di Stallone. Rimane comunque rilevante la necessità resistente e quasi regressiva di una certa idea di forza legata all’individuo e alla dimensione mitologica sicchè taluni rivedono con particolare insistenza Il Gladiatore (Scott 2000) con tutti i suoi rimandi all’ingiustizia, all’individualità e alle sfide del mondo.

Eppure a lungo nel primo cinema ha agito l’eroico di un eroe definibile debole e apparentemente perdente come il vagabondo di Charlie Chaplin che, solo apparentemente, sembra soccombere alla prepotenza degli altri e alla cattiveria del mondo.

In definitiva per lo spettatore maturo non rimane da sperare che l’esperienza filmica finisca per diventare esperienza eminentemente personale e intima e infine strumento esplorativo efficace per il proprio mondo emozionale.

 WILL HUNTING – Will Hunting Gus van Sant 1997

LA RICERCA ESISTENZIALE DEL GIORNO:

Descrivi tutti gli usi più personali e intimi che fai dei film!

 

 

Filmografia

 

Il Circo Charlie Chaplin 1928

Febbre da cavallo Steno 1976

Apocalypse NowFrancis Ford Coppola 1979

Rambo Ted Kotcheff 1982

Will Hunting Gus van Sant 1997

Full Metal Jacket Stanley Kubrick 1987

Il Gladiatore Ridley Scott 2000

ll favoloso mondo di Amelie Jean-PierreJeunet 2001

Mamma mia Phyllida Lloyd 2008